Se lo chiedono gli stessi autori, Nicola Gratteri e Antonio Nicaso, de L’inganno della mafia. Quando i criminali diventano eroi, edito da RaiEri, «che cosa deve succedere che non sia già successo per voltare pagina e combattere seriamente un’organizzazione criminale che condiziona la crescita e lo sviluppo del nostro Paese». Un’organizzazione criminale la cui storia, fondata su miti e personaggi leggendari, in realtà «è fatta di continue trattative con lo Stato». Quello Stato di cui siamo tutti parte che «quando poteva sferrare il colpo decisivo, si è sempre tirato indietro». Ed è da questo che bisogna partire per creare una coscienza e una cultura che sia veramente in grado di ostacolare e magari anche sconfiggere questa rete criminale fatta di mafiosi certo ma anche di politici corrotti e collusi, di amministratori accondiscendenti, di professionisti che prestano nome e quant’altro possa servire a riempire tasche e portafoglio perché, ed è inutile negarlo, «senza il rapporto con la politica, le lobby di potere, le logge più o meno deviate della massoneria, il sostegno di professionisti senza scrupoli, le mafie sarebbero già state sconfitte da tempo».
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Perché è l’idea di un Paese e di un popolo veramente libero dalle catene di corruzione e concussione che non deve mai essere abbandonata, anche ora che più di ogni altro periodo si vuole continuare a far passare l’idea che la mafia sia una rete inestricabile, una piovra inestirpabile, che gli impavidi cavalieri solitari votati a combatterla sono destinati a soccombere… Visioni stereotipate e contraffatte la cui diffusione sui network e sui media nazionali crea più danni che benefici. Libri e produzioni televisive che finiscono col rappresentare i mafiosi come degli eroi, protagonisti di vicende nelle quali sono non solo i protagonisti ma i vincitori finendo col diventare gli idoli dei ragazzi delle periferie come dei figli della nuova borghesia. Insistono molto su questo aspetto, pericolosamente sottovalutato o volutamente diffuso, Gratteri e Nicaso, sottolineando l’importanza culturale delle famiglie, dello Stato e delle scuole per evitare che tanti giovani italiani diventino emuli di Genny Savastano (personaggio della serie televisiva Gomorra) o altri, incapaci fino in fondo di distinguere tra il bene e il male, tra realtà e finzione.
Uno dei videogiochi più diffusi si chiama Mafia III e vince chi riesce, con ogni mezzo e senza scrupoli, la scalata nella “famiglia” mafiosa. Libertà di stampa, libertà d’espressione, libertà di opinione… ci sta tutto ma non si riesce proprio a fare a meno di chiedersi perché sia stata autorizzata la vendita di questa tipologia di prodotto, destinata anche ai minori, in un Paese che in teoria ha, o dovrebbe avere, tra i primi punti in Agenda la lotta alle mafie. La lotta non la scalata.
«Solo la cultura, le competenze, oltre alla famiglia, possono dare ai giovani la possibilità di non cadere nelle “tentazioni” del malaffare», la capacità di comprendere che «le “scorciatoie”, siano esse economiche o professionali, hanno sempre “un padrone” che prima o poi chiede il conto». Far capire ai giovani, ma anche a tutti gli altri cittadini e cittadine, che «passerelle, eventi spot e manifestazioni ludiche servono solo a far perdere agli studenti un giorno di scuola». Che è doveroso ricordare le vittime ma con azioni diverse non con retorica e luoghi comuni, parole dette su un palco dell’ennesima cerimonia a cui sono invitati a partecipare tutti, anche coloro che si dovrebbero combattere.
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Stato, politici, amministratori, Scuola, dirigenti, docenti, famiglie… tutti sono tenuti a dare il buon esempio perché «i mafiosi hanno più paura dei maestri elementari che delle manette». Partendo dal sistema scolastico, gli autori suggeriscono misure concrete da porre in essere affinché vero cambiamento sia:
- Reale meritocrazia.
- Eliminazione dei baronati universitari.
- Reale sostegno alla ricerca.
- Bonifica dell’ambiente accademico e scolastico dalle clientele.
Perché «la conoscenza aiuta a fare scelte consapevoli», a decidere da che parte stare. E la gente consapevole «sa come esercitare il diritto-dovere del voto, sa distinguere chi progetta politiche di cambiamento e chi millanta promesse». Perché è necessario formare dei cittadini in grado di discernere informazione e disinformazione, con una cultura che dia loro la capacità di compiere scelte libere, indipendenti, coraggiose.
Alcuni sostengono che «l’arte e la fiction non debbano avere un ruolo pedagogico». E sia ma non si può certo ignorare il fatto che «la spettacolarizzazione del mondo criminale» in atto rischia di essere davvero molto pericolosa. Principalmente se si considera che le mafie «sono state protette e utilizzate dal potere politico ed economico» e maggiormente fino a quando la politica non deciderà di «affrontare la mafia. Soprattutto al suo interno».
Un libro interessante, L’inganno della mafia di Nicola Gratteri e Antonio Nicaso, ben strutturato e che senza tanti giri di parole mette nero su bianco tanti aspetti volutamente e indebitamente ignorati dalla politica e dai media. Un libro che è l’esempio tangibile dei suggerimenti dati. «Le mafie sono fenomeni complessi e per comprenderli non bisogna limitarsi a guardare qualche film. Nelle scuole bisognerebbe promuovere sistematicamente la lettura critica dei media e non solo in occasione di progetti estemporanei». Perché lo scopo della scuola oggi non può ridursi al mero indottrinamento, deve essere e diventare il luogo in cui si formano i nuovi cittadini, ai quali sono stati forniti tutti gli strumenti necessari allo sviluppo di un indispensabile spirito critico che consenta e garantisca loro la possibilità e la volontà di compiere scelte in piena autonomia, una vasta cultura tale da renderli in grado di comprendere, selezionare e valutare le informazioni e tutti gli input esterni ricevuti, la capacità di discernere le notizie vere dalle false, l’informazione corretta dalla disinformazione strumentale.
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© 2017, Irma Loredana Galgano. Ai sensi della legge 633/41 è vietata la riproduzione totale e/o parziale dei testi contenuti in questo sito salvo ne vengano espressamente indicate la fonte irmaloredanagalgano.it) e l’autrice (Irma Loredana Galgano).