L’ISTAT ha reso noti i risultati dell’indagine compiuta nella scuola italiana per valutare l’integrazione degli alunni con disabilità. Il quadro che emerge è quello di un notevole ritardo nell’inclusione a pieno regime degli studenti con abilità diverse nelle scuole primarie e secondarie di primo grado, statali e non. Stiamo parlando quindi dei primi cicli di istruzione, quelli obbligatori e formativi ai primi livelli. I diversamente abili sono in aumento, spesso cambiano insegnante di sostegno durante l’anno, quasi la metà non ha lo stesso insegnante di sostegno dell’anno precedente, non hanno spazi e attrezzature adeguate, tantissime famiglie sono costrette a fare ricorso al TAR per ottenere l’aumento delle ore di sostegno.
Il nostro Paese, che vanta la promulgazione di una delle primissime Leggi in Europa, la 104/92, sui diritti dei diversamente abili deve fare i conti con una assenza o superficialità nella concretizzazione delle ‘buone intenzioni’ che in questo caso si protrae da quasi un quarto di secolo.
L’Anief-Confedir ha lanciato l’allarme già da tempo sulla carenza degli insegnanti di sostegno e ha insistito affinché venisse presentato un emendamento alla Legge di Stabilità 2014. «Nel 2016 gli alunni con handicap iscritti alla scuola pubblica diventeranno 260 mila, se si vuole rispettare il rapporto uno a due tra docenti e iscritti disabili non c’è altra scelta che innalzare il numero di insegnanti che svolgono didattica speciale. I 90 mila che si raggiungeranno il prossimo anno sono già ampiamente superati». E Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir, incalza: «negare questo incremento significa incrementare la percentuale di docenti specializzati precari, che continueranno a cambiare quasi sempre scuola ogni anno con inevitabile danno agli alunni con handicap. […] Approvare tale emendamento significherebbe finalmente riuscire a rispettare il rapporto uno a due tra docenti e studenti disabili, come ribadito anche dalla sentenza n. 80/2010 della Corte Costituzionale, sino a oggi preso in considerazione solo nei tavoli degli accordi ma mai in fase di adeguamento reale del numero di posti insegnanti da assegnare per supportare gli alunni con problemi di apprendimento».
Anief-Confedir ricorda inoltre che «gli incrementi di posti in organico di diritto, pari a 26.684 unità da spalmare in un triennio, varati tramite il Decreto Scuola n. 104/2013, si stanno però rivelando sempre più insufficienti: già nel corrente anno scolastico abbiamo assistito a un fabbisogno di oltre 110 mila insegnanti di sostegno a ‘copertura’ dei quasi 230 mila alunni disabili certificati. Mentre lo Stato continua a mantenere come riferimento i 180 mila alunni con disabilità dell’anno scolastico 2006/07». Conclude poi Pacifico: «Il nostro emendamento, con la richiesta di 40 mila posti in più, intende sanare questo gap. E se non si approva l’incremento si andrà verso il fallimento della Legge 244/2007, perché non si riuscirà a garantire il rapporto di uno a due tra docenti di sostegno e alunni. Con l’aggravante che si andrà a incrementare la percentuale di docenti specializzati precari, cosiddetti ‘in deroga’, che continueranno a cambiare scuola quasi ogni anno compromettendo quella continuità didattica di cui gli alunni disabili necessitano».
I dati del Rapporto ISTAT ci ricordano che, nella scuola primaria, il 21% degli alunni con disabilità non è autonomo in almeno una delle attività indicate (spostarsi, mangiare, andare in bagno) e l’8% non è autonomo in tutte e tre le attività. Nella scuola secondaria di primo grado le percentuali sono rispettivamente del 15% e del 5%. Se si considera poi che il numero di ore settimanali di assistente educativo culturale o assistente ad personam è di circa 10 per entrambi gli ordini scolastici si fa presto a realizzare le difficoltà pratiche affrontate quotidianamente dagli insegnanti, dalle famiglie e le limitazioni di diritto imposte ai bambini e ragazzi diversamente abili.
Nel Rapporto La condizione dell’infanzia nel mondo 2013 – Bambini e disabilità l’UNICEF denuncia un silenzio assordante riscontrabile in troppi Paesi, compresa l’Italia, riguardo la presenza, le necessità e i diritti dei minori con disabilità. «Queste lacune portano a una carenza di politiche e servizi di qualità, relegando i minorenni con disabilità ai margini e spesso al di fuori della portata dei servizi, con la conseguente riduzione delle opportunità di partecipare all’interno delle loro comunità».
