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Irma Loredana Galgano

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Intervista a Lars Mytting. Il legame tra dolore e bellezza in “Sedici alberi” (DeA Planeta, 2017)

06 mercoledì Set 2017

Posted by Irma Loredana Galgano in Interviste

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DeA, DeAgostini, intervista, LarsMytting, romanzo, Sedicialberi

Intervista a Lars Mytting. Il legame tra dolore e bellezza in “Sedici alberi”

Da pochi giorni tornato nelle librerie italiane con Sedici alberi, edito da DeA Planeta nella traduzione di Alessandro Storti, Lars Mytting continua il suo racconto della forza e della potenza degli alberi ma questa volta, a fare da sfondo alle vicende dei protagonisti, ci sono i grandi accadimenti del recente passato europeo, in primis la seconda guerra mondiale e il nazismo. Una scrittura potente quella di Mytting in grado di affascinare i lettori parlando di piante ma raccontando la vita.

Lars Mytting sarà ospite del Festival della Letteratura di Mantova e racconterà Sedici alberi dal suo punto di vista ma intanto lo abbiamo raggiunto per un’intervista sul libro e qualche curiosità sullo stile della scrittura.

Dopo il successo di Norwegian Wood ritorna nelle librerie italiane con Sedici alberi, un libro che racconta una storia diversa ma nella quale “gli alberi” rivestono egualmente un ruolo fondamentale. Cosa si è prefisso di raccontare in realtà ai suoi lettori con Sedici alberi?

Il desiderio di raccontare una storia buona, e forse bella, è sempre il principale motore per me nella fiction. Non inizio mai un romanzo con la volontà che sia un “progetto” in grado di illuminare o documentare qualcosa di politico o storico. Ma quando scrivo noto solo che questo elemento sarà grande, questo periodo della storia europea è adeguato, questo gusto del paesaggio delle foreste nordiche suona bene. Dopo un paio di anni passati a scrivere comincio a pensare che vada bene, che questa è la storia dove ci rendiamo conto che gli eventi del lontano passato, forse due generazioni fa, possono direttamente impattare su persone che vivono molti decenni dopo. E questo percorso della storia europea, specialmente le due guerre, più altre interessanti ambientazioni come le isole Shetland e campi di battaglia in Francia hanno trovato spazio nella storia. Ma prima e soprattutto mi piace che il romanzo sia uno specchio attraverso il quale il lettore vede parti della sua vita.

La complessità del protagonista, Edvard Hirifjell, ha reso la strada della verità così tortuosa oppure è stata l’intricata vicenda a determinare l’uomo che infine è diventato?

Edvard è affascinante. Si prefigge la ricerca della verità senza sapere se la verità sarà buona per lui o se sarà troppo spiacevole da sopportare. Pone un grande fardello su di sé, dicendo: “Sarò quello su cui i morti possono fare affidamento”. Dall’inizio sa che c’è un mistero di famiglia nascosto nel suo passato, e prova il grande desiderio di scoprire cos’è successo, ma man mano che le cose vanno avanti ha bisogno di sbloccare davvero i segreti spiacevoli per avvicinarsi al suo obiettivo originale. Così penso che siano gli eventi a modellare lui, il periodo descritto nel libro diventa il più importante di tutta la sua vita.

Intervista a Lars Mytting. Il legame tra dolore e bellezza in “Sedici alberi”

Sedici alberi sembra un ibrido tra un poliziesco e il racconto di una saga famigliare che coinvolge intere comunità provate dalla seconda guerra mondiale e dalle sue conseguenze. Suo scopo era raccontare delle devastazioni che i conflitti arrecano anche a distanza di svariati decenni?

