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La scienza ha sempre ragione? No.

E allora perché fidarsi della scienza?

La domanda, soprattutto di recente, in tanti se la sono posta. Molti, purtroppo, hanno trovato una facile risposta avallando le tesi di coloro che Oreskes chiama «mercanti di dubbi». Ovvero coloro i quali portano avanti, con ogni mezzo, la strategia di creare l’impressione che la scienza coinvolta nelle varie questioni sia instabile e che i relativi temi scientifici rimangano giustamente oggetto di contestazione. 

Per farlo si ricorre spesso, anche in Italia accade, all’attacco personale rivolto a scienziati ed esperti, spostando in questo modo in secondo piano la scoperta o il lavoro scientifico. Un lavoro che può non essere perfetto, certo, ma che viene comunque sempre sottoposto a rigide e ripetute revisioni e condiviso all’interno di una comunità, quella scientifica appunto, dove dati, teorie, ipotesi, tesi e conclusioni vengono sviscerate e analizzate, controllate, criticate, condivise o rigettate. Il tutto poi va avanti, in genere, per lunghi e articolati periodi di tempo. 

Ma questo sembra non interessare i mercanti di dubbi, come anche i loro seguaci. A volte basta un commento sarcastico sull’esperto o sullo scienziato che ha avanzato una tesi più o meno distante dal mainstream affinché il tutto diventi e ingeneri solo una gran confusione.

È strumentale, voluto e pianificato: screditare gli scienziati per screditare la scienza

Come si può fidarsi di uno scienziato quando si ritiene di averlo facilmente e pubblicamente smentito? Oppure quando viene dimostrato che ha commesso un errore? Che ne ha commessi più d’uno?

Per Naomi Oreskes il problema è di facile soluzione: non bisogna fidarsi. Non bisogna mai fidarsi del singolo scienziato o esperto in maniera incondizionata. Proprio perché può sbagliare, oppure agire per interesse. Può succedere. E allora che fare? Anche per questo serve il curriculum e la valutazione dello stesso, oltre tutti i lavori svolti e i risultati ottenuti. 

Il punto focale è che la fiducia non deve essere riposta negli scienziati presi singolarmente ma nella scienza in quanto processo sociale, proprio perché garantisce il suo consenso solo dopo aver sottoposto le proprie tesi a uno scrutinio rigoroso e plurale. Perché anche nel momento di maggiore diffusione delle tesi più assurde e bizzarre, esisteva ed esiste una comunità scientifica che non offriva e non offre il suo consenso, mettendo in evidenza gli aspetti ideologici e gli interessi nascosti che si celano dietro quei risultati.

Perché dovremmo credere agli scienziati quando i nostri politici non lo fanno? È un altro degli interrogativi ricorrenti. Per rispondere a esso bisogna concentrarsi sui motivi per cui queste diverse categorie (scienziati e politici) svolgono il proprio lavoro, sullo scopo che vogliono raggiungere e gli interessi che devono perseguire. Per Oreskes non bisogna mai controbattere perché così facendo si finisce per ammettere che la contestazione esiste, è reale. Non bisogna mai rispondere al fuoco con il fuoco. Piuttosto spostare i termini del dibattito. E un modo utile per farlo è mettere in luce le motivazioni ideologiche ed economiche che spingono a negare la scienza, per dimostrare che quelle obiezioni non sono scientifiche, ma politiche. 

Più di una volta in Italia, nel corso della pandemia da Covid-19, ci si è trovati difronte all’apparente paradosso della incongruenza tra le conclusioni o le procedure suggerite da medici, virologi, scienziati e comitato tecnico scientifico e quelle che poi in realtà sono state le decisioni prese dai governi, quello precedente presieduto da Giuseppe Conte e quello attuale, presieduto da Mario Draghi. 

Il motivo di fondo alla base della distanza, per molti versi incolmabile, tra le opposte posizioni non è altro che da ricercarsi nel motivo che spinge quelle scelte. 

Ciò però, spesso, ingenera confusione nei cittadini. Come il tanto famigerato Certificato Verde – Green Pass. Che è una misura politica appunto, non un provvedimento sanitario di contenimento del virus. Questo per fare solo uno dei tanti esempi possibili.

La superiore affidabilità delle tesi scientifiche deriva, nella sua visione, dal processo sociale che le produce. Un processo che non è perfetto certo, come non lo è il metodo utilizzato (il metodo scientifico appunto). È necessario invece, sottolinea l’autrice, dare una immagine della scienza come attività comunitaria di esperti, che impiegano metodi diversi per raccogliere evidenza empirica e passano al vaglio le conclusioni che ne traggono. 

Con margini di errore certo, come qualsiasi altra attività umana, ma un’attività portata avanti con determinazione, conoscenza, competenza e abnegazione. Altrimenti non si riuscirebbero a spiegare i progressi, i successi, le scoperte, le invenzioni e le innovazioni… nonostante tutto.

Il libro

Naomi Oreskes, Perché fidarsi della scienza?, Bollati Boringhieri Editore, Torino, 2021.

Titolo originale: Why trust science?, Princeton University Press, Princeton – NJ, 2019.

Traduzione di Bianca Bertola.

L’autrice

Naomi Oreskes insegna Storia della Scienza e Scienze della Terra all’Università di Harvard. 

Ha lavorato come consulente per la United States Environmental Protection Agency e la US National Academy of Sciences. 

È nei consigli di amministrazione del National Center for Science Education e del Climate Science Legal Defense Fund.


Articolo disponibile anche qui


Source: Si ringrazia l’Ufficio Stampa di Bollati Boringhieri Editore per la disponibilità e il materiale

Disclosure: Per le immagini, tranne la copertina del libro, credits www.pixabay.com


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