Ancora troppo esteso il problema delle barriere architettoniche presenti nel 62,4% delle scuole primarie e nel 72% delle secondarie di primo grado e come se non bastasse gli alunni con disabilità incontrano ostacoli anche nella didattica: oltre il 25% degli istituti di entrambi gli ordini presi in considerazione dall’ISTAT non ha postazioni informatiche adatte. Preclusi ai diversamente abili anche i viaggi di istruzione e le uscite didattiche, soprattutto se si tratta di gite con pernottamento. Infatti mentre il 90% dei ragazzi disabili partecipa a uscite di una giornata o di poche ore la percentuale precipita al 26% per le elementari e al 51% per le medie in caso di gite più lunghe.
Dai dati emersi dal Rapporto ISTAT, da quello UNICEF e dal resoconto di Marcello Pacifico per Anief-Confedir risulta purtroppo evidente la critica situazione dell’ambiente scolastico italiano in merito anche all’integrazione degli alunni con disabilità varie, specchio di una società nella quale le persone diversamente abili devono ancora faticare per trovare la loro giusta collocazione. A conferma ancora una volta che il grado di civiltà di una società non può e non deve assolutamente essere valutato in base a parametri di tipo economico o commerciale, in altre parole: il grado di civiltà di una società e dei suoi componenti non ha nulla a che vedere con il benessere e con lo sviluppo economico. Almeno nell’accezione comune del termine benessere in quanto se lo si considerasse come il far stare bene tutti, indistintamente, i componenti una comunità allora varrebbe un discorso diverso, ma così non è, purtroppo.
Ultimo caso di cronaca in ordine temporale ma non per gravità, che ha destato grande indignazione, quello del settembre scorso delle maestre di Palma Campania che insultavano, malmenavano e maltrattavano i loro alunni tra i quali erano presenti anche bambini con disabilità. Risale all’Aprile 2013 l’episodio del giovane autistico di Vicenza maltrattato addirittura dalla sua insegnante di sostegno e dalla relativa assistente, denunciata per la stessa indagine anche una bidella dell’istituto.
A Lecce invece nel 2007 era finito nel ‘mirino’ dei bulli un ragazzo down, costretto a denudarsi e masturbarsi mentre veniva filmato e schernito dai presenti. Per citare qualche esempio, tra quelli che hanno avuto un’eco maggiore. Quanti danni abbiano realmente causato questi abusi sulla psiche delle povere vittime innocenti solo il tempo potrà dirlo ma la rabbia, quella l’hanno scatenata tutta all’istante. Rabbia e dolore dei familiari, indignazione da parte di tutti e sgomento quando si è costretti a leggere che non sono solo gli altri ragazzini a esercitare violenza e bullismo nei confronti dei coetanei più deboli ma sono adulti a farlo, addirittura i docenti. E allora ci si deve per forza interrogare sulla società moderna, capitalistica, consumistica nella quale viviamo e nella quale il denaro, il commercio, la crescita economica, la finanza, il potere arrivano sempre un attimo prima non solo della cultura, dell’istruzione, del rispetto, della solidarietà… ma della civiltà stessa.
Uno Stato, come quello italiano, nel quale da anni si perpetra una riduzione costante e scellerata dei finanziamenti alla cultura, all’istruzione, al welfare e lo si fa evidentemente per mantenere altro, per indirizzare liquidità verso attività ritenute più ‘meritevoli’ perché più fruttuose economicamente, che danno in sostanza un ritorno economico maggiore. E anche maggiori interessi e conseguente più potere… uno stato, come quello italiano, che sceglie una politica che non può non ritorcersi sulla società stessa. Docenti impreparati ad affrontare situazioni non scelte ma accettate per ripiego, per necessità, incarichi che vanno ben oltre l’insegnamento, che rappresentano una missione al pari di quella medica o paramedica non possono essere affidati a chi li accetta per sbarcare il lunario. I diversamente abili non sono diversamente cittadini, non sono diversamente persone e una società che non riesce a integrarli e a garantir loro neanche un livello di istruzione e assistenza ‘elementare’ dovrebbe e anche con una certa solerzia rivedere i parametri di crescita con i quali quotidianamente si rapporta. Perché c’è un qualcosa di talmente sbagliato in un universo sociale nel quale a un politico spetta la scorta h24 semplicemente perché è ‘eletto’ mentre a un ragazzo disabile saltuariamente e per un numero limitato di ore viene concesso di essere seguito da un insegnante, che il luogo nel quale si concretizza una situazione del genere non può certo essere definito ‘civile e sviluppato’.
Manifestazione contro la discriminazione, per i diritti delle persone con disabilità
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