In una certa misura, perché sono così tragici che non dovrebbero essere dimenticati. Ma le storie di guerra sono state raccontate molte volte, con riferimento sia a eventi militari sia civili, così per me era più importante usarli come uno sfondo per quello che poteva accadere tra le persone quando c’è una guerra, semplicemente perché sanno che le loro vite sono fragili e si assumono maggiori rischi e le regole originarie non sono più valide. Nessuno dei più importanti eventi del passato descritti nel libro sarebbero potuti accadere in tempo di pace, sebbene non siano necessariamente delle azioni militari.

Nel testo si legge: “l’albero deve incapsulare la ferita per continuare a crescere. I cerchi della crescita deviano tutto intorno alla lesione, generando linee imprevedibili”. È stato così anche con Edvard? È così anche con le persone reali?

Sì, penso che sia uno dei punti più sottili del libro. Gli alberi con le loro vite straordinarie, spesso crescendo in luoghi ostili, hanno al loro interno dei bei modelli. Un pino con una vita facile si rivela molto noioso, duro e a grana dritta, quando viene tagliato per farne legna da ardere o mobili. Lo stesso succede con le persone. Le cicatrici delle battaglie che affrontiamo in vita possono essere belle. So che ci sono delle culture in cui le cicatrici sono autoinflitte perché è prova che possono sopportare il dolore, e il dolore e la bellezza vanno mano nella mano nel libro.

In Sedici alberi si parla molto delle bombe inesplose che hanno reso sterminati campi vere e proprie roulette russe, assurde e pericolose. Anche Edvard sembra, a suo modo, essere una “bomba” pronta a esplodere in qualsiasi momento. Lo salvano più i ricordi o i suoi amati alberi?

Difficile da dire, in realtà, dato che sta combattendo così tanto con le forze che ha dentro, ma penso che voglia andare alla conclusione, o forse dovremmo dire all’inizio, degli eventi che l’hanno modellato. Quando infine diventa quello su cui i morti possono fare affidamento, penso che abbia raggiunto il suo obiettivo, e s ritrova con un semplice desiderio per il resto della vita: voler fare qui sulla terra cose che quelli in paradiso saranno lieti di vedergli fare.

Intervista a Lars Mytting. Il legame tra dolore e bellezza in “Sedici alberi”

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Cercando la verità nel suo passato e in quello dei suoi parenti, Edvard sembra imparare molto dagli errori commessi. Guardando alla storia del secolo scorso e ai conflitti mondiali lei pensa che gli uomini abbiano imparato qualcosa dagli sbagli e dalle atrocità inflitte e subite dalla popolazione mondiale?

Sì, senz’altro abbiamo imparato. La nostra consapevolezza delle conseguenze della guerra e di altre atrocità è giustamente ritenuta molto importante, e noi reagiamo immediatamente quando qualcosa per esempio ci ricorda i movimenti fascisti dell’Europa degli anni Trenta. Il problema è che, quando qualcosa di molto pericoloso inizia a prendere piede, ha una nuova forma e non sempre riusciamo a riconoscerlo. Dato che l’immaginazione umana è senza fine, lo è anche il male purtroppo. Così noi potremo ritrovarci con altri disastri anche in futuro, a meno che non iniziamo a usare la nostra immaginazione meglio della nostra capacità di distruzione.

Per la prima foto, copyright: Adarsh Kummur.

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© 2017, Irma Loredana Galgano. Ai sensi della legge 633/41 è vietata la riproduzione totale e/o parziale dei testi contenuti in questo sito salvo ne vengano espressamente indicate la fonte irmaloredanagalgano.it) e l’autrice (Irma Loredana Galgano).

Gli uomini muoiono ma gli ideali sopravvivono. Intervista a Leonardo Patrignani

08 sabato Lug 2017

Posted by Irma Loredana Galgano in Interviste

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DeA, DeAgostini, distopico, fantascientifico, fantasy, intervista, LeonardoPatrignani, romanzo, TimeDeal

Gli uomini muoiono ma gli ideali sopravvivono. Intervista a Leonardo Patrignani

Un racconto “futuristico possibile” che porta il lettore su una città-isola governata dalla tecnologia estrema e dalle sperimentazioni “selvagge” volte a rincorrere il desiderio degli uomini dalla notte dei tempi: l’eterna giovinezza. Ma a quale scopo e a quale prezzo tutto ciò? Interrogativi che si è posto lo stesso autore prima dei suoi lettori e che accompagnano la lettura di Time Deal, il nuovo distopico di Leonardo Patrignani edito da De Agostini.

