Tag
Intervista a MariaGiovanna Luini, medico-scrittore che interpreta la scrittura come conoscenza e rinascita. Una miscellanea di formazione scientifica e medicina “alternativa” che si riscopre nei suoi romanzi, l’ultimo dei quali, Il male dentro, ambientato in un Istituto di ricerca e cura. La Luini nelle terapie energetiche ha trovato la strada per la sua evoluzione interiore che si propaga anche alla sua scrittura.
MariaGiovanna Luini è lo pseudonimo utilizzato da Giovanna Maria Gatti per firmare le sue opere di narrativa.
Ha conseguito la laurea in medicina e la specializzazione in chirurgia generale e radioterapia. Svolge la professione di divulgatore e comunicatore scientifico presso l’Istituto Europeo di Oncologia di Milano. Risalgono ai tempi in cui era ancora una studentessa i primi contatti con il direttore scientifico Umberto Veronesi, nel cui team ha svolto il lavoro di ricercatrice e assistente. La collaborazione scientifica con il professor Veronesi ha portato anche alla pubblicazione di diversi saggi scientifici.
Ha prestato le sue competenze in campo medico-scientifico e letterario alla casa cinematografica Taodue per la fiction a carattere medico Crimini bianchi e al regista Ferzan Ozpetek per il film Allacciate le cinture di sicurezza.
MariaGiovanna Luini scrive anche sui suoi blog, sui portali online de Il fatto quotidiano e Satisfiction e recensisce libri per Mangialibri.
*****
Sei riuscita a conciliare aspetti e professioni apparentemente così diverse fra loro per concentrare il tuo lavoro sulla comunicazione efficace. Come ci sei riuscita?
Gli esempi di medici scrittori sono tanti e tali che dovremmo avere ormai imparato la lezione. Si può essere medico e si può anche scrivere, si può creare e si può comunicare. Anzi il medico ha una posizione privilegiata nell’osservazione della vita, nella conoscenza diretta (e non solo per esercizio di fantasia) dell’umanità, nelle sue sfaccettature più sottili e nascoste. Lo scrittore e il medico hanno parecchi elementi comuni, uno evidente è la posizione: guardano, ascoltano, producono e riproducono. Traggono conclusioni e prefigurano scenari. Chi, da medico, legge Cecov o Bulgakov intuisce subito il tratto sottile, la capacità di “vedere” che nasce non solo dal talento artistico e creativo ma da una quotidianità alle prese con la salute, la malattia, la morte, il dramma, le confidenze più intime, lo stupore di fronte all’inimmaginabile. Andiamo ad Andrea Vitali: le sue storie hanno dentro l’osservazione speciale, la consapevolezza che solo essere medico regala. Perfino l’ironia è più sottile. L’ironia dei pazienti, dei medici, degli infermieri è molto speciale perché nasce da una consapevolezza amara e cruda di quali siano le priorità reali.
Il male dentro è il tuo romanzo più recente. Uscito lo scorso marzo, edito da Cairo Editore, è ormai giunto alla quarta edizione. Un libro molto intenso. Senza lasciarti tentare dal dramma, o peggio dal melodramma, hai narrato della vita reale, vera, e della malattia, anch’essa reale, che ancora spaventa tanto perché troppo spesso colpisce duro. C’è molto di te, del tuo lavoro come medico ma anche di quello come divulgatore scientifico, delle esperienze vissute in prima persona e di quelle osservate da vicino o da lontano… quanto ritieni importante la narrazione di sé nella costruzione di una storia?
La narrazione di sé non è importante, almeno quando si parla di scrittura volta alla pubblicazione per un pubblico di lettori. Il punto è un altro. Si scrive meglio ciò che si sente, ciò che si conosce intimamente o comunque si comprende. Vero è che lo scrittore riesce a diventare altro, a uscire da se stesso per creare e ricreare identità differenti, ma nessuno mi convincerà mai che – salvo eccezioni rare – tale creazione possa essere del tutto realistica senza un pizzico di esperienza concreta. Il male dentro non è il romanzo dell’Istituto Europeo di Oncologia e neanche di MariaGiovanna Luini in quanto personaggio del romanzo, è una storia composta da tante storie possibili ma non riprese da una realtà quotidiana. Io non sono questo o quel personaggio, mi sono presa in giro qua e là ma non ho scritto un libro di memorie o una cronaca della mia professione medica. Il luogo non è IEO. Il male dentro contiene il mio amore per l’umanità che incontro all’Istituto Europeo di Oncologia, l’amore per la gente e per le relazioni che, sorprendenti e profonde, nascono in un istituto oncologico di eccellenza. Amo il lavoro di scrittore e amo il lavoro di medico, sono entrambi insostituibili.
