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Simonetta Santamaria, scrittrice di thriller e noir conosciuta e affermata, decide di sottoporre al vaglio degli editori la sua nuova fatica letteraria, Seguimi nel buio. Una storia che trascina il lettore nei meandri più bui della mente umana, tra le paure e le debolezze di chi è ‘malato’ e la crudele follia di chi tale non è considerato perché sa nascondersi e celare i fili sottili che legano i suoi crimini alle ignare vittime. Autismo e Insanet si affiancano e si scontrano in un libro che merita di essere letto tutto d’un fiato, come ogni mystery che si rispetti.

Eppure il titolo è stato rifiutato perché la linea editoriale sarebbe stata dirottata verso “argomenti più commerciali”. L’autrice non si arrende e partecipa in incognito, utilizzando uno pseudonimo maschile, alla sesta edizione del Torneo Letterario IoScrittore indetto dal Gruppo Editoriale Mauri Spagnol e ne esce vincitrice.

La sua voglia di festeggiare tuttavia è smorzata dal continuo lottare cui sono costretti gli autori italiani che, come lei, non vogliono arrendersi e sottostare alle rigide leggi di mercato, all’abbandono e alla noncuranza degli editori, alle tante pecche della malata editoria italiana.

Ne abbiamo parlato nell’intervista che gentilmente mi ha concesso.

Simonoir, Nostra Signora del thriller, una delle Signore della suspense… quasi non si contano più i nomignoli che le sono stati attribuiti. D’altronde non è poi così raro per gli scrittori di noir l’essere indicati con soprannomi. Perché secondo lei si sente la necessità di rimarcare il suo ruolo di scrittrice con questi epiteti?

Non saprei, forse per accostarci a qualcuno o a qualcosa che ci “etichetti” visto che le ramificazioni del genere sono tante. Per ciò che mi riguarda, devo ammettere che alcuni sono carini, in effetti rendono bene l’idea di chi sono e cosa scrivo. E, considerando la mia tendenza a una certa autoironia, direi che no, non mi dispiacciono affatto.

I thriller e i noir, pur avendo i loro lettori spesso anche forti, vengono sempre additati come generi di troppo. Secondo lei per quali motivi questa produzione libraria viene considerata così ingombrante?

Sottostimata, direi. Già il fatto di intendere la cosiddetta “letteratura di genere” un elemento secondario nel panorama mi fa imbestialire. Molti grandi capolavori classici vengono dalle menti di scrittori “di genere” come Mary Shelley, Edgar Alla Poe, Bram Stoker… E perché no, vogliamo aggiungerci Kafka (ditemi se non è disturbante la sua Metamorfosi) oppure il Sommo Dante col suo Inferno, e magari pure la Bibbia (antesignana dei Wu Ming) che in quanto a suspense non scherza mica…

Il caso di Seguimi nel buio è alquanto singolare e merita di essere raccontato. Inizialmente il libro ha subito un rifiuto da parte dell’editore ma è stato poi pubblicato in quanto vincitore del Trofeo Ioscrittore. Parliamo dello stesso testo, possiamo quindi supporre che ci sia una sorta di pregiudizio nei confronti di questo genere letterario?

Più che un rifiuto, la Tre60 (marchio GeMS) con cui avevo pubblicato il precedente romanzo, Io Vi Vedo, mi disse che avrebbe virato su argomenti più commerciali, quindi il thriller non avrebbe più trovato spazio. E comunque “il thriller non vende, ha subito una flessione”: me lo sono sentita dire da almeno altri tre editori. Così ho iniziato a dubitare di me e delle mie storie. Ecco perché ho deciso di partecipare a un torneo in incognito, IoScrittore appunto; sapevo che sarei stata giudicata senza paraocchi, solo per la qualità del mio romanzo. La risposta dei lettori/scrittori (che notoriamente sono spietati verso i colleghi) invece è stata molto positiva, ed eccomi qua. Deduco quindi che qualcosa mi sfugge, o sfugge a loro.

I thriller stranieri invece sembrano sempre essere ben voluti dagli editori, forti del fatto forse che arrivano in Italia quando sono già dei best seller da milioni di copie vendute. Al di là dell’oggettivo limite costituito dalla lingua che impedisce di vendere così tanto prima delle traduzioni, i thriller italiani davvero sono peggiori degli stranieri?

