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Irma Loredana Galgano

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Costruire personaggi e storie intorno al proprio mondo. “Malùra” di Carlo Loforti (Baldini Castoldi, 2017)

09 mercoledì Mag 2018

Posted by Irma Loredana Galgano in Recensioni

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CarloLoforti, Malùra, recensione, romanzo, Sicilia, WMI

Torna in libreria Carlo Loforti, già autore di Appalermo, Appalermo!, con Malùra, il nuovo romanzo pubblicato sempre dalla casa editrice Baldini&Castoldi. E anche stavolta lo fa con una storia che solo in apparenza racconta dell’universo individuale del protagonista quando, in realtà, usando con abilità linguaggio e ironia, mostra ai suoi lettori l’immenso macrocosmo di una Palermo e di una Sicilia tutta che sono, in fondo, lo specchio e il riflesso di un’Italia intera.

Con uno stile narrativo che sarebbe ingiusto e riduttivo definire leggero, Loforti racconta le vicende, a tratti rocambolesche, dei suoi protagonisti, rimarcandone i tratti divertenti e, solo in apparenza, limitandosi ad accennare quelli seri e importanti. Riesce invece in questo modo a meglio imprimerli nella mente di chi legge, forse proprio perché non cede mai alla retorica e all’ipocrisia. Una “denuncia narrativa” che solo a uno sguardo disattento può sembrare superficiale e criptica.


«Tutte quelle cose (che avevi prima di entrare in prigione, ndr), quando esci ci sono ancora, mica no. Solo che per quanto tu possa sforzarti di vederle come le vedevi prima, ora sono in bianco e nero, una pellicola sbiadita dentro cui vorresti entrare per ritornarci a vivere ma che appartiene ormai a un’altra dimensione.»


I romanzi di Carlo Loforti sono ambientati in Sicilia, a Palermo, città che l’autore conosce in tutte le sue pieghe e risvolti, come il protagonista di Malùra e Appalermo, Appalermo!, Domenico Calò, detto Mimmo. Un ragazzo, un giovane uomo cresciuto in periferia e che ha assorbito ogni odore, ogni sapore, ogni colore di questa città e lo trasmette al lettore, in maniera graduale ma inequivocabile, attraverso i piccoli gesti quotidiani che riflettono tutto il retaggio culturale che li ha generati.

Il registro narrativo di Loforti in Malùra richiama molto quello già usato in Appalermo, Appalermo! e sembra essere plasmato intorno alla vera essenza del protagonista. Potrebbe anche essere vero il contrario, in qual caso l’autore ha modellato un personaggio che calza a pennello il suo stile di scrittura.
Frasi brevi e di composizione lineare. Discorsi che rimandano al dialogare quotidiano. Riflessioni che sembrano quasi interrotte e controvoglia. Emblema perfetto della personalità di Mimmo, il quale non ha alcuna intenzione di stressarsi per agire e portare qualsiasi cosa alla sua legittima conclusione, come non ha intenzione di sfiancarsi con pensieri e riflessioni che lo stancano e lo sfiniscono nello stesso momento in cui fanno capolino nella sua mente.

I temi o “leit motiv” narrativi incontrati in Malùra sono diversi, ma il romanzo di Loforti sembra concentrarsi maggiormente sul concetto di libertà ritrovata. Tema col quale il libro si apre al lettore, allorquando chi legge sembra “accompagnare” il protagonista nel suo primo giorno di libertà dopo «tredici mesi all’Ucciardone». Ma sarà nel viaggio intrapreso da Mimmo con suo padre Pietro e l’amico Pier Francesco che il simbolismo e la simbologia letteraria abbracceranno in toto gli aneliti di libertà e perché no anche di rinascita.
Un viaggio che proprio in quanto tale è un andare e un tornare, nello spazio geografico dei chilometri percorsi ma, soprattutto, nella mente di Mimmo che, proprio mentre sembra proiettarsi verso il futuro, viene travolta e stravolta dal passato, con tutto il peso e il sovraccarico che si trascina dietro. Un intricato labirinto che, alla fine, rappresenta un enorme, complesso ed esilarante preludio alla «separazione», in quanto poi «si riduce tutto a quello». E la vita stessa in fondo è solo tempo e spazio che intercorre tra una separazione e un’altra.

Anche se Loforti utilizza sempre un registro narrativo divertente e ironico, che ricalca il carattere di Mimmo Calò, traspare dal racconto e dalle vicende vissute dai protagonisti una mesta malinconia di sottofondo che sembra accompagnare tutti, nessuno escluso. Un malessere esistenziale che è appunto una malùra.

Malùra di Carlo Loforti è un romanzo che prosegue nel racconto delle semiserie avventure di vita di Mimmo Calò, già incontrato in Appalermo, Appalermo!, ma la struttura di entrambi i libri è auto-conclusiva. Non è necessario aver letto il primo romanzo per comprendere appieno il secondo.

