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È uscito a settembre 2016 con Longanesi il libro di Gherardo Colombo e Piercamillo Davigo La tua giustizia non è la mia. Dialogo tra due magistrati in perenne disaccordo. Un testo che rimanda a una amichevole discussione/dissertazione tra due colleghi, trascritta poi e diventata così un libro. Molto interessanti i contenuti mentre è proprio la struttura che a tratti infastidisce il lettore il quale, volendo esser certo di attribuire al giusto interlocutore questa o quella affermazione, è costretto più volte a ritornare al capoverso dove, di volta in volta come nei dialoghi, viene indicato il titolare delle dichiarazioni. Un dialogo di oltre cento pagine. Per il resto il libro risulta sin da subito molto utile per apprendere sfumature e misteri del sistema giudiziario italiano visto nel suo insieme e confrontato con altri stranieri, in particolare il norvegese, l’americano, il francese e l’inglese.
Dodici punti elaborati nel corso della discussione e una conclusione volta a chiarire se e quanto sia davvero differente il concetto di giustizia dei due autori. Non si chiarisce del tutto quanto effettivamente la giustizia di Colombo sia lontana da quella di Davigo ma leggendo il testo nel lettore vige costante l’impressione che mentre Gherardo Colombo sembra perdersi nei suoi ideali Piercamillo Davigo mantenga sempre attivo un certo pragmatismo. Per leggerli in accordo bisogna attendere il capitolo sulla corruzione, uno dei mali peggiori del nostro Paese, tutt’altro che risolto. Per Davigo «il problema principale è che mentre prima (di Tangentopoli, ndr), pacificamente, si rubava per fare carriera all’interno dei partiti politici» adesso «si usano altri sistemi» che al momento non è ancora chiaro quali siano perché «i processi relativi alle elezioni primarie non li abbiamo ancora fatti». Per Colombo prima di Tangentopoli «la corruzione, a livelli elevati, era un sistema» mentre ora «è diffusa a qualsiasi livello» e così tanto «che è praticamente impossibile riuscire a contrastarla attraverso strumenti di controllo».
Se la “élite” politica mostra ai cittadini questo volto non ci si può stupire quando Davigo afferma che «l’Italia è un paese nel quale la regola principale di comportamento verso l’autorità è la slealtà». Sono atteggiamenti, comportamenti, stili di vita che si apprendono quasi inconsciamente. Esattamente come quando a scuola si apprende la «apologia dell’omertà contro l’autorità, che è uno dei pilastri fondanti della cultura mafiosa». La scuola italiana, che Davigo considera «una delle peggiori fucine di illegalità che esistano in questo paese», è in prevalenza incentrata sul confronto/scontro tra i buoni e cattivi, i bravi e i somari, il rigore e le “spie”… E non si può non concordare con Davigo quando sostiene che «bisogna fare in modo che sia conveniente comportarsi bene e sconveniente comportarsi male. Altrimenti l’educazione non serve a niente».
Un ottimo modo per cominciare sarebbe quello di cominciare a “punire” dall’alto, nel senso che i primi a pagare per errori e crimini dovrebbero essere i cosiddetti colletti bianchi. «In Italia i ricchi rubano più dei poveri» eppure «non li prendono mai» e quando succede «gridano all’ingiustizia». Certo. Non ci sono abituati. La soluzione che viene cercata è peggiore di una beffa, è davvero un’ingiustizia considerando che «si cambiano le leggi, si fa di tutto perché non siano puniti». Un sistema talmente marcio che un governo viene indicato come “buono” se abbonda in condoni edilizi e voluntary disclosure. Il che, tradotto in parole più semplici, equivale a dire viva l’abusivismo edilizio, la cementificazione selvaggia e i conti nei paradisi fiscali.
«Dopo la stagione di Mani Pulite, stracciato il velo dell’ipocrisia, i politici disonesti sono diventati di singolare improntitudine. Non hanno smesso di rubare, hanno smesso di vergognarsi». Viene da chiedersi se l’obiettivo è che smettano di farlo anche gli abusivi e gli evasori. Ammesso che non l’abbiano già fatto.
In La tua giustizia non è la mia Colombo e Davigo affrontano anche il tema dei lunghi processi, delle pene inique, della riforma del sistema giudiziario e carcerario, dell’indulto che rischia di diventare il “condono” giudiziario, delle operazioni sotto copertura, un azzardo secondo Davigo perché va a finire che non si riesce più a capire «se la polizia giudiziaria ha infiltrato qualcuno nella criminalità organizzata o viceversa» e su tanti altri aspetti della giustizia che quotidianamente combatte “il male” e deve farlo qualunque ne sia l’origine. Metaforicamente Colombo si interroga sul perché «da diecimila anni ci diciamo sempre le stesse cose e cerchiamo di risolvere gli stessi problemi». La soluzione va ricercata nell’idea errata «secondo la quale il bene e il male si distinguono per paternità» invece vanno distinti «oggettivamente».
Un libro originale La tua giustizia non è la mia, molto interessante per i contenuti e molto utile per il lettore che apprenderà informazioni e nel contempo sarà invogliato a riflettere su aspetti del sistema giudiziario italiano e suoi suoi operatori che vengono presentati in un modo mentre nascondono dell’altro. Sui politici, sui governi, sugli insegnanti e sugli alunni, sui cittadini, sui criminali…
Gherardo Colombo: è entrato in magistratura nel 1974. È stato consulente delle commissioni parlamentari di inchiesta sul terrorismo e sulla mafia. Ha condotto o collaborato a inchieste divenute celebri, tra cui la scoperta della Loggia P2, l’omicidio Ambrosoli, i cosiddetti fondi neri dell’IRI, Mani Pulite. Dal marzo 2005 è stato giudice presso la Corte di Cassazione. Nel 2007 si è dimesso dalla magistratura per dedicarsi a incontri formativi nelle scuole, dialogando negli anni con migliaia di ragazzi sui temi della giustizia e del rispetto delle regole. È attualmente presidente della casa editrice Garzanti. Nel 2010 ha fondato l’associazione Sulle regole, punto di riferimento per il dibattito sulla Costituzione e la legalità.
Piercamillo Davigo: è presidente di sezione della Corte Suprema di Cassazione, in servizio alla Seconda sezione penale dal 2005. Entrato in magistratura nel 1978, è stato assegnato al Tribunale di Vigevano con funzioni di giudice, poi dal 1981 alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Milano con funzioni di sostituto procuratore. Dal 1992 ha fatto parte del pool di Mani Pulite, trattando procedimenti relativi a reati di corruzione e concussione ascritti a politici, funzionari e imprenditori. Dall’aprile 2016 è presidente dell’Associazione nazionale magistrati.
Fonte biografia autori http://www.longanesi.it
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© 2017, Irma Loredana Galgano. Ai sensi della legge 633/41 è vietata la riproduzione totale e/o parziale dei testi contenuti in questo sito salvo ne vengano espressamente indicate la fonte irmaloredanagalgano.it) e l’autrice (Irma Loredana Galgano).