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Irma Loredana Galgano

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Consolazione per gli spiriti: Fantasmi dello Tsunami

11 lunedì Lug 2022

Posted by Irma Loredana Galgano in Recensioni

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Exorma, FantasmidelloTsunami, recensione, RichardLloydParry, saggio

L’11 marzo 2011 due catastrofi hanno colpito il nord-est del Giappone. Questo libro parla del primo disastro: lo tsunami. 

La seconda è iniziata di sera, quando i reattori della centrale nucleare di Fukushima Dai-ichi si sono fusi, dopo che i sistemi di raffreddamento non erano entrati in funzione. Le esplosioni avvenute in tre reattori hanno sparso la ricaduta radioattiva nell’entroterra. Più di 200.000 persone hanno abbandonato le loro abitazioni ma, grazie a una rapida evacuazione e, secondo Lloyd Parry, a una buona dose di fortuna, nessuno è morto a causa delle radiazioni. È comunque troppo presto per essere certi delle conseguenze a lungo termine di Fukushima.

Il terremoto e lo tsunami, che hanno scatenato il disastro nucleare, hanno generato un effetto più immediato sulla vita umana. Quando il mare si è ritirato, oltre 18.500 persone sono rimaste schiacciate, bruciate vive o annegate. È stata la più grande perdita di vite umane in Giappone dopo il bombardamento atomico di Nagasaki avvenuto nel 1945.

Il terremoto delle 14:48:51 dell’11 marzo 2011 è stato il più grande che abbia mai colpito il Giappone e il quarto più potente nella storia della sismologia. Ha spostato la Terra di 16.5 centimetri dal suo asse; ha avvicinato il Giappone all’America all’incirca di quattro metri.1

Nello tsunami che ne è seguito, al suo culmine, l’acqua ha raggiunto l’altezza di trentasei metri e mezzo. Mezzo milione di persone sono state sfollate dalle loro case. 

Il terremoto e lo tsunami hanno causato più di 210 miliardi di dollari di danni.2

Si è trattato della più grande crisi che il Giappone ha dovuto affrontare dalla Seconda guerra mondiale. 

La terra intorno alla centrale nucleare sarà contaminata per decenni. I villaggi e le città distrutti dallo tsunami non potranno mai essere ricostruiti. 

Centinaia di migliaia di persone sono scese in piazza a manifestare contro il nucleare e i governi di Germania, Italia e Svizzera hanno abbandonato definitivamente l’energia nucleare. Ma poi il tempo passa, la mente sembra dimenticare, e si ritorna a parlare del nucleare come energia alternativa. 

Nucleare e gas sono considerate oggi energie utili e necessarie per la transizione energetica verde. A febbraio la Commissione europea li aveva inclusi fra gli investimenti sostenibili fino al 2030 e il voto è stato confermato proprio in questi giorni dal Parlamento europeo. 

Richard Lloyd Parry si reca nei luoghi più colpiti dallo tsunami e rimane impressionato allorquando il navigatore dell’auto gli indica di essere giunto a destinazione ma, osservando dai finestrini, nel mondo reale non c’era nulla. Un intero villaggio scomparso. 

Ricorda egli al lettore che, laddove si dovesse essere esposti a un violento terremoto, il posto più sicuro sarebbe proprio il Giappone, e il posto migliore di tutti è una scuola giapponese. Con una sola eccezione. Ed è su quella che Parry ha indagato. È di questo che parla il suo libro.

A Fukuji si era formato un gruppo di amici particolarmente forte e ben organizzato. Erano tutti genitori di bambini morti nella scuola elementare di Okawa. Il dolore li aveva fatti incontrare, ma non era la sofferenza in sé a unirli. Il combustibile del loro dolore, che gli aveva dato forma e lo aveva incanalato come le rive di un fiume, era la rabbia. 

«È il modo in cui sono morti. Più le cose vanno avanti, più capiamo. Capiamo che quelle vite avrebbero potuto essere salvate. Lo tsunami è stato un enorme disastro. Ma soltanto in una scuola, una sola nel paese, i bambini hanno perso la vita in questo modo: la scuola elementare di Okawa. Questo è un fatto e può essere spiegato solo da un fallimento: la scuola ha fallito a salvare la vita ai bambini. Loro hanno fallito. E non si sono scusati e non hanno fornito spiegazioni adeguate.»

