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Criteri di classificazione degli scrittori più bravi o più venduti. I classici e la Letteratura di genere. I gusti del grande pubblico e i consigli di scrittura degli autori celebri. Riflessioni sul Premio Nobel per la Letteratura e la ‘direzione ideale’ degli scrittori premiati.
Lo scrittore più bravo al mondo, la qualità della scrittura e quella del narrato.

Chi è lo scrittore più bravo al mondo?Spesso il concetto di più bravo viene associato a quello di più noto o peggio di più ricco.

Sono tante le classifiche che si trovano anche in rete e che stilano la lista degli scrittori più venduti al mondo.

Stando agli annuali elenchi della rivista «Forbes» a farla da padrone è l’americano James Patterson che finisce nella top ten degli artisti più ricchi al mondo. Patterson ha venduto oltre 300 milioni di copie. Perché?

I libri oggi sono commercializzati al pari di una qualsiasi altra merce e come tali per rendere devono essere inseriti nel sistema mediatico della promozione. Gli americani, il popolo che ha inventato la cosiddetta ‘fabbrica dei sogni‘, in questo sono dei veri maestri.

Numerose opere di Patterson sono state trasposte cinematograficamente, ma non tutti i libri che diventano film vendono milioni di copie. Quindi dev’esserci dell’altro.

Patterson viene «considerato uno dei più importanti autori di thriller del nostro tempo». Al ‘nostro tempo’ infatti il thriller, come il giallo, il poliziesco e il noir acquistano sempre maggiore consenso e diffusione.

Generi letterari nati nell’accezione negativa di produzioni ‘commerciali’ o ‘di massa’ hanno faticato non poco per trovare una congrua collocazione nel panorama letterario. Ancora non troppo ben visti dai cultori della Letteratura vengono sempre più considerati come scritti che non si limitano a raccontare un crimine e relative indagini ma opere di narrativa che denunciano i mali sociali e la violenza, o quantomeno ne parlano.

Ma perché il pubblico è sempre più attratto da un qualcosa da cui nella vita reale si cerca di fuggire?

Stephen King è un altro scrittore e sceneggiatore statunitense che ha all’attivo una prolifica e fortunata carriera, con libri entrati regolarmente nelle classifiche dei più venduti e una vendita complessiva di oltre 500 milioni di copie. King entrò a far parte della giuria composta da 125 scrittori celebri che nel 2013 stilò l’elenco dei 10 libri più belli di tutti i tempi. Non è presente in esso nessuno dei libri e quindi degli autori attualmente ‘produttivi’, neanche Patterson o lo stesso King, mentre figurano nomi del calibro di Tolstoj, Flaubert, Twain, Cechov, Eliot… autori che non hanno cercato o studiato il modo di scrivere un libro che piaccia al pubblico, che venda milioni di copie e che sia rappresentato cinematograficamente o meglio, visto il periodo, nei teatri.

Leggendo Tolstoj, Flaubert, Twain, Cechov, Eliot non ti chiedi com’è o come sarebbe il film, non ripercorri mentalmente le scene qualora ne avessi già visto la trasposizione in video, bensì ti figuri il mondo nel quale affrontano la vita i personaggi, protagonisti di storie intense, uniche, straordinarie come solo la vita vera può esserlo. Impari, senza neanche rendertene conto, tutto sulla società, sui luoghi che ospitano le vicende con, spesso, riferimenti e collegamenti ai grandi eventi che hanno caratterizzato il corso della Storia.

Quindi mentre il grande pubblico sembra apprezzare sempre più libri che rispondano alle sue precise richieste, opere di narrativa studiate a tavolino e lanciate nel mercato con vere operazioni di marketing, gli scrittori più famosi, tra i quali figurano gli autori dei libri sopra descritti, preferiscono i classici.

Ma cosa cerca il grande pubblico in un libro?

Stando alla classifica stilata lo scorso anno da «MetalliRari» tra i 10 scrittori più ricchi al mondo troviamo 5 autori di thriller e noir, 3 autori di romanzi rosa e 2 autori di fantasy. Si può dedurre che la prima cosa che i lettori cercano in un libro sia l’evasione, al pari del grande pubblico televisivo e cinematografico.

