Tag

, , , ,

“Lo sguardo del giaguaro. Introduzione al prospettivismo amerindio” di Eduardo Viveiros De Castro

Se ogni cosa, nello stesso momento, può essere e non essere una persona, come poter stabilire i confini dell’antropologia?

Ecco l’importante quesito antropologico che accompagna le pagine del libro di Eduardo Viveiros De Castro, un libro nel quale egli affronta i nodi principali del proprio pensiero e che aiuta il lettore, anche laddove fosse a digiuno di nozioni e conoscenze antropologiche ed etnografiche, a “entrare” nel mondo da sempre etichettato indistintamente come indigeno.

Un universo che, invece, ha al suo interno una infinità di popoli, etnie, culture differenti e uniche. 

Aiuta a conoscere le loro usanze ma, soprattutto la loro spiritualità e, cosa ancor più importante, racconta nel dettaglio le evoluzioni compiute dagli studiosi i quali, partiti carichi di nozioni e aspettative ben precise, hanno poi dovuto fare i conti con la realtà dei vari luoghi e dei differenti popoli incontrati.

Al lettore sembra quasi che essi siano partiti con un film in bianco e nero proiettato dinanzi agli occhi e abbiano poi ben presto realizzato di trovarsi dinanzi a una tale varietà di colori da poterne restare quasi abbagliati. 

Gli europei, soprattutto all’inizio delle loro esplorazioni, si sono “scontrati” con situazioni, eventi, tradizioni, usanze, religioni apparse loro malvagie, incomprensibili, selvagge. 

Ciò che per una cultura è incomprensibile, per un’altra può rappresentare un pilastro fondamentale. Comprendere e rispettare la diversità è l’unica strada percorribile e lo si può fare solo con la conoscenza. 

Per noi europei la condizione generica è sempre stata l’animalità: tutti sono animali, solo che alcuni (esseri, speci) sono più animali di altri. Noi umani siamo ovviamente i meno animali di tutti. Dal nostro punto di vista.

Nelle mitologie indigene, al contrario, sono tutti umani, solo che alcuni di questi umani lo sono meno di altri. Invece della teoria evolutiva (lato sensu), la quale afferma che gli esseri umani sono degli umani che hanno guadagnato qualcosa, per gli amerindi, ad esempio, gli animali sono esseri umani che hanno perso qualcosa. Tutti gli animali hanno un’anima antropomorfa: il loro copro, in realtà, è una specie di abbigliamento che nasconde una forma fondamentalmente umana (con un’anima).

Noi occidentali invece pensiamo di indossare vestiti che nascondano una forma essenzialmente animale. Sappiamo che, quando siamo nudi, siamo tutti animali. Gli istinti, dietro gli strati di questa vernice che chiamiamo cultura, costituiscono il nostro sfondo animale, primate, mammifero.

Nascondere il proprio istinto animale e modificare la diversità. Questi sembrano essere stati obiettivi largamente condivisi da europei e occidentali in generale. Secondo una filosofia, largamente condivisa anche dalla legislazione brasiliana, in base alla quale tutti gli indigeni presenti erano “ancora” tali, nel senso che un giorno avrebbero smesso di esserlo, perché necessario. E bisogna ammettere, purtroppo, che tale modo di vedere è stato e in parte lo è ancora, ampiamente condiviso nelle varie parti del mondo riguardo le tante civiltà precolombiane. 

Attraverso una serie di dialoghi e interviste – che poi sono essenzialmente articoli accademici in un formato dialogico e in un linguaggio leggermente meno formale -, Lo sguardo del giaguaro mostra al lettore come, sostanzialmente, l’antropologia non ha tanto un oggetto di studio quanto un metodo, cioè soggettivare: più si è in grado di attribuire intenzionalità a un oggetto, più lo si conosce. 

Leggendo il libro di Eduardo Viveiros De Castro si è fortemente incoraggiati dalla visione che ne emerge riguardo l’antropologia e il diritto internazionale che possono rappresentare utili strumenti in favore dei popoli indigeni, non solo contro di essi. 

In Brasile, ad esempio, si è passati dalla figura individuale dell’indigeno alla figura collettiva della comunità indigena come soggetto di diritto. Con un peso quindi esponenzialmente accresciuto.

Il percorso certo è ancora lungo prima che si possa parlare se non proprio di parità almeno di equità. E il prospettivismo è anche un dispositivo che permette di mettere etnograficamente in discussione l’opinione comune secondo cui tutti i popoli credono di essere il centro del mondo. 

La nostra cultura pone l’Io come anteriore all’Altro e l’Altro come posizione derivata. Nel mondo indigeno accade molto spesso il contrario. 

Là dove noi vediamo l’umano come una cosa speciale, una sostanza che interviene nell’ordine della creazione, con una posizione privilegiata all’interno dell’universo, gli indigeni vedono l’umano come il punto di partenza. 

Invece del nostro pensiero che pensa quello indigeno si inizia a intravedere il pensiero indigeno che pensa il nostro, in una sorta di antropologia all’incontrario. Roy Wagner è stato il primo a pensarlo e il prospettivismo è un concreto modo per farlo.

Quasi superfluo sembra dire quanto importante sia il lavoro di Viveiros De Castro e dei tanti studiosi contributor diretti e indiretti del libro. Quanto grande sia la “prospettiva” che si apre al lettore grazie alle loro ricerche e riflessioni. Ed ecco che anche al lettore, al pari dei primi studiosi partiti avendo dinanzi agli occhi solo il bianco e il nero, si apre un universo di colori prima inimmaginabile oppure solo sperato. 

Il libro

Eduardo Viveiros De Castro, Lo sguardo del giaguaro. Introduzione al prospettivismo amerindio, Meltemi Editore, Milano, 2023.

Traduzione di Cecilia Tamplenizza.

Titolo originale: La mirada del jaguar. Introducción al perspectivismo amerindio.

L’autore

Eduardo Viveiros De Castro: antropologo brasiliano e etnologo americanista. Professore al Museu Nacional (l’Università Federale di Rio de Janeiro). È stato direttore di ricerca presso il CNRS in Francia e Simón Bolivar Professor of Latin American Studies presso l’Università di Cambridge. 


Articolo pubblicato su Leggere:Tutti


Source: Si ringrazia l’Ufficio Stampa di Meltemi Editore per la disponibilità e il materiale.

Disclosure: Per le immagini, tranne la copertina del libro, credits www.pixabay.com


LEGGI ANCHE

“La città polifonica”, il saggio sull’antropologia della comunicazione urbana di Massimo Canovacci (Rogas, 2018)

È mai davvero esistita la fine del colonialismo? “La situazione coloniale e altri saggi” di Georges Balandier (Meltemi, 2022)

Ognuno guarda il mondo convinto di esserne il centro: Razzismi e Identità. “Classificare, Separare, Escludere” di Marco Aime (Einaudi, 2020)

Perché abbiamo lasciato che ‘i nostri simili’ diventassero semplicemente ‘altri’? “Somiglianze. Una via per la convivenza” di Francesco Remotti (Editori Laterza, 2019)


© 2023, Irma Loredana Galgano. Ai sensi della legge 633/41 è vietata la riproduzione totale e/o parziale dei testi contenuti in questo sito salvo ne vengano espressamente indicate la fonte irmaloredanagalgano.it) e l’autrice (Irma Loredana Galgano).

Condividi