Il terremoto aveva colpito alle 14:46. Le lancette dell’orologio della scuola si erano fermate alle 15:37, quando la corrente era saltata a causa del livello crescente dell’acqua.

Cosa è successo in quel frangente di tempo?

Come in molte istituzioni giapponesi, le operazioni della scuola elementare di Okawa erano governate da un manuale. Che non era stato aggiornato. L’aggiornamento è previsto ogni anno. 

In luogo di un più sensato consiglio di spostarsi su una collina o comunque in terreni più elevati rispetto al livello del mare, il manuale della scuola prevedeva, in caso di tsunami, lo stazionamento nel terreno aperto vicino alla scuola, un parco, o luoghi simili. 

Tra la scuola elementare di Okawa e la spiaggia di Matsubara intercorre una distanza in linea d’aria di due miglia e un quarto. Ma il pericolo alla scuola elementare non è giunto direttamente dal mare, bensì attraverso il fiume. 

Il Kitakami è stata la porta attraverso la quale lo tsunami ottenne l’accesso alla terra. Il fiume lo incanalò e lo concentrò, rendendolo sempre più intenso e forte, e lo scagliò sul fragile argine. 

Una grande quantità di persone era morta all’improvviso. I reattori nucleari esalavano veleno nell’aria. In qualunque paese tali eventi avrebbero di certo rappresentato il catalizzatore dell’indignazione, della protesta e dell’azione dei movimenti in favore del cambiamento.

«Noi giapponesi siamo risorti dalle ceneri della Seconda guerra mondiale utilizzando la nostra forza vitale per assicurare una ripresa duratura e l’attuale prosperità del paese. Non ho alcun dubbio che il Giappone supererà questa crisi, si riprenderà dalle conseguenze del disastro, ne uscirà più forte che mai e stabilirà un paese più attivo e migliore per le generazioni future.»3

Richard Lloyd Parry sottolinea come non accadde nulla de genere. La promessa di rinascita intravista nei centri per gli sfollati non sarebbe mai stata pienamente mantenuta. 

Rinvigorito dal periodo di opposizione, il vecchio partito liberaldemocratico tornò al potere, come lo era stato per cinquantatré degli ultimi cinquantasette anni. 

Il suo leader, Shinzo Abe è stato, ricorda l’autore, il Primo ministro più nazionalista dai tempi della guerra. Nonostante la preoccupazione nazionale per Fukushima, si impegnò fermamente per evitare la dismissione dei reattori nucleari giapponesi.

Shinzo Abe è rimasto vittima di un attentato lo scorso 8 luglio durante un evento elettorale per motivi che esulerebbero dalla sfera di influenza politica.

Il sistema di giustizia civile in Giappone, come la sua democrazia, sembra al di là di ogni critica. I giudici sono indipendenti, la corruzione e l’intimidazione quasi sconosciute. Ma al suo interno l’apparato è pregiudizialmente a favore dello status quo e delle istituzioni pubbliche e private che lo sostengono. Se qualcuno intraprende un’azione legale contro un’istituzione, una grande azienda, una banca o un governo locale, in Giappone l’istituzione vincerà quasi sempre.

Anche per questo la relativa vittoria dei genitori di Okawa è sembrato un grande evento. Anche se, a ben guardare, nonostante la concessione di un cospicuo risarcimento, i giudici non hanno mai espresso alcuna opinione sulle azioni del preside Kashiba, prima o dopo lo tsunami. Hanno assolto gli insegnanti per il confuso manuale di emergenza. Sono rimasti in silenzio riguardo l’evasività del Consiglio per l’istruzione e la scomparsa degli appunti dei colloqui con i bambini sopravvissuti. Sulle falsità dell’insegnante Junji Endo, sopravvissuto, e sulla sua incapacità di rendere conto delle proprie azioni.

Una sentenza che non solo non scrive la parole fine sulla vicenda ma non dona alcun conforto o agevolazione ai genitori nella ricerca di un po’ di serenità o pace.

Il reverendo Taio Kaneda, prete ed esorcista, riunì un gruppo di colleghi sacerdoti, scintoisti e buddisti, e persino un pastore protestante, per compiere una marcia rituale verso la città di Shizugawa, che era stata completamente distrutta. 

