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Fenomeni meteorologici sempre più estremi e governi sempre più divisi e impotenti contro il pericolo che aleggia sul destino dell’umanità. Diluvio di Stephen Markley indaga a fondo la crisi ecologica che è già realtà.

Sulle montagne del Wyoming, Kate Morris, una giovane attivista, dà vita a un progetto che potrebbe cambiare il corso della storia mentre la politica rimane impantanata nei suoi riti stanchi. Intorno a lei, le vita, le speranze e l’impegno di un climatologo, un giovane sbandato e un gruppo di ecoterroristi.

L’approccio costruttivista ha enfatizzato i mutamenti culturali avvenuti nella percezione della sicurezza e del rischio o nella fiducia nel progresso tecnologico. Da una prospettiva realista-materialista, invece, l’accresciuta centralità dei disastri è stata connessa all’intensificarsi di processi economici i cui impatti ecologico-materiali hanno aumentato la vulnerabilità di intere popolazioni e territori. C’è un’accresciuta possibilità di eventi “improbabili” ma dalle conseguenze potenzialmente catastrofiche (i cosiddetti “cigni neri”) o di raggiungere i tipping point – punti di svolta , ovvero punti di accelerazione repentina di catastrofi o emergenze “lente” (L. Pellizzoni (a cura di), Introduzione all’ecologia politica, Il Mulino, Bologna, 2023).

Negli ultimi cinquanta anni, l’impatto economico degli eventi estremi si è moltiplicato a causa di un aumento sostanziale nei danni causati da ciascuno di questi disastri: alluvioni, tempeste, uragani, ondate di calore estreme, incendi, frane. Si stima che rispetto all’anno precedente, il costo di ogni evento catastrofico tra il 5% dei più dannosi aumenti di circa 5 milioni di dollari (Sant’Anna Magazine, 2021). 

Markley immagina un mondo nel quale uno sparuto gruppo di cittadini dimostra l’importanza della capacità di credere nella natura e nelle abilità dell’essere umano il quale, contrariamente a tutte le altre specie di animali, non ha un habitat proprio, tuttavia, pur privo di un suo habitat specifico, ha fatto di qualsiasi ambiente il suo ambiente (M.T. Pansera, Natura e Cultura in Arnold Gehlen, in Il Tema di B@bel, RomaTre Press, 2020). Ed è proprio in questa sua capacità di adattamento che, forse, l’uomo deve ricercare e ritrovare la capacità di sopravvivenza, di sé stesso e dell’ambiente scelto per vivere. 

Se si accetta la tassonomia luhmanniana, attributiva e costruttivistica, allora è evidente come la nostra epoca si caratterizzi per due fenomeni: lo spostamento progressivo dal pericolo al rischio e l’aumento oggettivo delle situazioni di danno potenziale e di incertezza. Nella società attuale l’accrescimento delle capacità tecniche e scientifiche consente un incremento della possibilità di decisione e quindi innesca un progressivo passaggio da una società del pericolo a una società del rischio. Per cui assumono grande rilevanza le scelte con cui vengono ripartiti rischi e possibilità decisionali tra i diversi attori sociali (R. Sibilio, Alcuni aspetti sociologici dei rischi ambientali: il caso Vesuvio, in Quaderni di Sociologia, 2001). 

Perché allora non vengono messe in campo tutte le risorse possibili e potenziali per preservare l’ambiente e i suoi abitanti? 

Questo sembra essere il quesito alla base del libro di Markley, un’epopea distopica sul cambiamento climatico che abbraccia un lungo arco temporale che va dal 2013 al 2030. Il romanzo è ambientato in Wyoming, nella parte occidentale degli Stati Uniti, caratterizzato da vaste pianure, dalle Montagne Rocciose e dal famosissimo Parco nazionale di Yellowstone, conosciuto come il Cowboy State, dove si contano più cervi che abitanti. Ed è proprio in questo stato che, simbolicamente, l’autore sceglie di ambientare la sua storia tutta incentrata sul tema della natura, dell’ambiente, dell’uomo e dei disastri generati dall’incuria di quest’ultimi e dalla forza dirompente della prima. Pur narrando di argomenti di stretta attualità, il taglio dato al romanzo da Markley rende i protagonisti sempre un po’ borderline, ai margini di una società che sembra rigettarli forse proprio per la loro resilienza, costanza e tenacia nel portare avanti un progetto di vita “globale”. 

