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Il legame tra uomo e albero, tra uomo e foresta, è sempre stato strettissimo. Da essa egli ha ricavato il sostentamento vitale che non si è mai ridotto alla mera nutrizione. La forza di questo legame si trova nella grande spiritualità che lo caratterizza.

Uomo e albero è una correlazione primaria della civiltà. Nel sistema antropologico e mitologico del secolo scorso, come in quello simbolistico attuale, le piante hanno la stessa valenza delle pietre e degli animali. Nella storia religiosa europea il culto degli alberi ha avuto una parte importante. Nulla di più naturale, poiché agli albori della storia l’Europa era coperta di una immensa foresta primigenia, dove le sparse radure devono essere sembrate delle isolette in un oceano di verde. Gli scavi di antichi villaggi di palafitte nella valle del Po hanno mostrato che molto tempo prima del sorgere e probabilmente della fondazione di Roma, il Nord dell’Italia era tutto coperto di di fitte selve di olmi e di castagni e specialmente di querce (J.G. Frazer, Il ramo d’oro, Einaudi, 1950). L’esistenza di boschi sacri e la sacralità di boschi naturali, prima che venisse instaurato il culto degli dei, è attestata presso i popoli antichi. La letteratura medievale romanza e germanica è piena di tradizioni legate a culti dell’albero trasmessi dall’antichità etnologica e storica, che acquistano significati nuovi (G.B. Bronzini, 1993). Si pensi a Dante pellegrino nell’aldilà che sentì ribellarsi con voce umana il pruno da cui tolse soltanto un ramoscello. (Inf. XIII, vv. 31-33). La stessa selva nera fitta e oscura in cui Dante si ritrova sperduto è un campione reale, prima che simbolico e allegorico, delle molte foreste che occupavano l’Europa alto-medievale.
La foresta ha sempre rappresentato per le comunità umane un’importante fonte di risorse da cui ricavare cibo e acqua essenziali per la sopravvivenza, piante e funghi medicinali con cui curare le malattie, così come legno e altri materiali da costruzione. L’importanza della foresta, però, non si esaurisce nella mera dimensione materiale legata al sostentamento degli individui, ma abbraccia anche la componente spirituale. Questo è probabilmente il motivo per cui numerosi rituali associati a una iniziativa religiosa, a elementi taumaturgici o a una comunione con l’universo, sono tradizionalmente praticati in luoghi particolari situati nel cuore di una foresta, come dimostrano gli studi condotti nelle regioni più disparate del globo: dalla Siberia all’Amazzonia (S.V. Beyer, Singing to the Plants: A Guide to Mestizo Shamanism in the Upper Amazon, UNM Press, 2010; G. Harvey, The Handbook of Contemporary Animism, Acumen Publishing, 2014). I ritrovamenti di reperti preistorici sull’Appennino hanno da tempo confermato la presenza di attività umana nelle foreste di queste montagne sin dall’antichità.
Tra gli archetipi – simboli arcaici e universali dell’inconscio collettivo, ben radicati nella psiche di qualunque essere umano, a prescindere dalla specifica estrazione, etnia o retroterra culturale – vi è quello della foresta, che rappresenta il mistero e la trasformazione. Lo stretto legame dell’uomo con la foresta e i benefici psicofisici che ne derivano si possono leggere nella cornice della cosiddetta “biofilia”, ovvero dell’attrazione istintiva che l’uomo prova per la natura e le altre forme di vita. (M. Antonelli, D. Donelli, F. Firenzuoli, S. Nardini, L’uomo e la foresta: le radici lontane di un rapporto naturale in “Terapia Forestale”, CNR Edizioni, 2020). Un’immagine aulica che rimanda alla lirica dannunziana, alle sensazioni prodotte dalla pioggia che cade intensamente sulla pineta in cui si sono introdotti il poeta ed Ermione, i quali, purificati dall’acqua piovana e inebriati dai suoni e dalla musicalità della stessa, sembrano immergersi progressivamente nella natura divenendo parte di essa (G. D’Annunzio, La pioggia nel pineto, 1902).
Articolo pubblicato sul numero di giugno 2024 della rivista cartacea Leggere:Tutti
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