Durante la 200esima sessione della Commissione esecutiva Unesco, tenutasi a Parigi lo scorso 13 ottobre, è stata approvata una risoluzione basata sul documento presentato di concerto da Algeria Egitto Libano Marocco Oman Qatar Sudan.

Le dichiarazioni relative alla risoluzione hanno fatto subito gridare allo scandalo, all’antisemitismo, alla violazione della memoria storica. Israele ha deciso di sospendere i rapporti con l’Unesco in segno di protesta. Gli organi di stampa, anche italiani, hanno riportato e diffuso i commenti, dai toni forti, del premier Netanyahu il quale ha parlato di “teatro dell’assurdo” e negazione dei legami ebraici con il Monte del Tempio.

«Se non vogliono leggere la Bibbia, almeno guardino ciò che è raffigurato sull’Arco di Tito a Roma e la Memorah che i romani rubarono a Gerusalemme dal Tempio.»

(Fonte: Agenzia Fides 14/10/2016)

A questo punto la curiosità di leggere il contenuto della risoluzione Unesco è alta. Non si può fare a meno di chiedersi se realmente la Commissione esecutiva abbia approvato un documento volto alla cancellazione della memoria storica e antisemita.

Al punto 3 della risoluzione, approvata con 24 voti a favore, 6 contrari (tra cui Stati Uniti e Gran Bretagna) e 26 astensioni, si legge:

«Affirming the importance of the Old City of Jerusalem and its Walls for the three monotheistic religions, also affirming that nothing in the current decision, which aims, inter alia, at the safeguarding of the cultural heritage of Palestine and the distinctive character of East Jerusalem, shall in any affect the relevant Security Council and United Nations resolutions and decisions on the legal status of Palestine and Jerusalem»

La spianata delle Moschee (Al-Haram al-Sharif) con la Moschea di Al-Aqşa è il sacro Santuario dei musulmani. Ma è anche lo Har Habayt, il Monte del Tempio di cui il Muro Occidentale è il luogo più sacro del Giudaismo. A pochi passi si trovano il Santo Sepolcro e il Monte degli ulivi venerati dai cristiani. La convergenza dei luoghi e degli interessi delle tre grandi religioni monoteiste, unitamente alla particolare situazione geo-politica del posto, non poteva non generare attrito ma, secondo le dichiarazioni della direttrice generale Unesco Irina Bokova, «l’eccezionale valore universale della città, che le è valsa l’iscrizione nel patrimonio Unesco, sta proprio in questa sintesi che rappresenta un appello al dialogo, non al confronto».

«Rafforzare questa coesistenza culturale e religiosa, con la forza degli atti e delle parole. Un’esigenza più forte che mai per placare le divisioni che danneggiano lo spirito multiconfessionale. Formiamo una sola umanità e la tolleranza è l’unica via per vivere in un mondo di diversità».

È in quest’ottica di condivisione e coesistenza che andrebbe forse letta la richiesta avanzata a Israele di cancellare i due siti Palestinesi dall’elenco del proprio Patrimonio Nazionale.

«Deeply regrets the Israeli refusal to comply with 185 EX/Decision 15, wich requested the Israeli authorities to remove the two Palestinian sities from its national heritage list and calls on the Israeli authorities to act in accordance with that decision.»

I siti oggetto della contesa sono Al-Haram Al-Ibrāhīmī/Tomb of the Patriarchs a Al-Khalil/Hebron e il Bilāl ibn Rabāh Mosque/Rachel’s tomb a Betlemme. Nel testo si sottolinea che questi siti sono parte integrante della Palestina e, convinzione riconosciuta dalla comunità internazionale, sono significativi per Giudaismo, Cristianesimo e Islam.

Per l’intero documento Israele viene indicata come ‘la forza occupante’. Non stupisce il risentimento che le autorità israeliane possano aver provato per questo. Non lo si scopre certo con la lettura del documento o con l’analisi di quanto detto in merito alla risoluzione Unesco che Israele e gli israeliani tutti si ritengono i legittimi abitanti, e non occupanti, della Terra Promessa. Ciò che conta, o dovrebbe contare, sono le azioni, compiute o da compiere, e il merito delle decisioni prese dalla Commissione.

