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Valerio De Cesaris e Marco Impagliazzo si occupano da anni del tema, con tutto il carico emotivo che ne deriva, e hanno deciso di raccogliere dati, analisi e riflessioni nel libro edito da Guerini e Associati a giugno di quest’anno: L’immigrazione in Italia da Jerry Masslo a oggi.

La scelta del titolo naturalmente non è casuale. Vuole fin da subito portare o riportare la mente del lettore ai tragici fatti dell’agosto del 1989, allorquando gli italiani non poterono più nascondere di non essere né migliori né diversi dagli altri. Un episodio grave, gravissimo, aveva costretto tutti a fare i conti con la propria coscienza.

Non si poteva più fingere di non sapere chi in realtà fossero le persone che si occupavano della raccolta del cibo che quotidianamente confluiva sulle tavole dei cittadini italiani e, soprattutto, il triste grado di sfruttamento cui erano sottoposte.

Lo spirito di sdegno che si elevò subito dopo l’uccisione di Jerry Masslo poteva anche lasciare adito a sentimenti di speranza affinché le cose cambiassero e, quanto accaduto, non si ripetesse mai più.

Speranze. Vane.

Basta leggere i dati delle indagini, delle inchieste e dei reportage per realizzare quanto lunga sia invece la strada ancora da percorrere.

Marco Omizzolo, nella sua inchiesta diventata un libro1, ricorda che in Europa sono circa 880mila i lavoratori costretti a varie forme di subordinazione e ricatto e che negli 80 distretti agricoli italiani sono presenti, tranne rare eccezioni, condizioni di lavoro, di alloggio e sanitarie in costante violazione dei diritti umani.

Ma sono in tanti a pensare che, in fondo, se le condizioni non gli stanno bene questi lavoratori se ne possono anche ritornare da dove sono venuti.

Già da dove sono venuti.

Jerry Masslo era originario dello stesso bantustan di Nelson Mandela ed era fuggito da un Sudafrica in piena apartheid a soli 29 anni. Prima di intraprendere il lungo viaggio verso l’Europa, aveva portato sua moglie e due figli nello Zambia, perché ritenuto luogo più sicuro. Un altro suo figlio era stato ucciso da una pallottola vagante durante una manifestazione per i diritti dei neri. Il suo sogno era riuscire a raggiungere il Canada e ricongiungersi con il resto dei famigliari.

Il lavoro nei campi a Villa Literno, dove è stato poi ucciso, era una necessità. Non un piacere o una scelta.

Ma tutto questo, ovvero le esistenze che ci sono dietri i numeri di cui tanto si parla, ancora oggi, molto spesso, si preferisce ignorarle. Meglio disumanizzarle rendendole meramente cifre, numeri, statistiche, problemi o emergenze da affrontare. Solo che così facendo a disumanizzarsi non sono loro.

La verità è che ha ragione Marco Aime quando scrive che è triste, in un terzo millennio già avanzato, doversi ancora occupare di razzismo2.

Nonostante l’evidenza dei fatti, tutt’ora si continua ad affrontare il tema delle migrazioni come fosse un’emergenza, un problema la cui soluzione va ricercata in accordi e trattative più o meno lecite che poco o nulla tengono in considerazione le vite, le esistenze dei migranti stessi. Lo scopo molto spesso è accontentare l’elettorato o peggio guadagnarci qualcosa.

Secondo Iain Chambers, il razzismo non è una semplice patologia individuale o di gruppo, ma una struttura di potere che continua a generare la gerarchizzazione del mondo3.

Il testo curato da De Cesaris e Impagliazzo si compone di numerosi contributi, nei quali i rispettivi autori trattano il tema dell’immigrazione da varie angolazioni che vanno dall’aspetto umano e sociologico a quello politico e geopolitico e, pur essendo una pluralità di voci, ben sembrano armonizzarsi tra di loro regalando al lettore una interessante e riflessiva lettura.

1Marco Omizzolo, Sotto padrone. Uomini, donne e caporali nell’agromafia italiana, Milano, Fondazione Giangiacomo Feltrinelli, 2019

2Marco Aime, Classificare, separare, escludere. Razzismi e identità, Torino, Giulio Einaudi Editore, 2020

© 2020, Irma Loredana Galgano. Ai sensi della legge 633/41 è vietata la riproduzione totale e/o parziale dei testi contenuti in questo sito salvo ne vengano espressamente indicate la fonte irmaloredanagalgano.it) e l’autrice (Irma Loredana Galgano).

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