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Di Hugh Howey, con Dust, uscito lo scorso maggio in Italia nella traduzione di G. Lupieri, la casa editrice Fabbri ha pubblicato l’intera trilogia dedicata ai superstiti della Terra, abitanti dei 50 silo interrati a raggiera in un terreno della contea di Fulton, in Georgia.

Il tutto ha avuto inizio con l’uscita, in self-publishing, dei primi capitoli diWool che hanno da subito attirato l’attenzione del pubblico americano. A grande richiesta ne sono seguiti altri, diventati un libro venduto in diversi Paesi del mondo. Meritatamente. Wool costituisce senza dubbio il pilastro dell’intera trilogia, è il testo con cui il lettore entra nelle vite di Holston, Marnes, Jahns, di Juliette, Lukas e Peter, di Solo e dei bambini. Leggendolo si resta affascinati dalla prosa dell’autore, semplice eppure incisiva, dalla sua grande capacità descrittiva che aiuta il lettore a visualizzare luoghi, oggetti, persone. Numerose sono le considerazioni di rilievo che fungono da spunto ad altrettante riflessioni da parte di chi legge e si ritrova a macinare, una dopo l’altra, le tante pagine del libro per ritrovarsi quasi un po’ deluso quando giunge alla 558a e non vede l’ora di scoprire il seguito della vicenda.

Shift parte da un punto spazio-temporale completamente diverso e racconta dell’origine, del come,del quando e del perché sono stati costruiti i silo sotterranei; conduce il lettore a un periodo molto più vicino a quello attuale, parlando di terrorismo, di strategie politiche, di salvezza dell’umanità e di soluzioni imprescindibili. Rintanare centinaia di persone ignare, drogarle per evitare la ribellione, decidere in maniera arbitraria della loro vita e del loro futuro sarebbe stato, a detta degli artefici, necessario per preservare dall’estinzione la razza umana. Naturalmente nella massa, come accade anche nella realtà dei movimenti sociali, c’è chi non ci sta proprio a soccombere senza lottare, senza capire, e inizia a indagare trovando verità nascoste e compagni di avventura.

«Dovrebbero soltanto lasciarci vivere come vogliamo. […] Non si può ostacolare il corso della natura». Dust conclude la trilogia, e porta i protagonisti a compiere il grande passo in nome di quello stesso ideale che ha mosso migliaia di ribelli in tutto il mondo e in tutte le epoche: la libertà. «Avevano a disposizione tempo e risorse, l’unica regola sarebbe stata il bene comune e nessuno avrebbe ostacolato i sogni degli altri. “Penso che ce la faremo”, disse infine. “Penso che possiamo fare tutto quello che vogliamo”».

Credevano di aver pensato a tutto gli ideatori dei silo. Credevano che l’aver studiato a tavolino tutte le possibili variabili li tutelasse dalle emergenze, dalle discrepanze… non avevano fatto i conti con la realtà, con il fatto che nessuna macchina è perfetta, nessun piano infallibile, nessuna bugia credibile a lungo termine. E così Juliette, Lukas, Peter, Jimmy, Elise, Charlotte, Donald unendosi e scontrandosi al contempo, raggruppando forza e idee arrivano a scoprire la verità e vanno avanti, non si fermano fino a quando non trovano una soluzione, fino a quando non ritrovano la vita.

WoolShift e Dust vengono etichettati come appartenenti al genere distopico, sono indicati come dei libri di fantasy che narrano una vicenda ambientata in un luogo post-apocalittico, quando in realtà le similitudini con il mondo in cui viviamo oggi sono innumerevoli. «Donald annuì e bevve un sorso dalla propria bottiglia. Non capiva bene cosa stesse succedendo, ma era già a disagio. Aveva l’impressione di partecipare a uno di quei patti illeciti che aveva promesso agli elettori di eliminare se l’avessero votato». Sono davvero suggestivi i passaggi nei quali Howey cerca di focalizzare l’attenzione del lettore sulle contraddizioni e sulle ipocrisie della cultura dominante, in particolare sul fatto che la massa sia indottrinata a credere e a dare per vera e scontata qualsiasi cosa, anche la meno verificabile, come la religione; e al contempo di dubitare istintivamente di chiunque professi un credo che si discosta dalla versione ufficiale e universalmente riconosciuta.

«Un tempo credeva che il compito di quegli strizzacervelli fosse di preservare la sanità mentale degli abitanti del silo, ma adesso sapeva che erano loro a orchestrare la follia. […] In ogni silo c’era un sindaco che stringeva mani e salvava le apparenze, proprio come nel mondo di prima, dove i presidenti andavano e venivano. Ma erano gli uomini nell’ombra a gestire il vero potere, quelli il cui mandato non aveva termine».

Ci si deve senz’altro augurare che Hugh Howey continui il suo percorso di scrittura e dia vita a nuove avvincenti storie che delizino il lettore e allo stesso tempo lo illuminino sui tanti mali della nostra società. La speranza è quella comunque che non si lasci troppo tentare e distrarre dalle regole ferree del mercato editoriale e che si prenda tutto il tempo utile per scriverle. Si nota chiaramente la pressione esercitata dalla premura di ultimare il lavoro negli ultimi due libri della trilogia che hanno perso qualcosa rispetto a Wool in termini di scrittura. Il lettore, dal canto suo, non si lasci intimidire dalle 1550 e oltre pagine che compongono la serie. Sarà sicuramente tempo speso bene quello trascorso a leggere WoolShift e Dust del giovane e promettente scrittore americano Hugh Howey.

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