«Deeply deplores the failure of Israel, the occupying Power, to cease the persistent excavations and works in East Jerusalem particularly in and around the Old City, and reiterates its request to Israel, the occupying Power, to prohibit all such works in conformity with its obligations under the provisions of the relevant UNESCO conventions, resolutions and decisions»

Viene chiesto a Israele di:

  • Ripristinare lo status quo valso fino al settembre 2000, allorquando la gestione del sito di Al-Aqşa Mosque/Al-Haram Al-Sharif era di competenza della Fondazione religiosa Jordanian Awqaf Department.

  • Fermare l’escalation di aggressioni e misure illegali poste in essere contro il personale della Jordanian Awqaf.

  • Fermare la continua occupazione del sito di Al-Aqşa Mosque/Al-Haram Al-Sharif da parte degli estremisti di destra e delle forze militari.

  • Fermare le continue aggressioni ai danni di civili, comprese figure religiose musulmane e preti.

  • Porre fine alle violazioni e alle restrizioni all’accesso al sito di Al-Aqşa Mosque/Al-Haram Al-Sharif, evitando in questo modo le conseguenti violenze e quanto accaduto nel 2015.

  • Rispettare l’integrità, l’autenticità e l’aspetto culturale del sito di Al-Aqşa Mosque/Al-Haram Al-Sharif e si afferma di essere rammaricati per i danni causati dalla polizia israeliana alle porte e alle finestre della Moschea di al-Qibli essendo il luogo di culto musulmano parte integrante del sito Patrimonio dell’umanità.

  • Rinunciare a tutti i progetti di costruzione relativi all’area del sito Patrimonio dell’umanità:

«Deplores the Israeli decision to approve a plan to build a two-line cable car system in East Jerusalem and so called “Liba House” project in the Old City of Jerusalem as well as the construction of the so called “Kedem Center”, a visitor centre near the southern wall of the Al-Aqşa Mosque/Al-Haram Al-Sharif, the construction of the Strauss Building and the project of the elevator in Al-Buraq Plaza “Western Wall Plaza” and urges Israel, the occupying Power, to renonce the above-mentioned projects and to stop the construction works in conformity its obbligations under the relevant UNESCO conventions, resolutions and decisions»

La Commissione esecutiva ritiene necessario implementare l’attività di monitoraggio della delegazione Unesco per la città vecchia di Gerusalemme e i suoi Muri, invitando il direttore generale a mette in atto le dovute azioni in tal senso e alle parti a collaborare il più possibile per agevolare il lavoro della delegazione.

La sezione seconda del documento riguarda la ricostruzione e lo sviluppo di Gaza. Si chiede una pronta ricostruzione di scuole, università, siti di interesse culturale, istituzioni culturali, centri per l’informazione e luoghi di culto che sono stati distrutti o danneggiati in conseguenza della guerra.

«Deplores the military confrontations in and around the Gaza Strip and the civilian casualties caused, including the killing and injury of thousands of Palestinian civilians, including children, as well as the continuous negative impact in the fields of competence of UNESCO, the attacks on schools and other educational and cultural facilities, including breaches of inviolability of United Nation Relief and Works Agency for Palestine Refugees in the Near East (UNRWA) schools»

Si biasimano duramente anche i blocchi israeliani lungo la Striscia di Gaza che, tra l’altro, danneggiano la libertà e rendono difficili gli spostamenti del personale e degli aiuti umanitari. E viene considerato inammissibile il diniego all’accesso al personale educativo. Viene chiesto l’immediato alleggerimento dei blocchi.

La Commissione esecutiva Unesco ha deciso di mettere in agenda il documento indicato come “Occupied Palestine” anche per la prossima sessione, ovvero la 201esima.

© 2016, Irma Loredana Galgano. Ai sensi della legge 633/41 è vietata la riproduzione totale e/o parziale dei testi contenuti in questo sito salvo ne vengano espressamente indicate la fonte irmaloredanagalgano.it) e l’autrice (Irma Loredana Galgano).

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