Il 4 novembre è uscito nella collana Serie Bianca di Feltrinelli il libro del giornalista Emiliano Fittipaldi, Avarizia. Le carte che svelano ricchezza, scandali e segreti della chiesa di Francesco, che ha accettato di rispondere a qualche nostra domanda
Base di partenza dell’inchiesta condotta dall’autore sono i documenti a lui consegnati da un monsignore per «Francesco. Che deve sapere» che:
- Lo Ior ha quattro fondi di beneficenza avari come Arpagone.
- La Santa Sede per guadagnare più soldi ha distribuito tesserini speciali a mezza Roma.
- Non è solo Bertone che vive in trecento metri quadri.
- Il Vaticano ha investito pure in azioni della Exxson e della Dow Chemical, multinazionali che inquinano e avvelenano.
Il monsignore chiede a Fittipaldi di scrivere un libro perché Bergoglio deve sapere che lo Ior nonostante utili per decine di milioni, con «il fondo per opere missionarie ha regalato quest’anno la miseria di 17 mila euro. Per tutto il mondo».
Emiliano Fittipaldi, giornalista de «L’Espresso», accoglie la richiesta e inizia a studiare tutti i dossier le cui pagine più rappresentative sono riportate inAvarizia.
Il monsignore voleva fare in modo che papa Francesco sapesse anche che «i salesiani investono in società in Lussemburgo, i francescani in Svizzera, che diocesi all’estero hanno comprato società proprietarie di televisioni porno», noi, desiderosi di conoscere molto altro ancora e concordi con l’autore il quale sostiene che «se il denaro è lo sterco del diavolo, in Vaticano sembra valere il detto pecunia non olet», gli abbiamo rivolto delle domande sul libro e in generale sullo scandalo definito da alcuni Vatileaks 2.
Avarizia è un titolo molto forte, che colpisce direttamente al cuore dei lettori. Quanto è pericolosa una Chiesa avara verso gli indigenti?
Non credo che tutta la Chiesa sia avara. Credo, come dimostro nella mia inchiesta, che in Vaticano ci sia ancora un rapporto distorto con il denaro. Se Papa Francesco auspica una «Chiesa povera per i poveri» e poi si scopre che i soldi della Fondazione del Bambin Gesù vengono usati per ristrutturare la casa del cardinale Tarcisio Bertone o che la beneficenza dei fedeli dell’Obolo di San Pietro finisce «per esborsi di curia e dicasteri», come sottolinea un rapporto di MoneyVal, è chiaro che siamo ancora molto lontani dalprogetto pauperistico di Bergoglio.
Ma l’avarizia è solo una faccia della medaglia, l’altra sembra essere rappresentata dall’ingordigia e dalla vanagloria. La Chiesa di Papa Francesco sarà ricordata per quest’ambiguità oppure per aver fatto chiarezza?
Prima dell’uscita del mio libro tutta la stampa mondiale, grazie alla propaganda vaticana, aveva deciso che Francesco era riuscito a risolvere scandali e imbarazzi in due anni di pontificato. Ora qualcuno, dopo la mia inchiesta, parla già di fallimento. Io propenderei per giudizi meno affrettati: la volontà riformatrice del Papa non è in discussione, ma le resistenze interne sono molto più forti di quanto pensassimo. Di certo nessuno deve avere paura della trasparenza: solo così, a mio parere, la trasformazione della Chiesa in senso evangelico potrà proseguire la sua strada.
«Devi scrivere un libro. Devi scriverlo anche per Francesco. Che deve sapere». Sono le parole pronunciate dal monsignore prima di consegnarle i documenti alla base del libro, che sembra essere nato, o almeno essere stato ispirato, proprio da quest’urgenza. Secondo lei, perché la necessità di informare il Papa dall’esterno?
Perché alcuni, in Vaticano e fuori, consideravano fondamentale che il Papa conoscesse ogni dettaglio dei risultati di alcune commissioni d’inchiesta che lui stesso aveva voluto. Perché non l’hanno fatto usando canali interni e riservati? Forse perché le loro indicazioni non sono state ascoltate, o la loro voce non è arrivata al soglio pontificio. O forse perché, a torto o a ragione, speravano che scoperchiare il vaso di Pandora potesse accelerare l’attività riformatrice. Ma non sta a me dare un risposta: io sono un giornalista che ha il dovere di verificare le notizie e, se vere e di interesse pubblico, di pubblicarle.