La lotta per salvare e salvaguardare l’ambiente dalle minacce incombenti, dai cambiamenti estremi, dalle speculazioni e dall’inerzia, vera o presunta, della politica ha sempre ingenerato opinioni contrastanti tra chi ritiene i problemi e le minacce reali e chi invece le derubrica a mere contestazioni al sistema. Markley ha inserito nella sua storia anche una tra le figure più controverse in questo sistema: l’ecoterrorista

La criminalizzazione delle proteste non violente per il clima e il “talismano” del terrorismo finiscono per diventare una profezia che si autoadempie perché serrano in una morsa il dissenso legittimo e pacifico favorendo il ricorso a metodi più aggressivi e financo violenti. Anche per gli ambientalisti/animalisti può verificarsi quel processo di radicalizzazione che poggia sulla constatazione del fallimento dei metodi non violenti per raggiungere gli scopi prefissi, e alcuni studiosi affermano che recenti riscontri hanno mostrato la propensione a intraprendere azioni sempre più aggressive. I movimenti ambientalisti sono stati paragonati alle angurie: verdi fuori e rossi dentro. Che alcuni gruppi ambientalisti siano in contatto, e pure in accordo, con formazioni che invocano una maggiore giustizia sociale è dovuto alla constatazione che i più danneggiati dal disastro ambientale sono i meno abbienti, anche nel senso che i peggiori cataclismi si sono verificati nei paesi del sud del mondo. L’ecoterrorismo può essere indicato come una “criminalità” di tipo ideologico, motivata da ideali politici e di cambiamento sociale, ma difficilmente identificabile come movimento terroristico in senso stretto (I. Merzagora, G. Traviani, P. Caruso, Ecoterrorismo tra conoscenza e percezione sociale, Rassegna Italiana di Criminologia, 2024).

Già sul finire dell’Ottocento, le testimonianze di letterati come Giocosa e Ojetti, oltre a confermare i progressi dell’America moderna, introducono anche una serie di giudizi ostili, determinando una costante compresenza di mito e antimito, di sentimenti contrastanti che rispecchiano la faticosa ricerca di identità della società italiana, che, proprio nell’altro, il diverso, esplicita le proprie paure e le proprie speranze. I narratori americani, portando sulla scena temi e problemi propri delle classi subalterne con un linguaggio fortemente radicato nella parlata comune, sembrano instaurare la democrazia nella letteratura (Beniscelli, Marini, Surdich (a cura di), La Letteratura degli Italiani. Rotte Confini Passaggi, Associazione degli Italianisti, Genova, 2010). L’opera di Stephen Markley sembra il continuum contemporaneo di questo filone letterario.


Il libro

Stephen Markley, Diluvio, Einaudi, Torino, 2024. Traduzione di Manuela Francescon e Cristiana Mennella. Titolo originale: The Deluge.


Articolo pubblicato sul numero di dicembre 2024 della rivista cartacea Leggere:Tutti


Source: Si ringrazia l’Ufficio Stampa di Einaudi per la disponibilità, il materiale e l’invio preprint.

Disclosure: Per le immagini, tranne la copertina del libro, credits www.pixabay.com


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© 2024, Irma Loredana Galgano. Ai sensi della legge 633/41 è vietata la riproduzione totale e/o parziale dei testi contenuti in questo sito salvo ne vengano espressamente indicate la fonte irmaloredanagalgano.it) e l’autrice (Irma Loredana Galgano).

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