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Cento anni dopo il primo conflitto mondiale i governi e i popoli dell’intero pianeta si pongono i medesimi interrogativi, di nuovo.
Come si accumulano rischi enormi, poco compresi e poco controllabili? In che modo quadri di riferimento anacronistici e obsoleti ci impediscono di capire cosa sta succedendo intorno a noi? Il motore di ogni instabilità è forse lo sviluppo disomogeneo e combinato del capitalismo globale? Possiamo raggiungere una stabilità e una pace perpetue?
Di nuovo, le medesime domande perché sono queste che «accompagnano le grandi crisi della modernità».
In Crashed, edito in Italia da Mondadori ad agosto 2018 nella versione tradotta da Chiara Rizzo e Roberto Serrai e intitolata Lo schianto, Adam Tooze analizza gli ultimi dieci anni, dal 2008 al 2018, dalle origini della crisi prima finanziaria poi economica che ha investito, a quanto hanno detto, a più riprese l’intero sistema globale. Per la gran parte menzogne o giustificazioni a provvedimenti che i governanti hanno ritenuto essere improrogabili. Per gestire la crisi dell’eurozona dopo il 2010, per esempio, condotta seguendo una logica che non è stata altro che «una ripetizione dei salvataggi bancari del 2008, ma questa volta sotto mentite spoglie».
E così, mentre ai contribuenti europei venivano richiesti enormi sacrifici, i medesimi chiesti in precedenza ai cittadini americani, «banche e altri istituti di credito erano pagati col denaro riversato nei paesi che beneficiavano del salvataggio». Tutto perché al centro della crisi eurozona venivano messe le politiche del debito sovrano. «Come i responsabili della UE sono ora disposti ad ammettere pubblicamente», questo non aveva alcun fondamento sul piano economico. La sostenibilità del debito pubblico può diventare un problema, a lungo termine. La Grecia, per esempio, era insolvente. Ma l’eccessivo debito pubblico non era il denominatore comune della più ampia crisi dell’eurozona. Il denominatore comune era «la pericolosa fragilità di un sistema finanziario eccessivamente legato all’indebitamento» e troppo dipendente «da finanziamenti a breve termine basati sul mercato».
La Federal Reserve statunitense si è proposta fin da subito come fornitore di liquidità di ultima istanza per il sistema bancario globale. Ma cosa vuol significare davvero il fatto che la finanza e l’economia globali dipendono, in ultima istanza, dalla decisioni del governo americano?
La crisi dei mercati emergenti (Messico, Corea, Thailandia, Indonesia, Russia, Argentina) degli anni Novanta ha mostrato a tutto il mondo «con quanta facilità uno Stato possa perdere la propria sovranità». Nel 2008, «nessuna delle vittime degli anni Novanta» è stata costretta a ricorrere al Fondo monetario internazionale. Una lezione che i paesi dell’eurozona sembrano non aver imparato neanche ora.
La crisi nell’eurozona è stata affrontata in maniera disomogenea, «una confusione di visioni contrastanti» che hanno portato alla messa in scena di un «dramma sconfortante di occasioni mancate, di fallimenti nella leadership e di fallimenti nelle azioni collettive». Generando un danno sociale e politico da cui «il progetto della UE potrebbe non riprendersi mai più».
La crisi finanziaria ed economica del 2007-2013 si è trasformata, tra il 2013 e il 2017, «in una crisi politica e geopolitica globale dell’ordine mondiale uscito dalla guerra fredda», le cui ovvie implicazioni politiche «non dovrebbero essere schivate». Pulsioni di rinnovamento e aneliti di cambiamento sono giunti da ogni parte ma «contro la sinistra le brutali tattiche di contenimento hanno fatto il loro lavoro». Si pensi a quanto accaduto, per esempio in Grecia. Invece non altrettanto è accaduto per la destra che ha resistito ed è avanzata nel consenso e nella determinazione. Si pensi a quanto sta accadendo, per esempio, in Austria.
Questa «nuova politica» del periodo successivo alla crisi è stata demonizzata come populismo, trattata alla stregua degli anni Trenta o attribuita alla «malvagia influenza della Russia», invece va osservata, sottolinea Tooze, come un segno della vitalità della democrazia europea davanti al «deplorevole fallimento dei governi» riassumibile forse nelle parole di Jean-Claude Juncker citate nel testo: «Quando le cose si fanno serie, bisogna mentire».
La tesi portata avanti da Tooze ne Lo schianto è di collocare la crisi bancaria nel suo contesto più ampio, politico e geopolitico, oltre che, naturalmente, finanziario ed economico perché è necessario «confrontarci con l’economia del sistema finanziario». La narrazione offerta dall’autore tenta di mostrare «la percezione dall’interno del funzionamento – o del non funzionamento – della circolazione del potere e del denaro» e di chiarire le dimensioni dell’interdipendenza del sistema globale nonché «l’estrema dipendenza del sistema finanziario globale dal dollaro». E l’importanza delle conseguenze di tutto ciò. Per tutti.
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© 2018, Irma Loredana Galgano. Ai sensi della legge 633/41 è vietata la riproduzione totale e/o parziale dei testi contenuti in questo sito salvo ne vengano espressamente indicate la fonte irmaloredanagalgano.it) e l’autrice (Irma Loredana Galgano).