Con il nuovo romanzo Loforti conferma le sue abilità di scrittore, di narratore della contemporaneità che sa raccontare mali e malesseri individuali e sociali dosando alla perfezione serietà, ironia e auto-ironia. Un libro, Malùra, che rappresenta una valida opera letteraria nel suo complesso e una lettura assolutamente consigliata.


Articolo pubblicato sul numero 51 della rivista WritersMagazine Italia diretta da Franco Forte


Source: Si ringrazia Michela Rossetti della GDG Press per la disponibilità e il materiale


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Quando la fantasia racconta la realtà. “Appalermo Appalermo” di Carlo Loforti

24 mercoledì Ago 2016

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AppalermoAppalermo, BaldiniCastoldi, CarloLoforti, recensione, romanzo, Sicilia

 

Quando la fantasia racconta la realtà. “Appalermo, Appalermo” di Carlo Loforti

Finalista alla XXVIII edizione del Premio Italo Calvino col titolo di Il calcio è un bastardo, il romanzo d’esordio di Carlo Loforti è stato pubblicato da Baldini&Castoldi come Appalermo, Appalermo.

La giuria del premio lo ha definito un «romanzo spiritoso, leggero e senza pudore. In cui tutto viene raccontato con un umorismo che regala momenti di autentico spasso».

È vero, a volerlo leggere per la sola storia che racconta è un libro “spassoso”. Se invece lo si vuol guardare come uno spaccato della città di Palermo, della Sicilia e dell’Italia intera allora sono numerose le considerazioni che induce nel lettore.

Carlo Loforti è un palermitano che conosce a fondo la sua città e i suoi abitanti e, intorno a ciò, costruisce il suo romanzo che è la storia di Domenico Calò, detto Mimmo, ma potrebbe, indistintamente, essere quella di centinaia di altri giovani come lui. Ragazzi cresciuti nei cortili, per le vie strette di una città che può diventare stretta come un imbuto.

Quando la fantasia racconta la realtà. “Appalermo, Appalermo” di Carlo Loforti

Incomprensioni con i genitori e gli adulti in generale, un pallone e i primi approcci col sesso. Questo il background socio-culturale che si devono far bastare per diventare a loro volta degli adulti. E Mimmuzzo, non essendo particolarmente dotato per la pratica, si allena incessantemente sulla teoria, diventando un esperto cronista sportivo.

Dopo venti anni Mimmo Calò perde il suo lavoro di giornalista e deve cercare di reinventarsi dibattendo tra una moglie sempre pronta a prenderlo in castagna, supportata dall’invadente suocera, dei genitori che dalla pensione invece del sollievo trovano la separazione, i soldi che non bastano mai e la criminalità che invece ti trova sempre. Tutta una serie di rocambolesche avventure e, soprattutto, disavventure, lo portano sull’orlo del precipizio. Situazioni che lui affronterà sempre stoicamente convinto di essere talmente “sfigato” da valere quasi il contrario e uscirne sempre in piedi.

Carlo Loforti in Appalermo, Appalermo descrive dettagliatamente un adolescente alle prese con i cambiamenti del suo corpo, un ragazzo che si sente uomo dopo aver perso la verginità, un adulto che tenta di sopravvivere nella giungla degli affetti e del lavoro ma, soprattutto, regala al lettore una fotografia della situazione in cui si trovano centinaia di giovani delle periferie che si divincolano tra la poca voglia di studiare, l’attrazione-repulsione verso la criminalità, il desiderio di divertirsi e il “sogno di farcela”, di lasciare la mediocrità e avere successo. Il fatto è che spesso, quasi sempre, ciò è legato al gioco del calcio e alla speranza di essere “scoperti” come talenti o fenomeni e ascendere all’Olimpo dei vip. L’impatto con la realtà, in questi casi, è ancora peggiore del solito perché ci si ritrova adulti, senza “talento” e senza un’adeguata formazione-istruzione e non si ha altra possibilità che accontentarsi fingendo disinteresse.

Quando la fantasia racconta la realtà. “Appalermo, Appalermo” di Carlo Loforti

Mimmo Calò è uno, che alla fine, sceglie di accontentarsi con l’unico rammarico di averci messo troppo a capire che era l’univa via per regalargli un po’ di tranquillità.

Lo stile della scrittura di Loforti è gradevole. Frasi brevi, riflessioni intervallate da dialoghi ricchi di battute e allusioni. Pesante a volte, soprattutto in periodi protratti, l’uso di espressioni o termini tipicamente dialettali che costringono chi legge, e non è siciliano, a consultare il glossario a fine libro. La narrazione segue il ritmo delle vicende creando i giusti pathos e curiosità nel lettore che è sempre invogliato a leggere il capitolo successivo.

Appalermo, Appalermo di Carlo Loforti si rivela fuor di dubbio una lettura interessante, piacevole che può regalare a lettore alcune ore di svago oppure invogliarlo in riflessioni sulla società e l’attualità. Sarà chi legge a scegliere e decidere cosa vuol trovare o cercare, in ogni caso ne vale sempre la pena.

http://www.sulromanzo.it/blog/quando-la-fantasia-racconta-la-realta-appalermo-appalermo-di-carlo-loforti

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