Studi psicologici ipotizzano l’ambivalente piacere che ci procura la sofferenza altrui, che diviene in parte compensatorio della nostra aggressività repressa. Quindi il costante aumento di consenso ottenuto dai libri gialli, thriller, polizieschi, noir e horror potrebbe in qualche misura essere dovuto anche a questo ‘ambivalente piacere‘.

Raggiunta a un convegno sul tema delle “grandi storie romantiche” Lidia Ravera affermò: «Sì, però le lettrici non sono ingenue, sanno bene che il principe azzurro non esiste». Lo sanno quindi che nella vita reale non ha senso attendere l’arrivo di una carrozza e che il ‘vivere per sempre felici e contenti’ ha un significato differente ma leggono comunque con passione e costanza i romanzi rosa che ruotano intorno alla figura del grande amore da sogno.

Per quanto concerne il fantasy poi alcuni sostengono di leggerlo «perché non è soltanto evasione», ma anche avventura, thriller, horror… il tutto condito da una buona dose di Storia, più o meno fantasiosa.

Ma il bravo scrittore è colui che sa adattarsi alle richieste dei lettori o colui che sa meglio trasmettere il proprio messaggio, la propria eredità letteraria?

«Se lo fai solo per soldi o per fama, non farlo. Se lo fai perché vuoi delle donne nel letto, non farlo. Se devi startene lì a scrivere e riscrivere, non farlo. Se è già una fatica il solo pensiero di farlo, non farlo. Se stai cercando di scrivere come qualcun altro, lascia perdere.» Scriveva Charles Bukowski, lo scrittore che per molti “derise l’umanità”, lui che in fondo ha solo cercato di descriverla questa umanità, senza filtri né belle parole.

Nel suo libro On Writing, uscito in Italia nel 2010 per la Sperling&Kupfer con il sottotitolo Autobiografia di un mestiere, Stephen King elenca oltre venti consigli diretti agli aspiranti scrittori utili per diventare delle ‘buone penne’.

I suoi in realtà sono più consigli da manuale che segreti del mestiere. Suggerisce di essere costanti, chiari nella scrittura, di leggere molto, di limitare l’uso degli avverbi, di fare attenzione a dialoghi e personaggi e poi ritorna anche lui sulla questione economica: «Non scrivere per denaro, ma per il piacere di farlo, perché se puoi farlo per piacere, puoi farlo per sempre».

Il nostrano Umberto Eco invece in La bustina di Minerva, edito da Bompiani nel 2000, elenca ben 40 regole da seguire per scrivere bene. Anche in questo caso ci troviamo di fronte a suggerimenti sulla tecnica di scrittura che Eco ha ammesso di aver ‘ricopiato’ dalla rete.

«Ho trovato in internet una serie di istruzioni su come scrivere bene. Le faccio mie, con qualche variazione, perché penso che possano essere utili a molti, specie a coloro che frequentano le scuole di scrittura.»

Eco suggerisce, tra l’altro, di scrivere in maniera semplice e poco ridondante, di usare con parsimonia le figure retoriche e le citazioni, di fare attenzione alla punteggiatura e ai congiuntivi. Ma i suoi consigli, dispensati tra il serio e il faceto, si fermano all’aspetto manuale della scrittura lasciando intendere che ‘il mestiere di scrivere’ è, al pari di qualsiasi altro lavoro, basato soprattutto su tecnica ed esperienza.

Opinione simile ha espresso il regista e scrittore italiano Biagio Proietti, il quale in un’intervista ha definito l’attività di un buon scrittore come un «oneroso lavoro da bravo artigiano».

In maniera sempre più ricorrente nell’immaginario collettivo lo scrittore più bravo al mondo viene identificato con il ricevente il Premio Nobel per la Letteratura.

Secondo le disposizioni testamentarie di Alfred Nobel il Premio è assegnato all’autore «nel campo della letteratura mondiale che si sia maggiormente distinto per le sue opere in direzione ideale».

