L’arte è libera perché permette di indagare ogni aspetto dell’essere umano. L’arte è libertà perché permette di vivere una vita lontano dai condizionamenti. Per Flaiano l’arte è un modo per riappropriarsi della vita.
“L’arte è libertà: di creare, di pensare. Libertà dai condizionamenti. Risiede in questa attitudine il suo potenziale rivoluzionario: e non è un caso che i regimi autoritari guardino con sospetto agli artisti e vigilino su di loro con spasmodica attenzione, spiandoli, censurandoli, persino incarcerandoli. Le dittature cercano in tutti i modi di promuovere un’arte e una cultura di Stato, che non sono altro che un’arte e una cultura fittizia, di regime, che premia il servilismo dei cantori ufficiali e punisce e reprime gli artisti autentici.” Importanti e profonde le parole del presidente Mattarella pronunciate durante il discorso al Quirinale dell’8 marzo.
L’opera d’arte è il prodotto di quell’attività umana che esprime lo spirituale nella concretezza sensibile della materia e genera, in questo modo, l’unione esteriore di concetto e natura che Hegel individua come arte bella e chiama ideale estetico.
“È affare dell’arte presentare anche esteriormente la manifestazione della vitalità e principalmente della vitalità spirituale nella sua libertà, render conforme al concetto la manifestazione sensibile, ricondurre l’indigenza della natura, il fenomeno, alla verità, al concetto” (Hotho, 1823).
L’opera d’arte, l’ideale dell’arte come unione di spirito e natura, manifesta attraverso la concretezza esteriore la vitalità dello spirito “nella sua libertà” e si tratta proprio di capire quali caratteristiche costituiscano una simile libertà. L’opera d’arte è, per chi la produce e per chi ne fruisce, fonte di liberazione. Essa sembra produrre quella quiete, per lo meno interiore, che emancipa lo spirito da uno stato di minorità. La coincidenza tra l’arte particolare più libera, ovvero la poesia, e l’epoca romantica trova una propria sintesi nell’individuazione del contenuto fondamentale della rappresentazione artistica in età moderna, ovvero l’essere umano in quanto tale, in tutta la molteplicità dei tratti del suo carattere. Questa delimitazione, a conti fatti, si traduce in un ampliamento della materia a disposizione dell’artista (Campana, 2017).
Tra gli “artisti” italiani che più hanno saputo indagare l’essere umano va per certo annoverato Ennio Flaiano. Da un punto di vista minoritario ed esterno, egli osserva quell’insieme di contraddizioni storiche e psicologiche che è l’Italia, non solo quella del benessere, e quell’individuo che è l’italiano, comico nella sua indefinibilità e unico nel suo sentirsi fuori casa ovunque, anche in casa propria (Torre, 2021).
“Crediamo soltanto nei fenomeni soprannaturali, cioè nel teatro, che è un’esistenza più vera della vita quotidiana. Al presente crediamo tanto poco da viverlo anni e anni in una continua impazienza.” Il teatro, per Flaiano, è un luogo dove si saggia, in un complesso gioco di simulazione, un’ipotesi di società e di linguaggio. “Ho imparato che il teatro è tutto meno che spettacolo, è parola, attesa, speranza, un’altra ipotesi di noi stessi.” Il suo è stato per certo un teatro tascabile, anche perché ha sempre voluto rompere le tasche dei bacchettoni e dei conformisti, attraverso un acuto spirito satirico che critichi della società i miti e i costumi, le nevrosi e le abitudini, e cerchi di “rendere disperata una situazione, sottolineandone il lato comico.”
Articolo pubblicato sul munero di maggio 2024 della Rivista cartacea Leggere:Tutti
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