Sei studiosa e ricercatrice di Reiki, TheReconnection, Energie, Luce. Anche ne Il male dentro si fa riferimento a questo genere di studi e ricerche nonché ai loro risultati che possono o potrebbero essere impiegati come supporto complementare alle terapie standard indicate nelle linee guida della prevenzione e cura dei tumori. Quanto ti hanno aiutato questi studi nella vita e nell’elaborazione delle tue opere di narrativa?
La creatività si nutre di tutto. Sono nata con il bisogno di scrivere, ho imparato a scrivere da sola nel momento stesso in cui ho scoperto di essere in grado di leggere (più o meno a tre anni). Ogni dettaglio della vita, anche quello che sembra più banale, non è a caso. Niente è a caso e tutto nutre la nostra evoluzione. Siamo persone in cammino, non siamo le stesse di un minuto o un giorno o un anno fa: andiamo avanti e ciò che facciamo è influenzato da ogni minimo evento. Le persone che capitano sul nostro cammino hanno un ruolo e tanto significato, lo stesso vale per i pensieri, gli accadimenti, le gioie e il dolore. Le terapie energetiche sono un passo fondamentale della mia evoluzione, si intuisce in ciò che scrivo e si vede nella mia vita di ogni giorno.
La tua carriera letteraria nasce quasi per caso nel 2005 eppure sei riuscita a conciliare i differenti aspetti della tua vita e garantire sempre un ottimo lavoro. Hai all’attivo sei titoli di narrativa (Una storia di delfini, Le parole del buio, Diario di melassa, Cosa fanno le tue mani, Ritorno ai delfini, Il male dentro) pubblicati in versione cartacea, quattro in formato digitale (È il mio racconto, Nemesi di un destino qualsiasi, Rita Levi Montalcini la vita e le scoperte della più grande scienziata italiana, Caheir di passione). Numerosi poi sono i testi di saggistica scritti con il professor Veronesi e i tuoi lavori di curatrice per testi scientifici dello stesso. Hai anche offerto la tua consulenza a case di produzione televisiva e registi quali Ferzan Ozpetek per la realizzazione di fiction e film a carattere medico. Qual è il consiglio che ti senti di dare a chi vorrebbe intraprendere il mestiere di scrivere?
Disciplina. Le energie per lavorare esistono, lo snobismo o il disfattismo non aiutano. Ho avuto e continuo ad avere una gavetta molto impegnativa, va bene così. Mettersi in discussione, leggere tantissimo (sembra incredibile ma c’è gente che scrive e non legge), usare le giuste parole con se stessi. Mai dire “non ce la faccio, non posso”. Si può fare, si fa. E usare la generosità: non siamo soli al mondo, abbiamo bisogno degli altri e in particolare chi scrive deve avere il massimo rispetto per i lettori, per il cosiddetto “pubblico”. Deve rispettare i colleghi, onorarli e stimarli e aiutarli con la lettura e la diffusione delle loro opere. L’amore crea il bene per tutti, anche e soprattutto per chi lo dona. I sogni esistono e muovono la nostra vita, a me sono capitate cose incredibili che hanno aperto tante strade… guarda caso, erano proprio le strade dei miei sogni e mai avrei immaginato che potesse accadere. Quando segui un sogno e ci credi, e non permetti a nessuno di fermarti con il disfattismo, la vita ti aiuta. Tenacia, mai abbattersi: ho ricevuto tanti “no” e capita ancora, mai mi sono lasciata sconfiggere da questi no. Un’esperienza recente è stata il lavoro di consulenza per Allacciate le cinture di Ferzan Ozpetek: chi pensava che mi sarebbe capitato di avere un’opportunità così? Invece c’è stata, e mi ha rivelato l’esistenza di persone profonde, meravigliose e creative: è accaduto perché medicina e scrittura si sono fuse (ecco, qui si dimostra che non sono incompatibili) e a quel particolare film, peraltro bellissimo, servivano entrambe.
Articolo pubblicato sul numero 40 della rivista WritersMagazine Italia diretta da Franco Forte
© 2016 – 2017, Irma Loredana Galgano. Ai sensi della legge 633/41 è vietata la riproduzione totale e/o parziale dei testi contenuti in questo sito salvo ne vengano espressamente indicate la fonte irmaloredanagalgano.it) e l’autrice (Irma Loredana Galgano).