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Irma Loredana Galgano

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Trivelliamoci di nuove idee

09 sabato Apr 2016

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Nel decreto “Sblocca Italia” da cui ha origine la questione che andrà a valutarsi con il Referendum del 17 aprile si legge:
 
“le attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi e quelle di stoccaggio sotterraneo di gas naturale rivestono carattere di interesse strategico e sono di pubblica utilità, urgenti e indifferibili. I relativi titoli abilitativi comprendono pertanto la dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza dell’opera e l’apposizione del vincolo preordinato all’esproprio dei beni in essa compresi…” (art. 38).
 
E si legge inoltre, riguardo gli inceneritori:
 
“costituiscono infrastrutture e insediamenti strategici di preminente interesse nazionale, attuano un sistema integrato e moderno di gestione di rifiuti urbani e assimilati, garantiscono la sicurezza nazionale nell’autosufficienza, consentono di superare e prevenire ulteriori procedure di infrazione per mancata attuazione delle norme europee di settore e limitano il conferimento di rifiuti in discarica” (art. 35)
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Se è questo il “verso” del cambiamento e della rottamazione allora è la strada perfetta da percorrere. L’Italia facciamola diventare come la Basilicata che è il primo giacimento per grandezza del nostro Paese ma è anche la Regione più povera e più inquinata. Oppure si può chiedere un’opinione agli abitanti di Acerra e dei comuni limitrofi su come sia abitare vicino a “sistema integrato e moderno di gestione di rifiuti”.
Con il Referendum non si risolverà il problema e poco cambierà anche in caso di vittoria del sì ma ciò che conta è che si sottolineerà la direzione, il reale “verso” verso cui gli italiani vogliono indirizzare il loro Paese.

© 2016, Irma Loredana Galgano. Ai sensi della legge 633/41 è vietata la riproduzione totale e/o parziale dei testi contenuti in questo sito salvo ne vengano espressamente indicate la fonte irmaloredanagalgano.it) e l’autrice (Irma Loredana Galgano).

Hollywood e Silicon Valley per combattere l’Isis, la nuova strategia di Obama

27 sabato Feb 2016

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Hollywood e Silicon Valley per combattere l'Isis, la nuova strategia di Obama

Il presidente americano chiede supporto a Hollywood e Silicon Valley per mettere a punto un piano anti-propaganda. L’obiettivo è contrastare l’ascesa di popolarità e consenso dell’Isis sul web e nei social network. La strategia si baserebbe su una campagna alternativa fatta di messaggi positivi e ottimisti.

Contrattacco alle minacce ai social?

La notizia viene diffusa a poche ore dalla scoperta del video in cui il gruppo di hacker noto comeSons of the Caliphate Army sembra rivolgere le sue minacce direttamente ai fondatori di Facebook e Twitter, Mark Zuckerberg e Jack Dorsey, a causa dei ripetuti tentativi di contrastare l’Isis online chiudendo gli account sospetti. «Presto i vostri nomi spariranno dopo che avremo cancellato i vostri siti e, Allah volendo, saprete che quello che stiamo dicendo è la verità». Il gruppo rivendica di aver già hackerato oltre 10.000 account Facebook, 150 gruppi e 5.000 profili Twitter.

LEGGI ANCHE – La minaccia islamica, tra Isis e Iran. Intervista a Fiamma Nirestein

Il Madison Valleywood project

Il piano messo a punto da Obama prevede che ad affiancare Hollywood e Silicon Valley ci sia l’industria pubblicitaria americana, chiamata Madison Avenue. Con questa collaborazione ad ampio spettro si spera di evitare scontri e braccio di ferro tra le autorità e le società, oltre a prevenire nuove polemiche come quelle scatenatesi dopo la richiesta da parte delle autorità di sbloccare l’iPhone del killer di San Bernardino. Stando alle dichiarazioni del legale della Apple le autorità hanno chiesto lo sblocco di altri nove apparecchi telefonici e gruppi di manifestanti già fanno sentire la propria voce invocando il diritto e il rispetto della privacy.

LEGGI ANCHE – L’Isis, versione ultravioletta e macabra dell’Occidente. Intervista a Francesco Borgonovo

Lavorare di concerto per creare una sorta di mappa per i messaggi da veicolare e per strutturare la campagna online che dovrebbe partire entro i prossimi 100 giorni.

