Chi sono i padroni dell’universo? Chi governa realmente il mondo? In quale modo e soprattutto perché lo fa?
Domande che tutti si pongono e alle quali Noam Chomsky ha cercato di dare delle risposte in base agli accadimenti, ai fatti, alle azioni e alle reazioni dei singoli Stati ai piccoli e grandi eventi della Storia, passata e presente.
Uscito a ottobre per Ponte alle Grazie nella versione tradotta da Valentina Nicoli, Who rules the world? di Noam Chomsky perde il suo punto di domanda ma non lascia cadere gli interrogativi che cerca di risolvere e soprattutto quelli nuovi che crea nel lettore.
A partire dal secondo conflitto mondiale la bilancia pende «in modo spropositato» dalla parte degli Stati Uniti d’America. Sono loro a «imporre ancora le regole del discorso globale, dalla questione israelo-palestinese all’Iran, all’America Latina, alla “guerra al terrore”, al sistema economico internazionale […]». Ma i «padroni dell’universo» sono tutte le «potenze capitalistiche (i paesi del G7) e le istituzioni da loro controllate (il Fondo monetario internazionale e le varie organizzazioni mondiali del commercio)». Chomsky ne spiega in dettaglio i perché sottolineando come questi poteri in realtà «non rappresentano le popolazioni», neanche negli stati che si definiscono tra i più democratici. I cittadini hanno sempre poca voce in capitolo sulle scelte politiche e si cerca di dargliene sempre meno.
La maggioranza dei cittadini è di fatto esclusa dal sistema politico mentre «l’esigua fascia che si trova al vertice di quella scala esercita un’influenza straordinaria». Inoltre per Chomsky le politiche governative sono ampiamente prevedibili. Basta dare un’occhiata ai finanziamenti destinati alle campagne elettorali per realizzare quale sarà la direzione dei provvedimenti, interni e internazionali. Studi di ricercatori in Usa, i cui dati sono riportati nel testo, sembrerebbero ampiamente confermare queste affermazioni.
Per Noam Chomsky il declino della democrazia in Europa non sembra molto diverso da quello americano. «Il processo decisionale sui temi di maggiore rilevanza si è spostato nelle mani delle burocrazie di Bruxelles e dei poteri finanziari che esse in larga misura rappresentano».
Uno degli esempi più eclatanti è stata, per l’autore, la reazione «furibonda» al referendum in Grecia del luglio 2015: «era inaccettabile l’idea che il popolo greco potesse dire la sua sulle sorti della sua società, fatta a pezzi dalle disumane misure di austerity della troika». Un atteggiamento che ha manifestato tutto lo «sfregio della democrazia» da parte di una classe politica “democratica” che dovrebbe essere al servizio dei cittadini.
In Chi sono i padroni del mondo Chomsky si sofferma a lungo sulla questione del terrorismo, sulla definizione di terrorista, sulle «responsabilità degli intellettuali», sui vari accadimenti, sulle guerre e soprattutto sugli «interventi umanitari» che si rivelano da sempre una «catastrofe per i presunti beneficiari».
Lo stemma della Colonia di Massachusetts Bay raffigurava un indiano con una pergamena che gli fuoriusciva dalla bocca e sulla quale c’era scritto: «Venite ad aiutarci». Nella versione distorta e faziosa della realtà quindi «i coloni britannici erano dei benefattori che hanno risposto all’appello dei poveri nativi per essere salvati dal loro destino amaro e pagano». Uno stemma che sintetizza alla perfezione «l’ideale americano» secondo cui ancora oggi gli “eletti” sono chiamati a intervenire in ogni angolo del pianeta per “salvare” nativi, pagani… secondo una visione del mondo ben diversa da quella reale.
Il “mondo” di cui parlano sempre i «padroni dell’universo» è in realtà cosa differente dal “mondo reale” e sta a indicare «la classe politica di Washington e di Londra (e chiunque sia d’accordo con loro)», in quanto se l’espressione “il mondo” «si applicasse davvero al mondo intero, anche altri potrebbero ambire al premio di criminale più odiato».
Nel maggio del 2011, su volere di Obama, sono stati inviati in Pakistan 69 incursori delle forze speciali, «per portare a termine l’assassinio, palesemente premeditato, dell’indiziato numero uno degli orrori dell’11 settembre, Osama bin Laden». I militari americani hanno colpito un bersaglio disarmato e privo di scorta, senza valutare neanche per un momento l’opzione di catturarlo per poi processarlo, come invece è stato fatto per i criminali di guerra nazisti, e tentare almeno di farlo “parlare”. Un’uccisione, per cui non è stato ritenuto necessario effettuare l’autopsia, definita dalla stampa, da quella parte almeno che Chomsky definisce “intellettuali responsabili”, «azione giusta e necessaria».
Ciò su cui l’autore invita a riflettere è il nome attribuito all’operazione: Geronimo, e si chiede perché Obama abbia voluto, consciamente o inconsciamente, «identificare Bin Laden con il capo apache che aveva guidato la coraggiosa resistenza del suo popolo contro gli invasori».
Quella scelta ricorda molto la superficialità e la leggerezza con cui «battezziamo le nostre armi letali con i nomi delle vittime dei nostri crimini: Apache, Blackhawk, Cheyenne». Un qualcosa che passa del tutto in sottotono ma immaginiamo le reazioni, di sicuro più forti, se «la Luftwaffe avesse chiamato i suoi caccia Ebreo o Zingaro».
Sempre con riferimento agli “intellettuali responsabili”, ovvero giornalisti storici critici che mentono sapendo di mentire, dimenticando le loro reali responsabilità nei confronti dei lettori per diventare degli sfacciati «apologeti dei misfatti americani e israeliani», Chomsky sottolinea più volte come questi siano giunti anche ad affermare che «mentre gli arabi ammazzano i civili di proposito, Stati Uniti e Israele, essendo società democratiche, non lo fanno intenzionalmente».
Come consueto l’autore riporta svariati esempi a supporto delle sue considerazioni, azioni similari che ricevono una interpretazione differente e di conseguenza il pubblico ne avrà una percezione diametralmente opposta.
In base a tutto ciò Chomsky invita il suo lettore ad «assumere la prospettiva del mondo reale» e chiedersi chi realmente siano i «criminali che vogliono la fine del mondo».
Il libro di Noam Chomsky è una lettura abbastanza impegnativa. Oltre trecento pagine di una rivisitazione storica secondo una chiave di lettura che non lascia molto spazio al fraintendimento e alla edulcorazione della realtà dei fatti, scritte tuttavia con uno stile che cerca di essere più semplice e chiaro possibile, accessibile a tutti coloro vogliano quantomeno provare a riflettere e mettere in discussione la ‘versione ufficiale’ della Storia e chiedersi, insieme all’autore, chi governa il mondo e, soprattutto, secondo quali principi e valori lo fa.
http://www.sulromanzo.it/blog/chi-sono-i-padroni-del-mondo-il-lato-oscuro-delle-potenze-democratiche-nell-analisi-di-noam-cho
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