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io non ti conosco

La casa editrice Piemme pubblica con il titolo Io non ti conosco il romanzo di S.J. Watson Second Life, tradotto in italiano da Stefano Travagli.
Il testo ha una mole imponente: 456 pagine, che in genere scoraggiano i lettori di gialli, ansiosi di scoprire quanto prima l’assassino e svelare il mistero. Ma il libro di Watson non è un giallo, nell’accezione classica del termine, è un thriller psicologico contemporaneo che spazia attraverso molteplici argomenti e indaga vari aspetti del vivere moderno, più o meno correlati con l’omicidio la cui indagine sembra rappresentare il filo conduttore del testo. La narrazione intriga fin dalle prime pagine e il ritmo incalzante abbevera la crescente sete di chi legge, il quale giunge alla quattrocentocinquantaseiesima pagina quasi senza accorgersene.
Si riveleranno i trascorsi berlinesi della protagonista il vero leitmotiv dell’opera.
Una giovanissima Julia, dopo aver trascorso dieci anni a fare da madre a sua sorella, decide di seguire il suo ragazzo in un’avventura bohémien nella città rinnovata dalla caduta del muro, occupando una casa per viverci con amici un po’ “diversi”, come li definisce lei stessa. Sarà in quell’occasione che conoscerà lo sballo, le droghe, il divertimento, ma che si avvicinerà anche alla fotografia, la sua passione.

«Ho fatto qualche scatto di prova, e mentre avvicinavo la macchina all’occhio ho sentito che il gesto era ancora intuitivo, istintivo. Quando ho guardato nel mirino, ho capito che preferivo vedere il mondo così. Dentro un’inquadratura.»

Sembra ormai tutto talmente lontano da apparirle irreale nella nuova vita che si è costruita a Londra, grazie a Hugh che l’ha salvata prima e sposata poi. Anche la fotografia intesa come ‘arte’ sta diventando un lontano ricordo. Infatti Julia si limita a ‘divertirsi’ nel fare «lavori in cui servono soprattutto abilità tecniche. Non è come fare ritratti; non è arte, se vogliamo usare questa parola».
Ma l’uccisione di Kate, sua sorella, rimette tutto in discussione e la sua mente si trova del tutto impreparata ad affrontare e soprattutto superare un trauma del genere. Così mentre si illude di indagare sulla morte della sorella in cerca del suo assassino, convinta che la polizia non stia facendo abbastanza, Julia non fa altro che rispolverare la se stessa di tanti anni prima, la ragazza che girava per le strade di Berlino scattando foto alla “evoluzione degli altri” rosa dai sensi di colpa per aver abbandonato la sorella minore ed essere fuggita inseguendo l’amore. Fuggirà anche da Marcus e nel momento peggiore ma non riesce a realizzare, fino alla fine, quale sia stato veramente il suo errore più grave.

« Chiudo gli occhi e penso a Kate, a quando eravamo bambine. Allora le cose erano più semplici, anche se non significa che fossero facili.»

Julia crede che quella parte della sua vita sopravviva ormai solo nella sua mente e attraverso le foto dell’epoca, come ritiene di poter tenere separate le sue due vite attuali: quella con Hugh e Connor e l’altra con Lukas. Esattamente come pensava di riuscire a tenere separate la realtà vera da quella virtuale. Una valvola di sfogo, un’evasione temporanea dalla quotidianità e dal dolore, così Julia cercava di mentire a se stessa per sentirsi meno in colpa nel frequentare siti di incontri online, nel chattare con uno sconosciuto, nell’incontrarlo, nel farci sesso, nell’avere una relazione con lui…

« Chiudo il giornale e svuoto la lavastoviglie. Ho inserito il pilota automatico. Prendo lo straccio, la bottiglia di candeggina e pulisco la cucina. Mi chiedo se anche la generazione di mia madre si sentiva così: il valium nell’armadio del bagno, una bottiglia di gin sotto il lavello; una storia con il lattaio, per il brivido dell’avventura. Tanti progressi e siamo sempre allo stesso punto. Quanto mi vergogno.»

E proprio mentre pensa che non ci possa essere nulla di più terribile del fatto che Hugh e Connor scoprano la verità realizza che anche suo figlio è rimasto vittima dello stesso inganno che ha ‘stregato’ lei. È caduto nello stesso tranello, per mano della stessa persona, per lo stesso motivo.

« Apro gli occhi. Che spari o non spari, qualunque cosa succeda da adesso in poi, è finita.»

Nessuno si rivela quello che dice di essere, nemmeno Hugh, neanche lei stessa. L’autore riprende in parte la teoria pirandelliana delle maschere indossate da tutti e da ognuno per regalare a se stessi e agli altri, ogni volta, un’immagine diversa. «Con improvvisa chiarezza mi rendo conto che indossiamo tutti delle maschere, sempre. Al mondo, agli altri, presentiamo solo una faccia: mostriamo un volto diverso a seconda delle persone con cui siamo e di quello che ci si aspetta da noi. Ma anche quando siamo soli indossiamo una maschera, la versione di noi stessi che vorremmo essere.»
Watson compie un’attenta analisi della psiche femminile, andando oltre le apparenze, oltre le parole e rimanda al lettore un’immagine completa della protagonista, delle sue paure, dei suoi tormenti, dei suoi sentimenti, delle passioni. Racconta dettagliatamente lo struggimento di Julia per il tradimento inferto alla sua famiglia, ancor più incisivo se paragonato alla reazione e al comportamento di Hugh, il quale sembra approfittare di un incorso problema di lavoro e dello stato confusionale in cui versa Julia per non affrontare il suo di tradimento. Il finale assolutamente non scontato contribuisce a rendere Io non ti conosco di S.J. Watson un libro interessante che merita di essere letto.

:: Io non ti conosco, S.J. Watson, (Piemme, 2015) a cura di Irma Loredana Galgano

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