Bruciare i libri – Burning the books è il titolo che Richard Ovenden, bibliotecario alla Bodleian Library dell’Università di Oxford, sceglie per il suo libro. Un’espressione che fa inorridire tutti i cultori del sapere e della conoscenza. Un’immagine che rimanda a uno scempio enorme compiuto, materialmente, in diverse occasioni e, letteralmente, ogni qual volta si sceglie di tagliare fondi alle istituzioni (enti, fondazioni, biblioteche, archivi) che questo sapere sono preposte a conservare.
È molto d’impatto rievocare i roghi di libri appiccati dai sostenitori del regime nazista a Berlino il 10 maggio 1933. Anche l’autore lo fa. Anzi è proprio con queste immagini che apre il suo resoconto. Ma è egli stesso a invitare e invogliare il lettore a scavare più a fondo perché gli attacchi incendiari a sapere e conoscenza sono ormai all’ordine del giorno. Metaforicamente parlando, si intende.
Biblioteche e archivi sono costantemente sotto attacco, apparentemente per i loro enormi costi a fronte della loro ormai palese inutilità, a maggior ragione ora che siamo nell’era digitale. E, man mano che viene protratto e incrementato questo pubblico discredito, vengono diminuiti i fondi e i finanziamenti.
Ma siamo davvero così certi che archivi e biblioteche non servano più?
Il declino continuo delle risorse per archivi e biblioteche è affiancato dall’ascesa delle grandi aziende tecnologiche che hanno di fatto privatizzato l’archiviazione e la trasmissione delle informazioni in forma digitale, trasferendo all’ambito commerciale alcune funzioni delle biblioteche e degli archivi pubblici. Queste aziende hanno obiettivi ben diversi rispetto alle istituzioni che tradizionalmente mettevano la conoscenza a disposizione della società.
Ovenden sottolinea come, proprio nel momento in cui i finanziamenti pubblici alle biblioteche sono ridotti al minimo, si scopre che anche le istituzioni democratiche, lo stato di diritto e le società aperte sono in pericolo. E non è un discorso riconducibile solo alle dittature del Novecento e a quelle ritenute lontane dalle società occidentali. Si tratta invece di un pericolo reale anche in quelle società che si sentono al sicuro, protette dalla corazza della democrazia, ignorando o dimenticando che questa non è immutabile o inviolabile, essendo al contrario molto fragile e vulnerabile.
Basti a ciò pensare che i libri e il materiale archivistico sono ritenuti importanti non solo da coloro che desiderano proteggere il sapere, ma anche da chi vuole distruggerlo.
La vita moderna predilige sempre più ciò che si svolge in tempi rapidi. Gli investitori cercano guadagni istantanei, e le transazioni finanziarie sono tanto automatizzate che in borsa ogni ora se ne concludono miliardi. Mentre, sottolinea Ovenden, la memoria dell’umanità, il sapere creato in tutte le sue innumerevoli forme, dalla tavoletta di argilla alle informazioni digitali, non si limitano mai agli obiettivi immediati.
Distruggere il sapere è certamente più economico, facile e comodo rispetto al doverlo analizzare, catalogare, salvaguardare e rendere fruibile, ma se anteponiamo la comodità e l’economicità al sapere stesso, ci avviamo sicuramente verso una società meno capace di distinguere il vero dal falso.
Alla questione del perché sia necessario preservare archivi e biblioteche, Ovenden risponde con cinque punti precisi:
- Facilitano l’istruzione dell’intera società e di sottogruppi specifici.
- Forniscono un insieme eterogeneo di idee e di conoscenze.
- Contribuiscono al benessere dei cittadini e al rispetto dei principi delle società aperte, proteggendo i diritti essenziali e favorendo l’integrità di chi prende le decisioni.
- Forniscono un punto di riferimento fisso e permettono di riconoscere verità e menzogne grazie alla trasparenza, alle verifiche, alle citazioni e alla riproducibilità.
- Contribuiscono a rafforzare le identità storiche e culturali della società, conservandone la documentazione scritta.
Chi non percepisce la necessità di preservare la conoscenza e i luoghi in cui essa viene custodita con ogni probabilità non comprenderà neanche l’importanza di una testimonianza come quella di Richard Ovenden. E non riterrà opportuno né doveroso riflettere, tra l’altro, sulla profondità della definizione formulata da Michel Melot: «la biblioteca è una macchina per trasformare la convinzione in conoscenza. La credulità in sapere».
Ed è proprio perché sono in tanti a non percepire l’importanza di tutto ciò che bisogna lottare ancora più strenuamente per preservarlo.
Bibliografia di riferimento
Richard Ovenden, Bruciare i libri. La cultura sotto attacco: una storia millenaria, Solferino, Milano, 2021.
Titolo originale: Burning the Books. A History of Knowledge Under Attack.
Traduzione di Luisa Boplicher e Daniele A. Gewurz.
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Disclosure: Per le immagini, esclusa l’immagine della copertina, credits www.pixabay.com
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