Insomma un serrato contrattacco che mira a combattere il nemico sfruttando le sue stesse armi e la medesima strategia. Idea tra l’altro che deve essere stata alla base dello sviluppo della propaganda stessa del Califfato: sfruttare i mezzi di comunicazione occidentali per diffondere le proprie ragioni, il proprio terrore e fare proselitismo. E ora l’Occidente parte all’attacco utilizzando ciò che l’Isis ha utilizzato…

http://www.sulromanzo.it/blog/hollywood-e-silicon-valley-per-combattere-l-isis-la-nuova-strategia-di-obama

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PROPOSTE PER CONTRASTARE LA DESERTIFICAZIONE DEMOGRAFICA A CALITRI

13 venerdì Mar 2015

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Programma Comune

24 martedì Feb 2015

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Siamo tutti fratelli…

10 sabato Gen 2015

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Nelle ultime 60 ore non solo gli organi di stampa ma anche la gran parte delle persone non ha fatto che ascoltare, raccontare, commentare, criticare quanto accaduto a Parigi nella sede del settimanale satirico “Charlie Hebdo”. Parole di sconforto ma anche parole forti, commenti ragionati e attacchi a oltranza. Tutto, si è sentito e letto di tutto e numerose sono state le manifestazioni di solidarietà non solo da parte dei giornalisti, che nel gesto hanno visto un attacco diretto alla libertà di stampa, ma anche da parte della gente che si è sentita tutta in pericolo, minacciata da questo ‘male oscuro’ chiamato terrorismo, il flagello del terzo millennio.
Umanamente anche a me è dispiaciuto per la morte delle 12 persone che si trovavano all’interno della redazione del giornale, per i poliziotti e i civili caduti durante gli scontri e anche per la morte dei ‘terroristi’ perché è chiaro come la luce del sole che sono anch’essi delle ‘pedine’, delle ‘vittime’ di un sistema marcio nel più profondo. Morti perché scelti per rappresentare ‘il terrorismo di matrice islamica’, simboli di un qualcosa molto più grande di loro, esattamente come i vignettisti del “Charlie Hebdo”.
Umanamente e contemporaneamente però a me è dispiaciuto per la morte di… si teme siano 2000 tra uomini, donne e bambini. Persone, abitanti la città di Baqa, nel Nord-Est della Nigeria, inseguiti per le strade o nella foresta, mutilati e uccisi dagli integralisti islamici Boko Haram. I cadaveri sono rimasti sulla strada o sul terreno perché nessuno trova il coraggio di esporsi, tra i sopravvissuti chi non è riuscito a fuggire si è nascosto e sta patendo la fame e la sete.
Ma tutti quelli che si sono indignati per vedere tutelato il loro diritto a scrivere, disegnare, colorare, raccontare, a mantenere intatti i propri privilegi e le proprie libertà mi chiedo perché mai non sentano forte il bisogno di indignarsi per difendere il diritto di queste persone a vivere?
Ebbene io sono molto indignata, perché penso a queste persone, alla loro sofferenza e al fatto che per loro non ci sia neanche un agente altro che 88mila poliziotti, elicotteri, ambulanze, psicologi… penso a quei bambini che sono rimasti uccisi e a quelli sopravvissuti, a ciò che li aspetta in questo mondo dove l’unico colore della pelle che non deve essere intaccato è il bianco.

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Spezzare le catene del Sistema per uscire dal buio

18 giovedì Dic 2014

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SPEZZARE LE CATENE DEL SISTEMA PER USCIRE DAL BUIO

di Luigi de Nicola

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Pensiamo per qualche momento al nostro sistema sociale…

È un sistema in cui prima si producono degli oggetti, un numero enorme di oggetti, e si propongono dei servizi e poi si cerca di convincere le persone che quegli oggetti e quei servizi sono utili, se non indispensabili, alla loro vita.

Le persone (che vengono convinte utilizzando delle raffinate tecniche persuasive) poi utilizzano gran parte del loro tempo, e quindi della loro vita, per cercare di ottenere prima e liberarsi poi di cose che altri hanno ‘indotto’ a possedere, spesso trascurando quello che per loro è veramente importante.

Viene determinata quindi una dipendenza psicologica che è responsabile di gran parte della infelicità, o quanto meno della mancanza di felicità, che è dentro di noi o che ci circonda.