Curiosità inerenti la storia raccontata e riflessioni sull’attualità scientifica hanno fatto da filo conduttore dell’intervista con l’autore.

Il protagonista di Time Deal fa un patto con se stesso e contro il tempo e giura che sarà per sempre. Nella città di Aurora come nel mondo reale però il tempo è sempre tiranno. Si intravedono delle sfumature particolari che ha voluto dare al concetto di eternità. Esattamente cosa voleva trasmettere ai suoi lettori?

Uno dei miei intenti era quello di rappresentare l’estrema fragilità del concetto di “tempo”. La sua mutevolezza, il suo dipendere costantemente dall’interpretazione soggettiva, emozionale, di ciascuno di noi. Posso promettere ai miei figli di amarli per sempre, ma è un arco di tempo quantificabile? Il mio “sempre” è limitato dalle circostanze materiali legate al corpo, alla sua salute, al suo perdurare nel tempo fino all’inevitabile declino. Tutto questo in Aurora viene messo in discussione, ribaltato, e ci permette dunque di confrontarci con dilemmi di natura etica. Di riflettere sulle scelte che compiamo ogni giorno.

Tecnologia e sperimentazione a ogni costo oppure agire secondo coscienza e morale. Un dualismo che caratterizza i tempi moderni e che sembra il nocciolo della vicenda narrata in Time Deal. Chi paga le conseguenze delle scelte sbagliate nel libro e nella vita reale?

Le paghiamo tutti. Del resto siamo esseri umani, assetati di potere e controllo, incapaci di fare buon uso dei miracoli che la nostra stessa mente compie. Sappiamo giocare a favore e contro di noi, salvarci e condannarci. Credo che sia la nostra natura, la nostra predisposizione. Anche il peggiore degli antagonisti agisce secondo coscienza. La sua coscienza. Tanti anni fa mi colpì molto il personaggio interpretato da Gene Hackman in Extreme Measures, soprattutto per la caratterizzazione psicologica: un perfetto “villain” con le sue salde convinzioni, certo di fare in realtà del bene con la sua pratica medica, anche se questo significa andare oltre ogni confine etico e umano. Lo sguardo dell’attore nel confronto finale con l’eroe della situazione (Hugh Grant) era quello di chi è sicuro di agire secondo una morale inoppugnabile. Credo che la mia dinastia Werner, a capo del colosso TD Pharma, sia molto vicina a questo modello.

Gli uomini muoiono ma gli ideali sopravvivono. Intervista a Leonardo Patrignani

Il personaggio “ombra” che incombe sui protagonisti del libro è una casa farmaceutica che con le sue sperimentazioni condiziona le scelte e la stessa vita degli abitanti di Aurora. È ancora aperta l’ennesima discussione pubblica sulla necessità o meno dei vaccini e relative sperimentazioni. Perché la scienza fa così paura secondo lei?

Perché tutto ciò che non conosciamo e su cui non abbiamo controllo, semplicemente, spaventa. E ci spinge quindi a dare retta a qualsiasi vento contrario, specialmente se espresso in toni enfatici. La rete è diventata il terreno perfetto per il germogliare di teorie del tutto impresentabili in un consesso scientifico composto da professionisti, perché in rete il pubblico è l’uomo della strada, e l’uomo della strada non è in possesso delle conoscenze e competenze specifiche. Ma ha paura. Lo si spaventa con poco. Io stesso, da genitore, ho dovuto studiare come un dannato per arrivare a prendere una posizione in merito a certe questioni. Ma l’ho fatto con lo stesso approccio con cui mi documento prima della stesura di un romanzo. E dunque leggendo saggi, intervistando professionisti del settore (medico, in questo caso), passando al setaccio statistiche… solo così posso essere certo di aver preso una decisione secondo coscienza, e non perché ho dato credito a una notizia presa da una fonte discutibile. Cosa che però, mi rendo conto, è molto più facile, immediata, e dunque perfetta per arrivare alle masse.