La processione di quegli uomini vestiti con abiti vivaci procedette tra le rovine: qualcuno di loro reggeva un cartello recante la scritta «Consolazione per gli Spiriti».

Camminarono per quattro ore. Gli automezzi continuarono a occuparsi delle macerie al loro passaggio. Gli operai, in casco da lavoro, raccoglievano i detriti e li scuotevano con fermezza lontano dai cingoli. I preti si sentirono a disagio. Cominciarono a sospettare che, lungi dall’essere di aiuto, costituissero un ostacolo indesiderato per le operazioni di rimozione. 

Kaneda confessò a Parry di essersi reso conto, insieme agli altri, che nulla di quanto avevano imparato sui rituali e sulle formule sarebbe stato efficace per affrontare ciò che avevano visto tutt’intorno a loro. La rovina che stavano osservando non poteva essere inquadrata dai principi e dalle teorie della religione. Si rese conto che tutto l’armamentario della religione era in realtà una corazza che serviva a proteggerli, e che l’unica via d’uscita era liberarsene. 

Tutti in Giappone cercavano consolazione. Più tempo passava, più diventava difficile trovarne.

Dopo che le vittime dello tsunami furono curate, rifocillate e protette, ci si sforzò di prevenire un’invisibile catastrofe secondaria di ansia, depressione e suicidio. 

Un’indagine condotta un anno dopo il disastro rivelò che quattro sopravvissuti su dieci lamentavano insonnia, e uno su cinque soffriva di depressione. Ci fu un aumento dell’alcolismo e delle malattie legate allo stress, come l’ipertensione. 

E non erano solo i sopravvissuti a cercare consolazione.

I sacerdoti esorcisti, tra i quali Kaneda, hanno raccontato di aver assistito numerose persone “possedute” dagli spiriti delle vittime dello tsunami. 

Si è liberi di credere o meno in questo genere di cose ma il punto dell’argomento trattato da Parry nel libro non è la veridicità in sé di quanto raccontato dagli esorcisti e dagli esorcizzati, quanto piuttosto il malessere diffuso delle anime, dei vivi, dei morti o dei sopravvissuti. 

Lo scopo ultimo del libro di Richard Lloyd Parry sembra essere un invito alla riflessione, oltre che alla conoscenza. Perché questa, forse, è l’unica strada verso la consapevolezza. 

Racconta Parry di un Giappone che raramente emerge. Del resto lui lo fa da “cittadino giapponese” vivendoci da molto tempo. Un paese i cui abitanti hanno per certo una forza, una volontà e una determinazione invidiabili ma tutto questo nasconde un duro e amaro rovescio della medaglia. E Parry ha dimostrato di saperlo egregiamente raccontare.

Il libro

Richard Lloyd Parry, Fantasmi dello Tsunami. Nell’antica regione del Tohoku, Éxòrma, Roma, 2021.

Traduzione di Pietro Del Vecchio.

Titolo originale: Ghosts of the Tsunami. Prima edizione Jonathan Cape, United Kingdom, 2017.

L’autore

Richard Lloyd Parry: corrispondente dall’Asia per «The Times».


1Kenneth Chang, Quake Moves Japan Closer to U.S. and Alters Earth’s Spin, «New York Times», 14 marzo 2011.

2Jeff Kingston, Introduzione, in Id., (a cura di), Natural Disaster and Nuclear Crisis in Japan, Routledge, Abingdon, 2012.

3Cit. Naoto Kan, Primo ministro dell’epoca.



Articolo disponibile anche qui


Source: Si ringrazia l’Agenzia Anna Maria Riva per la disponibilità e il materiale.