Mi rendo conto che non sto rivelando una scoperta sensazionale ma semplicemente esprimendo considerazioni che molti fanno quando si soffermano a pensare alla loro vita.

Allora la domanda è: perché le persone, che in fondo hanno coscienza di questa situazione, continuano a vivere in questo modo insano?

Probabilmente il motivo è che la stragrande maggioranza delle persone sono convinte, a torto, che non vi è alternativa, che il mondo sia fatto così.

È un mito, diffuso dalle televisioni e dai giornali a più larga diffusione, da sfatare quello che ci sia un percorso già segnato, accettato e condiviso da tutti, e che non ci siano possibilità di cambiamento di direzione. La verità è che ci sono milioni di persone che non soltanto non sono d’accordo ma si attivano ogni giorno per cercare di migliorare la società e di creare una comunità.

La nostra vita è controllata dal denaro. Ma cos’è il denaro? Esso dovrebbe essere semplicemente una unità di misura del valore e il suo ruolo dovrebbe essere quello di facilitare lo scambio di beni e servizi tra individui o gruppi di persone. Invece il denaro è diventato un mezzo di coercizione (in altre parole uno strumento per costringere le persone a fare delle cose che altrimenti non farebbero) sotto il controllo di un numero limitato di plutocrati che in questo modo controllano la nostra vita.

Se non si esce da questa duplice realtà deleteria non c’è speranza di un significativo miglioramento della qualità della vita per la maggioranza delle persone.

Come se ne esce? Un primo passo secondo me è il raggiungimento di un’autonomia alimentare ed energetica (energia rinnovabile: eolica, solare, geotermica, marina). Le persone che si devono costantemente preoccupare del loro sostentamento e approvvigionamento energetico (ed eventualmente di quello della loro famiglia) non hanno la lucidità, la tranquillità e la forza per cercare di uscire da questa pessima organizzazione sociale.

 

 

 

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23 Novembre 1980. I Terremoti non si dimenticano mai. E le vittime pure

13 giovedì Nov 2014

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Ricordi cos’è successo in Irpinia il 23 Novembre del 1980?

«Mi chiedi se ricordo cosa è accaduto…» la serietà dell’argomento lo aveva inconsciamente autorizzato a darle del tu «dovresti chiedere piuttosto se mai qualcuno che l’ha vissuto lo potrà dimenticare. Mi ricordo… eccome se mi ricordo! Sono bastati novanta secondi per distruggere intere vite, interi paesi. E comunque novanta secondi non sono pochi.

Immagina il buio intorno a te, un forte boato che viene dal nulla e avvolge e travolge l’aria, come una bestia affamata che urla e avverte le prede del suo imminente arrivo. Un rumore sordo, cupo, cieco, che non guarda in faccia a nessuno e poi arriva: la terra trema sotto di te… la terra sotto di te sembra pastafrolla, le case intorno a te castelli di carta, tutto si muove, tutto trema e tu pure. Non sai da che parte andare, non sai cosa fare, speri solo finisca al più presto, speri solo di rimanere vivo.

Ogni istante che passa sembra infinito. Pensa novanta istanti quanto sono lunghi a passare. Prova a contare col fiato in gola e vedi quanto tempo ci vuole: uno, due, tre, quattro, cinque, sei, sette, otto, nove, dieci, undici, dodici, tredici, quattordici, quindici, sedici, diciassette, diciotto, diciannove, venti, ventuno, ventidue, ventitre, ventiquattro, venticinque, ventisei, ventisette, ventotto, ventinove, trenta, trentuno, trentadue, trentatre, trentaquattro, trentacinque, trentasei, trentasette, trentotto, trentanove, quaranta, quarantuno, quarantadue, quarantatre, quarantaquattro, quarantacinque, quarantasei, quarantasette, quarantotto, quarantanove, cinquanta, cinquantuno, cinquantadue, cinquantatre, cinquantaquattro, cinquantacinque, cinquantasei, cinquantasette, cinquantotto, cinquantanove, sessanta, sessantuno, sessantadue, sessantatre, sessantaquattro, sessantacinque, sessantasei, sessantasette, sessantotto, sessantanove, settanta, settantuno, settantadue, settantatre, settantaquattro, settantacinque, settantasei, settantasette, settantotto, settantanove, ottanta, ottantuno, ottantadue, ottantatre, ottantaquattro, ottantacinque, ottantasei, ottantasette, ottantotto, ottantanove, novanta».

