Denunciare la violenza sulle donne è possibile, è questo che ci racconta Najaa, nel rivivere la sua storia di violenza privata, raccontata in Ti amo anima mia. Una storia di violenza (Edizioni Psiconline, 2014). «Dall’incontro di Najaa conSajmir, che sembra essere l’uomo più importante della sua vita, all’innamoramento più assoluto, al matrimonio, alla quotidianità e ai successivi problemi di gelosie e convivenza».
Najaa e Sajmir, nomi inventati che celano la vera identità per rispettare la privacy ma anche per proteggere la protagonista di una vicenda, l’ennesima, di violenza consumatasi sotto l’egida di un “falso” amore. Nomi che potrebbero appartenere a chiunque perché la cronaca troppo spesso ci riporta fatti e immagini di tragedie consumatesi tra le mura domestiche, più di una volta annunciate e ignorate. Ma Najaa non si arrende e un giorno decide di dire basta alle violenze, alla gelosia morbosa e sceglie di riprendere in mano le redini della propria vita e, in seguito, per superare il trauma, il dolore e la sofferenza di mettere tutto per iscritto. Ne nasce un libro, Ti amo anima mia. Una storia di violenza, che aiuta chi lo legge a entrare piano ma con incisività nei processi mentali di chi è vittima ma anche di chi è carnefice. La quotidianità che si trasforma in incubo, l’amore che diventa sospetto, violenza, dolore e gli unici sentimenti che ancora albergano nelle menti sono la rabbia e la sofferenza.
Far diventare la sua storia di violenza privata un libro è stata una scelta oppure una necessità, nel senso che scrivere per raccontare è stato anche un modo per elaborare il dolore e la sofferenza?
Scrivere mi piace, più di parlare. È il mio modo di comunicare, di trasmettere agli altri quello che ho dentro. In questo caso, posso dire che la scelta è stata una necessità. Ho iniziato a scrivere la mia storia quando ancora ero confusa, depressa, arrabbiata, delusa… È stato il mio percorso di guarigione. Se si vuole cambiare il proprio stato d’animo, dopo aver subito un trauma e rialzarsi, bisogna partire assolutamente da se stessi, affrontando bisogni e paure. Scrivere, per me, è stato questo, guardarmi dentro, scavare in profondità e, allo stesso tempo, buttar fuori la sofferenza per vincere su di essa e devo dire che mi è stato davvero utile.
C’è la violenza fisica che è immediata, visibile e riconoscibile, ma prima ci sono tanti piccoli segnali che vanno dalla gelosia morbosa al sospetto immotivato, fino al desiderio più o meno esternato di possesso. Ricorda quando è stato il momento preciso in cui si è resa conto che la sua storia d’amore con Sajmir stava diventando pericolosa?
A oggi, non saprei definire un momento preciso. Ci sono stati tanti segnali: urla ingiustificate, pugni sulle porte, oggetti lanciati per aria, imposizioni, ossessioni… Ognuna di queste cose mi faceva pensare al pericolo, alla gabbia nella quale mi ero andata a chiudere, sposando l’uomo sbagliato. Quello che la stessa sera del matrimonio era andato altrove invece di stare con me. Poi c’è stato il primo schiaffo che non ho più dimenticato e che ha scritto una cosa ben precisa dentro alla mia testa: che la violenza stava passando a un altro livello, uno più alto e che non si sarebbe mai fermata, anzi sarebbe cresciuta (come infatti è stato) e che non avrei potuto far altro che staccarmi da quella persona, che amavo di certo più di me.
Nel libro parla del “bene”, degli inizi della vostra storia d’amore, dell’innamoramento, del corteggiamento, della conoscenza e poi del “male”, del cambiamento lento e inesorabile. Quando si guarda indietro pensa mai di aver sbagliato in qualche modo, di aver commesso degli errori e che magari avrebbe dovuto troncare prima il suo rapporto con quest’uomo?
In situazioni come la mia è un classico darsi delle colpe, e sicuramente alcune ne ho. Ma penso che ogni cosa, anche la peggiore, serva per darci modo di diventare persone migliori ed è così che mi sento adesso, una donna che si piace di più. Forse avrei potuto troncare prima, certo, ma non è semplice quando si provano dei sentimenti forti che alterano la realtà e ancor meno se si ha a che fare con un bravo, seducente manipolatore.
Una violenza, un’aggressione, anche una rapina difficilmente si riescono a cancellare, a dimenticare e ogni giorno che passa bisogna fare i conti con la paura, il tormento. In caso di violenze consumate tra le mura domestiche tutto ciò ha origine già in precedenza, quando si è sottoposti a un vero e proprio lavaggio del cervello. Cosa ricorda di quei giorni?