La gran parte dei documenti in suo possesso è il frutto del lavoro svolto da Cosea, la Commissione voluta da papa Francesco per far luce sulle finanze della Chiesa. Perché secondo lei Cosea è stata sciolta? Ha portato a compimento i suoi obiettivi?
Solo una parte dei documenti viene da Cosea. Altre informazioni sono frutto del mio personale lavoro d’inchiesta. Cosea è stata sciolta dopo che il suo lavoro di raccolta dati è terminato. La commissione ha anche scritto delle raccomandazioni sulle riforme economiche da effettuare per eliminare gestioni improvvide, scandali e sprechi, ma solo in parte sono state finora seguite.
Nonostante la «leggenda anticlericale che vuole la Chiesa cattolica proprietaria del 20% dell’intero patrimonio immobiliare italiano», si fa un gran parlare in questi giorni di appartamenti e attici lussuosi. In Avarizia, però, si leggono passaggi anche più interessanti, come il fatto che «Apsa e Ior conservano lingotti d’oro per svariati milioni di euro presso la Federal Reserve, il caveau sotto il torrione e qualcuno sospetta che altra parte delle riserve sia conservata nei forzieri svizzeri». Non è che concentrandosi sul “mattone” si alzi solo un gran polverone che potrebbe far dimenticare o passare inosservato tutto il resto?
Il patrimonio immobiliare del Vaticano vale 4 miliardi di euro. Una stima enorme, a cui vanno sommati gli investimenti finanziari dell’Apsa e dello Ior. Nel mio libro però parlo di tutto: gli investimenti all’estero in Lussemburgo e Svizzera, le società immobiliari a Parigi e Londra, il business degli ospedali, gli sprechi di denaro della curia, anche di uomini scelti dal Papa come il cardinale George Pell. I conti segreti dello Ior, che dicevano essere stati eliminati, i trucchi per vendere benzina e tabacchi e fregare il fisco italiano.
«La promessa informale di girare all’Italia la lista di tutti i clienti sospetti nascosti allo Ior non è stata mantenuta». Ma anche se si riuscisse a ottenerla non si corre il rischio che diventi un’informazione ormai vana visto il tempo intercorso?
No, sarebbe importantissimo che l’Aif, l’autorità finanziaria vaticana, girasse ai nostri investigatori la lista dei presunti evasori. Indicando la cifra detenuta un tempo alla Banca Vaticana e, ovviamente, il Paese e l’istituto su cui è stata bonificata. Con queste informazioni Bankitalia e procure avrebbero la possibilità di riportare qualche bue nella stalla. Non tutti, ma qualcuno si.
Lei scrive di una «partita anti-italiana». Si riferisce solo all’estromissione di tutti i cinque membri italiani dal direttivo Aif o anche ad altro?
Non solo. Se i membri del direttivo Aif sono stati cacciati dopo aver scritto una dura lettera di contestazione contro il presidente dell’Aif, lo svizzero René Brülhart, tutti i cardinali italiani (a parte Calcagno, a capo dell’Apsa) sono stati allontanati dal governo vaticano. Rei, secondo Francesco e i suoi grandi elettori, di aver provocato gli scandali finanziari e mediatici che portarono alle dimissioni di Benedetto XVI. Il fatto è chi li ha sostituito la vecchia guardia non sembra molto diverso.
È del giornale per cui lavora, «L’Espresso», la denuncia delle frasi choc del direttore di Radio Maria, don Livio Fanzaga, presumibilmente rivolte a lei e a Gianluigi Nuzzi. Don Fanzaga, però, ritorna sulle parole di Bergoglio e chiosa: «Ma siccome il Papa ieri ha parlato di perdono, per carità perdoniamoli». Lei ritiene di avere qualcosa da farsi perdonare?
Non ho niente da farmi perdonare. Ho fatto solo il mio lavoro.
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