È appena uscito La casa degli anonimi, il tuo nuovo romanzo che rappresenta anche il terzo atto della serie dedicata alla ipotetica ‘fine di internet’. Il libro sarà presentato il 18 dicembre a Firenze. Qualche anticipazione?
Beh, cercherò di non dire troppo, per non correre il rischio di fare spoiler. Posso però anticipare che si tratta di un collage di vicende ambientate tra Firenze, New York e il Marocco, nell’arco di quattro giorni alla fine del marzo 2027. Sullo sfondo, uno scenario mondiale in cui internet, già venuto meno in Europa un anno e mezzo prima, è crollato anche nel Nord America e nel Nord Africa, per mano di un gruppo di sabotatori ribelli, gli Anonimi.
Nel testo affronti molti temi forti, come l’alterazione degli stati emotivi provocata dalla dipendenza dai social network, la manipolazione del pensiero attraverso la rete, i cambiamenti climatici e la scrittura del Cristo. Come sei riuscito a collegare e armonizzare argomenti apparentemente così distanti tra loro?
Esatto, il romanzo si gioca su questa interazione di livelli. Il pretesto narrativo, che non è affatto una ‘profezia’, ma un’ipotesi (“che cosa potrebbe succedere se internet finisse”), serve ad affrontare alcune tematiche che sentivo come urgenti – benché non preordinato a questo scopo. Su un piano strettamente sociologico, si tratta del tema dell’omologazione mentale indotta dai (pur utili, per tanti versi) social network, che a mio avviso stanno diventando un pericoloso fattore ‘lobotomizzante’ – almeno per tanti utenti –; poi c’è l’urgenza ecologica, col pianeta devastato da stravolgimenti climatici sempre più allarmanti; e infine – limitandoci alle tematiche evocate nella domanda – il passo del Vangelo di Giovanni in cui (caso unico nelle Scritture) Gesù scrive, non sappiamo che cosa, nonostante gli interpreti si siano prodigati in importanti sforzi interpretativi, come del resto fa anche uno dei miei personaggi.
Il collegamento e l’armonizzazione tra questi piani sono nati spontaneamente dalla storia, via via che mi si rivelava. Non faccio mai un piano generale della trama, ma mi lascio guidare in pari misura da suggestioni e concetti. Gradualmente, gli snodi e le soluzioni si manifestano quasi da soli, un po’ come quando in musica, progressivamente, si rivelano le armonie giuste.
Il tuo romanzo d’esordio, Sentieri di notte, racconta di un’Europa messa sotto scacco da una multinazionale informatica tedesca. Il cammino verso la salvezza da te indicato prevede l’attraversamento di una nube bianca e una ricerca interiore, spirituale e religiosa. Il testo è fantascientifico ma non tanto distante dalla realtà contemporanea. Come si rapportano secondo te presente e futuro?
Sentieri di notte ha rappresentato la mia prima incursione nei territori della narrativa ‘lunga’ (prima avevo pubblicato solo dei racconti brevi), ma anche nei territori del Profondo, in linea con alcuni tratti della poetica del movimento connettivista – di cui faccio parte e al quale ho dedicato La casa degli anonimi. Proprio il Connettivismo postula la comunicazione e l’interazione tra l’universo scientifico e quello umanistico. È in questa chiave che leggo il rapporto tra presente e futuro. Ormai l’evoluzione tecnologica è talmente veloce che è difficile poter parlare di fantascienza (intesa come narrativa di anticipazione), o comunque di fantastico, in contrapposizione al realismo. Nel contesto odierno, una visione fantascientifica può essere poco più che un’osservazione sul presente, perché il ‘domani lontano’ potrebbe in un batter d’occhio diventare l’oggi. E questo anche in un quadro distopico e regressivo come quello di un ‘mondo senza internet’ – una specie di ‘nuovo medioevo’. Il vero collante tra il passato, il presente e il futuro è la consapevolezza che l’uomo ha di sé; ed è qui che si radica il punto di connessione tra le valenze sociologiche, filosofiche, scientifiche e spirituali della mia trilogia.
Lo spin-off a Sentieri di notte è stato Partita di anime, secondo romanzo della saga che ha introdotto i temi affrontati nel terzo capitolo della serie, La casa degli anonimi. Cosa hanno imparato i protagonisti della vicenda che racconti? E quali insegnamenti potrebbero tornare utili nella realtà?
Colgo l’occasione di questa domanda per dire che La casa degli anonimi non è l’ultimo capitolo, ci sarà anche un altro romanzo, che la concluderà.
Partita di anime (che a stretto rigore un romanzo non era, ma la sommatoria di un racconto lungo e di uno breve) rappresentava un interludio, oltre che uno spin-off di Sentieri di notte. I suoi protagonisti che ritornano nella Casa, erano, effettivamente, gli autori fittizi dei due racconti che lo formavano: lo scrittore olandese Kasper Van der Maart e G.A. un fantomatico narratore fiorentino dalle iniziali curiosamente coincidenti con le mie. Per il resto, i personaggi di Partita di anime ‘ritornano’ solo come spunti di riflessione dialtri protagonisti della Casa. Il primo racconto di Partita di anime (intitolato così, appunto), fantasiosamente di Kasper Van der Maart, verteva sul tema della lacerazione dell’anima davanti alle scelte non veramente sentite (tema che, nella Casa, riemerge in relazione alla ‘lobotomizzazione’ indotta dall’abuso di social network). Il secondo, Il sepolcro del nuovo incontro, che ho immaginato scritto da G.A., era imperniato sul tema della solitudine e del superamento della perdita dell’amore. Il suo protagonista, Aurelio, anticipa un personaggio della Casa, che infatti si interrogherà sulla propria condizione di uomo solo e dal cuore riluttante ad aprirsi.
Quanto agli insegnamenti, se ce ne sono, sinceramente non li ho messi apposta, appunto perché, come dicevo, le storie si sono create ‘da sole’, e non per trasmettere un messaggio. Spero però che, dietro lo snodo dei vari filoni della trama, i temi toccati mettano i lettori in condizione di porsi delle domande e di trovare delle risposte. Le mie – rifacendomi a un celebre motto socratico e a un noto imperativo evangelico – sono Gnothi seautòn(Conosci te stesso) ed Effatà (Apriti).
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