Finché non saremo liberi dell’avvocato iraniano Shirin Ebadi, edito in Italia da Bompiani, è il libro-manifesto dell’impegno profuso dall’autrice a favore dei diritti dei più deboli, che nel suo Paese hanno coinciso nei tanti anni della sua attività con donne, minori e dissidenti politici.
Un impegno così determinato che le è valso, nel 2003, il Premio Nobel per la Pace. Un Premio e un introito di denaro che lei ha impiegato per rafforzare il proprio impegno a favore di coloro che, per mancanza di preparazione o di mezzi, hanno una voce talmente flebile da poter essere facilmente soffocata.
«Il mio scopo nello scrivere questo libro è rendere testimonianza a ciò che il popolo iraniano ha sopportato nell’ultimo decennio. Leggendolo, vedrete come uno stato di polizia può influire sulla vita delle persone e gettare le famiglie nella disperazione.»
Finché non saremo liberi di Shirin Ebadi è il racconto, intimistico, della vita pubblica e privata dell’autrice, del percorso che l’ha condotta verso il Nobel e la sua organizzazione, il Centro per la difesa dei diritti umani, che hanno preceduto e affiancato la fondazione dell’Associazione di cooperazione per lo sminamento, la prima ong iraniana che si è occupata attivamente del problema dello sminamento del territorio dopo la guerra con l’Iraq.
La scrittura e lo stile hanno dei toni molto personali, quasi come se il libro fosse la trascrizione del racconto orale fatto dalla Ebadi. Spesso la narrazione di un evento si interrompe bruscamente perché sovviene alla mente dell’autrice un aneddoto o una precisazione che vuole descrivere o fare per poi riprendere dal punto in cui aveva lasciato.
Il libro si rivela da subito interessante, non solo perché entra nel merito di fatti di stretta attualità come la sospensione delle restrizioni imposte dagli Stati Uniti all’Iran, secondo l’accordo siglato la scorsa estate tra Obama e Rouhani, che la Ebadi definisce “moderati”. Il testo consente al lettore di osservare l’estremismo religioso di matrice islamica attraverso gli occhi di una musulmana non estremista che ama il suo Paese, la sua gente e anche la sua religione.
«Un Iran che è diventato una delle più grandi prigioni del mondo per giornalisti, avvocati, attivisti dei diritti delle donne e studenti.»
Shirin Ebadi: Avvocato iraniano, premio Nobel per la Pace 2003. È nata nel 1947 a Hamadan ed è stata la prima donna iraniana a diventare magistrato nel suo Paese. Dal 2009 vive in esilio volontario per far conoscere al mondo cosa succede in Iran, attraverso un’intensa attività di propaganda e di battaglia legale. In Italia sono stati pubblicati anche Il mio Iran (2006) e La gabbia d’oro (2008).
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