Quattro blogger italiani hanno avuto la possibilità di rivolgere una domanda a S.J. Watson, autore del bestseller Non ti addormentare, da poco tornato in libreria con Io non ti conosco.
Pubblichiamo per i nostri lettori questa intervista esclusiva al nostro autore.
Ho letto anche “Non ti addormentare” ma “Io non ti conosco” mi ha colpito ancora di più. La mia domanda è questa: Perché sceglie le donne come protagoniste dei suoi romanzi?
[Aleksandar Doynov, Sogno tra i libri]
È una domanda interessante. Non scelgo a tavolino che la “materia” delle mie storie siano personaggi femminili. E’ solo che, per i due romanzi che ho fino ad ora scritto, ho voluto esplorare i mondi e le storie che ne erano al centro da un punto di vista femminile. Mi interessa molto la posizione in cui si trovano le donne in questo momento storico – non hanno ancora raggiunto una piena uguaglianza e si trovano a vivere pressioni cui gli uomini non sono soggetti. Penso che sia per questo che entrambi i miei libri vedono delle donne come protagoniste: sono queste tensioni che voglio scandagliare nei romanzi che scrivo.
In “Io non ti conosco” Julia e Connor divengono pedine inconsapevoli di una vendetta rivolta alla protagonista, studiata negli anni e messa in atto grazie a Internet. La tecnologia può rappresentare un’evoluzione grandiosa così come può trasformarsi in un’arma potentissima. Quanto la tecnologia può essere utile, e in che modo può essere pericolosa, a suo parere?
[Irma Loredana Galgano, Liberi di scrivere]
Io penso che Internet sia uno strumento, e come tutti gli strumenti dipende da come viene utilizzato. Può generare grandi cose e può recare gravi danni. Credo che dobbiamo ancora imparare a padroneggiare i social network e sarà così per qualche tempo ancora. In fin dei conti si tratta di stabilire quanto importante sia per noi la privacy e quanto di essa vogliamo condividere.
Perché ha deciso di concludere il romanzo con un finale aperto?
[Sara Zannoli, Bookspedia]
Sentivo che era l’unico luogo dove chiudere il romanzo. Mi piacciono i libri nei quali i personaggi continuano a vivere nella mente del lettore una volta che il libro è finito. Le storie continuano sempre – a meno che l’autore non “uccida” qualcuno nell’ultima pagina – dunque si tratta solo di decidere quando smettere di raccontarle.
In questo libro, come nel precedente, la protagonista è una donna e in entrambi il racconto è in prima persona. Quanto è difficile per un uomo identificarsi nel personaggio femminile al punto da rendere il suo comportamento e le sue azioni credibili, sapendo quanto, in questo, uomo e donna siano differenti?
[Daniela Calligaro, Un libro per amico]
Non credo che il comportamento femminile e quello maschile siano “totalmente diversi”. Non credo nel genere “binario”, penso piuttosto che il genere sia un concetto fluido e sia una sorta di spettro. Il lavoro dello scrittore è immaginare una vita diversa dalla propria, e questo è ciò che ho fatto. Uno dei miei personaggi soffre di amnesie e l’altro ha sulle spalle un’esperienza di dipendenza; questa è una sfida molto più grande rispetto al tema del genere.
http://www.edizpiemme.it/blog/quattro-domande-a-s-j-watson
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