Ma per carità, non bestemmiamo. L’editoria importa sedicenti fenomeni stranieri perché qui basta una fascetta che decanti vendite record, seppure in Papuasia, per essere comprato sulla fiducia. Invece di promuovere gli scrittori italiani che non hanno nulla, e sottolineo nulla, da invidiare al resto del mondo.

Credo che la rovina sia data anche dal fatto che si pubblica molto senza convinzione; un romanzo (di quelli seri, scritti con sudore e sangue) è frutto di un lavoraccio e, una volta vista la stampa dovrebbe essere promosso come merita. Invece qui siamo al fai-da-te, ti pubblicano e ti abbandonano, e lo fanno anche i grandi marchi. È un’editoria malata, con visioni distorte da meccanismi di marketing.

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Lei ha dedicato Seguimi nel buio a quelli che “basta thriller”, «a coloro che mi hanno messo i bastoni tra le ruote e sbattuto le porte in faccia». Conserva ancora qualche sassolino nella scarpa di cui vuol liberarsi?

No, i miei sassolini me li tengo perché fanno parte di un cammino di crescita ed esperienza. Però l’ho fatto con polemica consapevolezza, proprio per portare avanti una battaglia iniziata tanti anni fa a favore degli scrittori italiani. Ho cominciato (e lo faccio ancora oggi) scrivendo horror, immaginate la ghettizzazione… Ma noi, proprio qui in Italia, abbiamo dei fior di scrittori horror: Alessandro Manzetti, ad esempio, è stato il primo italiano a vincere quest’anno il prestigioso Bram Stoker Award indetto dalla Horror Writers Association di cui mi pregio di far parte, e a cui concorrono nomi come Sthephen King, Peter Straub, Ramsey Campbell, Jack Ketchum… Eppure qui i media non hanno dato il doveroso risalto alla cosa. Disturba, certo, ma noi esistiamo, e insieme stiamo facendo movimento. Perché prima o poi, questa battaglia la vinceremo.

Il buio può essere incarnato da numerose sfaccettature, in questo libro come in altri suoi scritti lei sceglie di identificarlo con il lato oscuro del male che alberga nella mente e nella psiche delle persone. La follia, intesa come tutto ciò che si distacca dalla normalità, spaventa più del crimine razionale?

Be’, certo, il buio richiama il lato oscuro, tenebre che nascondono verità che la luce nasconde. E la follia alberga laggiù, dove nessuno può vederla ma lei c’è, esiste, in ognuno di noi, e può scattare da un momento all’altro.

Il crimine comune ci indigna, ci spaventa perché mina la nostra integrità, ma della follia ci terrorizza l’imprevedibilità, il suo legame con l’irrazionale, e quell’inquietante senso di appartenenza che ce la fa sentire così… troppo, vicina. Incontriamo il nostro dirimpettaio ogni giorno, gli sorridiamo e saliamo con lui in ascensore. Ma se qualcuno (o qualcosa) ci inculcasse il tarlo del dubbio, state certi che non lo guarderemmo più come prima. E forse eviteremmo di prendere lo stesso ascensore.

Simonetta Santamaria: Scrittrice italiana. Ha pubblicato vari libri, tra cui i saggi illustrati Vampiri, da Dracula a Twilight e Licantropi, i figli della luna (Gremese), tradotti in Francia e Spagna; i romanzi Dove il silenzio muore (CentoAutori) e Io vi vedo (Tea/Tre60), la raccolta di racconti Donne in noir (Il Foglio), gli e-book Black Millennium e Il segreto della janara. Suoi racconti sono apparsi in antologie di prestigio, tra cui Eros e Thanatos (Giallo Mondadori) e The Beauty of Death (Independent Legions), insieme ad autori del calibro di Ramsey Campbell e Peter Straub.

Ha ricevuto il Premio Lovecraft XI e Fantastique/I Fantasy Horror Award. È membro della Horror Writers Association. È stata definita una delle «signore della suspense made in Naples» (la Repubblica) e «lo Stephen King napoletano» (Corriere del Mezzogiorno).

(Fonte Trama e Biografia autrice: www.simonettasantamaria.net)

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