Julian, protagonista del libro, dimostra coraggio e determinazione e a suo modo riesce a compiere la propria missione. Per salvare il mondo, o quantomeno per evitare di distruggerlo, bisogna attendere il coraggio di pochi o tanti cavalieri-Julian oppure è necessario un risveglio generale delle masse dal torpore e dall’apatia?

A volte basta un uomo, e la storia cambia. E per “uomo” intendo un essere umano, naturalmente, a prescindere dal sesso. Basta, quindi, una persona capace di innescare un meccanismo. Chiaro che poi, come in ogni rivoluzione delle menti, questo debba per forza comportare l’adesione di dieci, cento, mille persone convinte allo stesso modo. Il loro sacrificio donerà al genere umano un domani migliore. Ed è per tale motivo che una delle mie citazioni tematiche preferite di questo romanzo è: “gli uomini muoiono, gli ideali sopravvivono”.

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Gli uomini muoiono ma gli ideali sopravvivono. Intervista a Leonardo Patrignani

Lo scorso febbraio i ricercatori dell’Ifom (Fondazione Istituto FIRC di Oncologia Molecolare) di Milano pubblicano su «Nature Communications» i risultati della loro ricerca sulle molecole che bloccano l’invecchiamento cellulare. Il farmaco, time deal, utilizzato nel suo libro aveva lo stesso scopo. Ricerca e fantasia sembrano rincorrersi lungo un’autostrada che porterà il mondo verso…?

… verso l’estinzione! Scherzi a parte, tengo sotto controllo tutte queste nuove scoperte e pubblicazioni, e per quanto riguarda il tema della senescenza ho incrociato anche gli studi in questione. Dal mio punto di vista ho preferito “creare” un farmaco non biologico, ma ingegnerizzato. Per questo ho approfondito su alcuni saggi gli studi sulle nanotecnologie, che oltretutto in Aurora sono importanti anche in altri tipi di applicazioni, e sono un po’ il “marchio tecnologico” dell’isola. Tant’è vero che si riveleranno utilissime nel terzo atto del romanzo, andando “contro” alle stesse persone che se n’erano servite per i loro scopi. Ad ogni modo, forse è stato Verne a insegnarmi che una buona storia, anche fantastica, può avere un’attinenza estrema alla realtà. E anticipare il futuro. Per lo stesso motivo io rifuggo dalle etichette, e non riesco a parlare di “fantascienza” vera e propria per il Time Deal, ma di “futuristico possibile”, di “realismo distopico”, e allo stesso tempo mi rendo conto che – nel farlo – mi sto ingarbugliando in un’ennesima targhetta.

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La città-isola Aurora lentamente sembra risorgere illuminata e riscaldata da timidi raggi di sole… i suoi fan possono aspettarsi una seconda puntata di Time Deal?

Il mondo che ho raccontato è un territorio con diversi punti inesplorati, una mitologia in evoluzione, una situazione socio-politica il cui domani è ignoto. E poi abbiamo i nostri ragazzi, le storie, le relazioni e il futuro a cui vanno incontro. So che ai lettori piacerebbe saperne di più, me ne sto rendendo conto grazie alla valanga di opinioni sotto le quali mi trovo ancora sommerso, visto che siamo nel periodo di lancio. Sarà il mercato a decidere se torneremo ad Aurora, prima o poi. La mia penna, nel caso, è pronta.

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