L’Associazione antimafia Libera e l’Autorità nazionale anticorruzione presieduta da Raffaele Cantone condurranno insieme la battaglia contro nepotismo, baronati, concorsi truccati e clientelismo nel mondo accademico nostrano.
Lo strumento scelto è il whistleblowing, già impiegato da anni nei paesi anglosassoni, che consente a tutti i cittadini di segnalare illeciti e abusi in completo anonimato, senza il rischio quindi di esporsi a ritorsioni.
Il 22 Ottobre è stato inaugurato l’indirizzo di posta elettronica ‘protetto’ whistleblowing@anticorruzione.it che potrà essere utilizzato da tutti i pubblici dipendenti per segnalare illeciti all’interno delle Pubbliche amministrazioni.
Libera e ANA hanno lanciato un appello ai rettori delle Università affinché quanto prima possano convergere verso detto indirizzo riservato anche le segnalazioni provenienti dai diversi Atenei.
Nell’ultimo rapporto di Transparency International sull’educazione scolastica il ‘Metodo Italia’ viene citato come esempio «di radicato familismo all’interno degli atenei» e non è certo una cosa di cui andare fieri. Stando ai dati di una ricerca tutta italiana su 57 Università monitorate sono stati riscontrati 18 casi di assunzione o avanzamento di carriera di parenti del Rettore o di un Preside di Facoltà. Molto scalpore ha destato anche l’inchiesta di «Repubblica» dell’Ottobre 2008 che ha svelato la presenza di almeno un parente assunto nella Facoltà di Medicina dell’Università di Palermo per ben 58 professori. 21 per la Facoltà di Giurisprudenza. 23 in quella di Agraria e 18 a Ingegneria. Dati che si riferiscono sempre al medesimo Ateneo.
È vero che non può essere una colpa ‘a prescindere’ l’essere un ‘figlio di’ e che non è detto che si vada avanti solo per merito della ‘raccomandazione’ però è pur vero che se costoro sono tanto meritevoli per conoscenze e attitudini possono anche far valere il proprio essere professionale altrove, evitando così di finire nel mirino delle critiche, da parte loro immotivate.
Il whistleblowing può essere utile per informare tempestivamente le autorità su diverse tipologie di rischio: pericoli sul luogo di lavoro, frodi, danni ambientali, negligenze mediche, illeciti finanziari, minacce, casi di corruzione o concussione e via discorrendo. È del 2008 il primo studio dell’Alto Commissario sui whistleblowers incentrato prevalentemente sull’analisi e descrizione degli aspetti relativi alla protezione dei ‘collaboratori civici’ o ‘pentiti’.
L’articolo 9 della Convenzione civile sulla corruzione firmata a Strasburgo il 4 Novembre 1999 impone «l’introduzione da parte di ciascuno Stato nel proprio diritto interno di un’adeguata tutela in favore dei dipendenti che denuncino in buona fede alle autorità competenti fatti di corruzione di cui abbiano giusti motivo di sospetto». Mentre nell’articolo 33 della Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione, adottata dall’Assemblea Generale nel Dicembre 2003 si legge: «Ogni Stato dovrà prevedere all’interno del proprio sistema giuridico nazionale misure appropriate finalizzate alla protezione degli informatori. Misure contro ogni trattamento ingiustificato per chiunque riporti in buona fede e su basi ragionevoli alle competenti autorità qualunque fatto riguardante violazioni».
Il fatto che ancora nel 2014 delle libere Associazioni debbano essere costrette a elemosinare pubblicamente il consenso dei ‘magnifici rettori’ delle Università e lanciare una Petizione per sensibilizzare l’opinione pubblica la dice lunga su quanto ancora ci sia da lavorare e da cambiare per raggiungere un sistema e un’organizzazione civile e trasparente nel nostro Paese.
L’iniziativa di Libera, Gruppo Abele e ANA a favore del whistleblowing nei 66 Atenei pubblici italiani è sostenuta anche da Cgil, Cittadinanzattiva, LINK Coordinamento universitario, Movimento Studenti di Azione Cattolica e Federazione Universitaria Cattolica Italiana, Centro Iniziativa Democratica Insegnanti, Forum Nazionale Giovani, Unione degli Studenti, Rete della Conoscenza.
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