Ricordo molto di quei giorni, credo troppo, al punto tale di aver dimenticato molto altro della mia vita. La mente spesso sceglie da sola cosa trattenere e cosa no. La violenza non si dimentica. Si insinua dentro agli spazi più piccoli di noi e contamina tutto per sempre, questo scrivo nel mio libro ed è davvero così. La violenza resta lì dove è stata portata e la ritrovo in queste mura domestiche dove ancora vivo, negli oggetti che sembrano avere anche loro una memoria.
Che sensazioni ha provato il giorno in cui ha deciso di dire “basta”?
Quando si decide di dire “basta” si ha molta paura. Paura di non farcela, di rischiare troppo, di subire un male ancora più grosso, di venire addirittura uccise. E i rischi li ho sentiti tutti, quando sono stata picchiata e minacciata di morte, chiusa nella mia camera, proprio per quella mia decisione di ribellarmi, dalla quale non sarei mai tornata indietro. Le sensazioni più belle arrivano dopo. Quando il “basta” ti porta a riprenderti davvero la vita. Quando ricominci ad assaporare la libertà e a ricordarti di quanto sia importante per vivere. Questo l’ho provato in seguito ma è stata sicuramente una grande conquista.
La sua storia d’amore non può certo esser definita, come succede nelle fiabe, “a lieto fine”, eppure la cronaca quasi quotidianamente rimanda a notizie e immagini di donne a cui è stata tolta la vita in nome di quel possesso e di quella gelosia che poi nella gran parte dei casi altro non sono che lo sfogo di repressioni e malcontenti che nulla hanno a che vedere con l’amore e con i sentimenti. Cosa prova quando pensa a queste donne?
Impotenza, sicuramente. E rabbia per tutto ciò che non funziona e che magari si potrebbe invece salvare.
Cosa rappresenta per lei la scrittura e cosa ha rappresentato in questo particolare periodo della sua vita?
La scrittura è una delle cose più importanti della mia vita, una di quelle che mi era stata strappata via insieme a tutto il resto e una delle prime che ho voluto riprendermi. In questo momento significa davvero molto per me.
Se la sentirebbe di consigliarla come “terapia” ad altre persone che hanno subito violenza? Magari scrivere un diario dove appuntare giorno dopo giorno sentimenti, emozioni, riflessioni, paure…
Molte persone, che sono in terapia, mi dicono che spesso viene consigliato loro di scrivere perché terapeutico. Quello che mi sento di consigliare io è di trovare il proprio benessere personale. Ognuno dovrebbe andare alla ricerca di una cosa buona per se stesso ed aggrapparcisi se serve, perché è un buon modo per risalire dal pozzo del malessere.
Oggi si sente una persona diversa?
Mi sento sicuramente una persona diversa, come ho detto prima, migliore. Mi sento più forte, più consapevole, più viva, un po’ meno sognatrice, forse, ma con una gran voglia di amarmi.
Immagini che davanti a lei ci sia una donna che vive una relazione sentimentale della quale è vittima ancor prima di esserlo del suo partner. Una donna che non riesce a trovare la forza e il coraggio per troncare i fili che continuano a tenerla legata a un rapporto che rischia di degenerare da un momento all’altro. Quale consiglio si sentirebbe di darle?
Ognuno ha la sua storia e i propri sentimenti e, per questo, dare consigli non è semplice, soprattutto perché parlando con molte persone mi rendo sempre più conto che non si possa davvero aiutare chi non vuole essere aiutato. Ognuno dovrebbe trovare una via per uscire da un rapporto negativo. Potrei dire di non temere la solitudine, perché ritengo che si possa essere molto più soli in due, quando si è maltrattati, offesi, sminuiti che non con la propria, autentica e appagante individualità, questo sì.
Sul Romanzo le augura il meglio che può desiderare per se stessa e per il suo futuro e la ringrazia, Najaa, per averci raccontato la sua storia privata, che però può donare forza e speranza a chi intende denunciare la violenza sulle donne.
http://www.sulromanzo.it/blog/denunciare-la-violenza-sulle-donne-la-storia-di-najaa
© 2015, Irma Loredana Galgano. Ai sensi della legge 633/41 è vietata la riproduzione totale e/o parziale dei testi contenuti in questo sito salvo ne vengano espressamente indicate la fonte irmaloredanagalgano.it) e l’autrice (Irma Loredana Galgano).