Maurizio Ponticello, scrittore e giornalista, è co-autore con Agnese Palumbo de Il giro di Napoli in 501 luoghi. La città come non l’avete mai vista, edito daNewton Compton e in tutte le librerie dallo scorso novembre. Fa da overture al testo un passo di José Saramago: «Bisogna vedere quel che non si è visto, vedere di nuovo quel che si è già visto, vedere in primavera quel che si è visto in estate, vedere di giorno quel che si è visto di notte, con il sole dove la prima volta pioveva, vedere le messi verdi, il frutto maturo, la pietra che ha cambiato posto, l’ombra che non c’era. Bisogna ritornare sui passi già dati, per ripeterli, e per tracciarvi a fianco nuovi cammini», che rende perfettamente l’idea del senso della non-giuda stilata dagli autori. Un percorso simbolico e al contempo reale per imparare a conoscere la città attraverso 501 luoghi che non sono solo le classiche mete turistiche note ai più.
Il giro di Napoli in 501 luoghi,una guida anticonvenzionale per scoprire la città, inizia con la citazione di Curzio Malaparte: «Che cosa sperate di trovare a Londra, Parigi, Vienna? Vi troverete Napoli, è il destino dell’Europa quello di diventare Napoli».
Le va di spiegare il senso della citazione e della guida?
La citazione di Malaparte ci è sembrata perfetta come introduzione, in quanto dà proprio il senso di una città sconosciuta, quasi impossibile da conoscere perché si nasconde agli occhi dei napoletani stessi. Si nasconde nelle sue mille sfaccettature, nelle sue mille stratificazioni. È un po’ come dire al lettore, al turista o al napoletano – il libro in realtà nasce soprattutto per i napoletani che vogliono approfondire la conoscenza, i turisti in genere si accontentano di una comprensione superficiale – “guardate, per quanto ci proviate, alla fine comunque non la capirete”. Lo scopo del libro è quello di andare a riscoprire i luoghi più nascosti, e ce ne sono tanti… 501, ma in realtà sono molti di più. Andarli a riscoprire con un’interpretazione nuova o comunque differente rispetto a quella tradizionalmente conosciuta. Questo perché io e Agnese, per quanto possibile, siamo risaliti sempre alle fonti, rendendoci conto che spesso, molto spesso, delle cose sono state depennate, cancellate, alcune volte con volontarietà e questo ha cambiato la storia di palazzi, di strade, di vicoli, di situazioni. Quindi la città assume un aspetto straordinariamente diverso, sembra quasi una nuova realtà. Ce ne siamo resi conto anche dalle prime reazioni e segnalazioni di lettori i quali si sono dichiarati quasi imbarazzati nell’ammettere di vivere lungo strade e luoghi di cui non sapevano nulla.
In base a quale criterio sono stati scelti i luoghi raccontati nel libro?
Io e Agnese ci abbiamo lavorato molto. Non è stata una scaletta facile. Volevamo trattare Napoli a 360°: la città di sopra, quella di sotto, la città delle eccellenze, della gastronomia, la città dei culti antichi, delle tradizioni e del folclore, la città delle leggende e, perché no, anche la città della Letteratura. Tantissimi autori stranieri e italiani sono passati per Napoli, lasciando una traccia del loro passaggio, quindi abbiamo trovato intrigante ricostruire anche quell’aspetto meno noto. Così abbiamo definito i macro-capitoli, che sono anche degli interrogativi provocatori, delle domande le cui risposte si ritrovano poi all’interno dei capitoli successivi.
Malaparte afferma: «[…] è il destino dell’Europa quello di diventare Napoli». Secondo lei come si ricollega Napoli all’Europa e viceversa?
Io concordo con Malaparte quando sostiene che Napoli ha un’anima ancora intatta, un’anima pre-cristiana in cui tutte le stratificazioni, anche cattoliche, non sono riuscite a intaccare la purezza greco-romana della città. È incredibile a dirsi ma ancora oggi, per esempio, il culto delle anime purganti, delle capuzzelle, si continua a professare nonostante i divieti della Chiesa.Malaparte secondo me intendeva questo, ovvero che il destino dell’Europa è quello di tornare a essere pre-cristiana. Riconosceva nel Cristianesimo una sovrapposizione un po’ falsa rispetto alla natura della gente. Di questo anche io sono convinto. Il cattolicesimo sta via via digradando e tutto ciò che è retaggio finito un po’ senz’anima nel folclore o in tradizioni, leggende eccetera… pian piano sta riaffiorando. E rappresenta la vera natura della città, come anche dell’Europa. Dobbiamo tener presente anche che noi viviamo una condizione ancora più – come dire – “succube” della politica e dell’idea vaticana perché abbiamo il Vaticano in casa: le altre nazioni sono molto più libere.
Se dovesse descrivere la sua città a parole e non con i luoghi come lo farebbe?
Napoli è bi-caudale come una delle raffigurazioni della Sirena, ha due aspetti: quello solare e quello lunare. Non dimentichiamo che è bagnata dal mare, anzi da molti mari come cerchiamo di dimostrare nel libro. Mari con espressioni diverse. Ma è anche una città sotterranea, accompagnata dal fuoco del Vesuvio, il fuoco tellurico del vulcano e quindi i Campi Flegrei e via dicendo… Tutti questi elementi ne fanno, come dissero gli antichi, “il teatro degli dei”, il luogo prediletto delle divinità perché l’incontro dei vari elementi ne fa una città unica al mondo. Tutto ciò poi si riverbera nell’animo del napoletano. Tutto questo, tutte queste contraddizioni… tutto quello che succede a Napoli diventa un megafono, una cassa armonica che diffonde notizie bellissime come tremende. Il tutto è soltanto lo specchio macroscopico di una realtà italiana. Se a Napoli un ragazzo viene ucciso da un colpo d’arma da fuoco sparato dall’Arma, crea un’eco incredibile, se la stessa cosa succede a Udine o a Bolzano finisce sul quotidiano locale tutt’al più mezza giornata. Questo, comunque, è sintomo di una città vitale: non dimentichiamo che noi abbiamo una cassa armonica naturale che è il sottosuolo. Napoli è una vera e propria città speculare in cui Cielo e Inferi si toccano.
«Dovremmo osare dimenticare per ricordare. I cliché, il fango, l’immagine di una città piegata e avvolta su se stessa quasi a proteggere cumuli di spazzatura e gomorristi, il caos del traffico dissennato, la volgarità e i peones metropolitani, sfaticati ma attenti alle distrazioni altrui per rubare, prendere con uno scippo o, più semplicemente, con un inganno d’artista. Questi sono i luoghi comuni, ai quali vanno aggiunti il mandolino e la pizza […] Si dovrebbero mollare gli ormeggi dal porto sicuro, spiegare le vele e accantonare anche le menzogne e il rancore […] E arrivare nudi alla meta, nella città dell’anima che racconta all’anima delle persone senza pregiudizi».
Napoli con le sue mille sfaccettature, le mille contraddizioni e le innumerevoli meraviglie rappresenta, indiscutibilmente, la protagonista in cerca di riscatto del libro scritto a quattro mani da Maurizio Ponticello e Agnese Palumbo. Il giro di Napoli in 501 luoghi ha affascinato i lettori, non solo partenopei, considerate le numerose vendite in tutte le librerie italiane.
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