La gran parte degli autori a cui è stato assegnato il Nobel per la Letteratura erano sconosciuti al grande pubblico e tali sono rimasti anche dopo, fatta eccezione per il fatto di saperli individuare come vincitori del prestigioso premio. In rarissimi casi i premi Nobel sono letti dal grande pubblico e leggendo le motivazioni per cui sono stati candidati o hanno vinto il premio se ne comprende anche la ragione.

Perché nelle sue commedie [egli] scopre il baratro che sta sotto le chiacchiere di tutti i giorni e spinge ad entrare nelle stanze chiuse dell’oppressione”; “Perché nel ricercare l’anima malinconica della sua città natale, ha scoperto nuovi simboli per rappresentare scontri e legami fra diverse culture”; “Cantrice dell’esperienza femminile, che con scetticismo, fuoco e potere visionario ha messo sotto esame una civiltà divisa”; “Autore di nuove partenze, avventura poetica ed estasi sensuale, esploratore di un’umanità al di là e al di sotto della civiltà regnante”; “Con la concentrazione della poesia e la franchezza della prosa ha rappresentato il mondo dei diseredati”; “Per la sua cartografia delle strutture del potere e per la sua immagine della resistenza, della rivolta e della sconfitta dell’individuo”; “Attraverso le sue immagini dense e nitide, ha dato nuovo accesso alla realtà”; “Che con un realismo allucinatorio fonde racconti popolari, storia e contemporaneità”; “Per l’arte della memoria con la quale ha evocato i destini umani più inafferrabili e scoperto il mondo della vita dell’occupazione”.

Quelle appena elencate sono alcune delle motivazioni per cui sono stati scelti e premiati i più recenti nobel per la Letteratura, espressioni che racchiudono la direzione ideale delle opere scritte da questi autori che poco o nulla hanno in comune con gli scrittori più venduti o più ricchi al mondo mentre tanto sembrano averne con i grandi classici, autori dei libri selezionati dai 125 scrittori celebri.

Non è cosa facile stabilire chi sia lo scrittore più bravo al mondo, forse addirittura impossibile ma la via indicata da Alfred Nobel anche se opinabile e imperfetta è sicuramente indicativa di una particolare tipologia di autori che si vuol premiare per il loro ‘ideale’, ovvero per l’impegno con cui hanno raccontato i mali sociali, i soprusi, hanno narrato degli oppressi, denunciando a volte situazioni di estremo disagio. È innegabile che questo tipo di opere letterarie abbia una immensa eredità che trasmette al lettore, svolgendo al contempo l’impagabile funzione di informare, educare e fungere da monito.

Oscar Wilde diceva che «non esistono libri buoni o libri cattivi, esistono solo libri scritti bene o scritti male» e questo potrebbe anche essere vero ma la differenza non è solo la qualità della scrittura a farla, è il narrato che può anche arrivare a diventare un esempio al pari dei grandi personaggi.

Pensiamo alla forza e alla determinazione che contengono i testi del premio nobel 1997 Dario Fo. In ogni sua opera la sopraffazione dei poveri, degli analfabeti, dei deboli è il tema fondamentale e l’occasione da cui partono le critiche, ora satiriche ora rabbiose, a chi di queste sopraffazioni è responsabile. Ce n’è per tutti, perfino per il concetto stesso di democrazia, ritenuto la maschera sorridente di una élite finanziario-capitalista aggressiva e cinica.

Scritti che rispecchiano le azioni di denuncia dei grandi uomini che hanno lottato, pagando con la propria vita, contro i soprusi e le ingiustizie: Malcon X, Martin Luther King, Mahatma Gandhi, per citarne alcuni.

Forse non si riuscirà mai a stabilire con certezza assoluta chi è il più grande scrittore al mondo e forse non si riuscirà neanche a stabilire quale sia il libro migliore ma di sicuro esistono, e si spera ce ne saranno tanti altri ancora, testi e autori straordinari per il loro operato e i loro scritti… in poche parole per la loro eredità letteraria.

Articolo pubblicato sul numero 44 della rivista WritersMagazine Italia diretta da Franco Forte.

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