Quando Colombo terminò la conta aveva le lacrime agli occhi. Rita la pelle d’oca.

Fece una pausa. Respirò a pieni polmoni. Poi ricominciò.

«Io c’ero quella sera, quella notte e tutte le altre a venire, non è stato un gioco o uno scherzo, questo mi sembra di avertelo già detto. Il terremoto è una brutta cosa! È la natura che si scatena e non esiste modo di fermarla, di arginarla, di limitare la potenza della sua forza distruttiva e quello del ventitrè novembre del millenovecentottanta è stato un terremoto di forte intensità: magnitudo 6.9 della scala Richter, X o addirittura XI grado della scala Mercalli.

Ogni volta che in televisione mandano le immagini di tragedie avvenute in vari e svariati posti, località, la prima cosa che salta all’occhio sono le divise fluorescenti dei soccorritori, le barelle, la gente sopravvissuta sostenuta e aiutata ad allontanarsi dal luogo del disastro. Quando è successo qui i soccorritori siamo stati noi. Sono passati giorni prima che il Governo, prima che lo Stato si decidesse a fare qualcosa. E suonava strano doverlo fare e vuoi sapere perché? Da che mondo è mondo le nostre terre, la nostra gente è stata solo manodopera al servizio del signorotto locale, del principe o del mezzadro, a seconda del periodo storico di riferimento, contadini dediti al lavoro cui spettava solo versare il dovuto, privi di diritti e di dignità. Noi siamo, eravamo, abituati a considerare lo Stato e il Governo, nello stesso modo dei nostri antenati… la notte del sisma, il giorno dopo e quello successivo ci siamo rimboccati le maniche e abbiamo costruito dei ripari, abbiamo recuperato il necessario dalle abitazioni e chi aveva la possibilità si è spostato in campagna, si è allontanato dal paese. Nei centri più colpiti, dove ci sono state un’infinità di vittime, si è pensato anche a questo, scavando a mani nude tra il fango, il dolore, le lacrime, i pianti e la paura. Perché la terra non ha smesso un attimo di tremare. In molti casi sono arrivati prima i volontari dell’esercito, dei vigili del fuoco o di chiunque altro avrebbe dovuto ricevere l’ordine di intervento immediato.

E vuoi sapere una cosa? Per noi non era strano, era normale che ognuno dovesse pensare a se stesso, alla propria famiglia, ai propri parenti e vicini, nessuno si aspettava nulla da alcuno, Stato o Governo che fosse. Non era tempo di riscossione dei tributi. Ma loro sapevano di aver sbagliato, lo sapevano e, vista la gravità dell’accaduto, non potevano permettersi di mostrare ancora disinteresse, per la comunità internazionale… in fondo eravamo già agli anni Ottanta e l’informazione aveva fatto discreti passi in avanti, tu me lo insegni. Infatti, non appena le agenzie hanno cominciato a battere la notizia, sono arrivati fiumi di aiuti da molteplici Paesi vicini e lontani, solo a Roma le notizie erano confuse. “Fate presto” fu lo slogan della missione, ripreso anche dal pittore Warhol nel suo famoso “Urlo”, bisognava fare presto ma intanto erano passati giorni senza che nessuno muovesse un dito. Le valanghe di soldi stanziati per la ricostruzione sono lo scotto che hanno voluto pagare per sentirsi meno in colpa, per dimostrare a se stessi e al mondo intero che non eravamo stati abbandonati, in più c’era da guadagnare tanto e questo per molti è un motivo più che sufficiente per speculare anche sul dolore.

E così, per eventi che esulano dalla nostra volontà e dal nostro comportamento, da perfetti sconosciuti siamo diventati protagonisti di un linciaggio continuo e guarda caso questo è accaduto proprio nel momento in cui abbiamo smesso di pagare e abbiamo cominciato a riscuotere. Non è il terremoto l’unica bestia di cui aver paura, c’è anche l’Uomo. Comunque è vero anche che quando la terra trema tutto si può nascondere e tutto si può trovare».

(“E la terra tremò”, Irma Loredana Galgano, inedito)

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