Disclosure: Per le immagini, tranne la copertina del libro, credits www.pixabay.com


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“L’acqua alta e i denti del lupo” di Emanuele Termini (Ĕxòrma Edizioni, 2019)

02 lunedì Mar 2020

Posted by Irma Loredana Galgano in Recensioni

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EmanueleTermini, Exorma, Lacqualataeidentidellupo, recensione, romanzo

Emanuele Termini, L’acqua alta e i denti del lupo. Josif Džugašvili a Venezia, Ĕxòrma Edizioni, Roma, 2019 (Prima edizione ottobre 2019, pagine 192, prezzo euro 15.00, collana Scritti Traversi)

Fin dal momento in cui si prende in mano per la prima volta il piccolo libro di Emanuele Termini, stampato in un formato tascabile, ci si rende conto che, unitamente ai protagonisti della vicenda narrata, è la città di Venezia a dominare l’intera scena narrativa e visiva. Ricchissimo infatti di illustrazioni, L’acqua alta e i denti del lupo sembra essere stato studiato proprio per catturare trasversalmente i sensi del lettore.

Riprende l’autore una storia del recente passato avvolta da una fitta nebbia di mistero, di domande senza risposta e di ipotesi più o meno verificate o verificabili.
Nei primi mesi del 1907, l’allora ventinovenne Josif Vissarionovič Džugašvili (il futuro Stalin) avrebbe soggiornato nella laguna veneta, ospite dei mechitaristi del Monastero di San Lazzaro degli Armeni. Le delicate implicazioni rispetto al futuro del Partito che guidò la Rivoluzione Russa del 1917, furono il motivo per cui quel viaggio doveva rimanere segreto. Negli anni Cinquanta il giornalista italiano Gustavo Traglia, forse con troppo anticipo rispetto ai consueti tempi necessari affinché una vicenda possa diventare Storia, cercò di scoprire le motivazioni che avrebbero portato il leader bolscevico in Europa ma la pubblicazione delle sue ricerche sarebbe stata nettamente ostacolata.
Oggi, dopo oltre cinquant’anni dal lavoro di Traglia, Emanuele Termini indaga, insegue le tracce e i tanti pseudonimi che Josif Vissarionovič Džugašvili avrebbe disseminato lungo il suo cammino, accede all’archivio di Traglia, incontra persone che prima di lui hanno raccolto indizi, rintraccia le fonti, e passo dopo passo si persuade sempre più che si tratterebbe di fatti realmente accaduti.
Il viaggio che Stalin avrebbe compiuto passando da Venezia per raggiungere Berlino, e Lenin, narrato da Termini assume spesso tratti rocamboleschi davvero ai limiti della leggenda: infatti prima avrebbe viaggiato come clandestino nella sala macchine di un cargo che trasportava grano da Odessa fino ad Ancona, poi con l’aiuto degli anarchici anconetani sarebbe arrivato a Venezia e presentato alla soglia del monastero di San Lazzaro degli Armeni da dove poi infine si sarebbe allontanato clandestinamente per riapparire a Londra qualche mese dopo.
A rendere però più che plausibile questo viaggio, viene riportata nel testo l’intervista di Emil Ludwig nel 1931 al Segretario generale del Partito comunista dell’Unione Sovietica al Cremlino.

«Diverse furono le domande scomode che Ludwig rivolse al dittatore e quando gli chiese un parere in merito “all’amore tipicamente tedesco per l’ordine, più sviluppato dell’amore per la libertà”, Stalin rispose con un aneddoto vissuto in prima persona:
“Quando nel 1907 mi capitò di trovarmi a Berlino...»

Una storia, quella narrata da Termini, che si snoda lungo due filoni narrativi distinti, afferenti a precisi capitoli del libro. Da una parte racconta la biografia di Stalin soffermandosi molto sull’attività politica, l’esilio in Finlandia e le tante peregrinazioni in lungo e in largo per l’Europa. Dall’altra invece il lettore segue passo passo le frenetiche ricerche svolte dal protagonista del libro, il quale indaga in ogni dove e, proprio come un segugio, non tralascia alcuna traccia o indizio.
Sullo sfondo, ma sempre pronta ad emergere, la Serenissima in tutto il suo splendore, senza tempo e senza limiti.

Degno d’attenzione è apparso sin dalle prime pagine lo stile narrativo di Emanuele Termini, il quale con L’acqua alta e i denti del lupo è al suo esordio letterario. Una scrittura avvolgente e coinvolgente, complice anche la passione e l’interesse che egli sembra provare per la vicenda indagata e per la città raccontata. Un vero e proprio amore che trasmette al lettore, unitamente a quel senso di smarrimento, incanto o meraviglia. Basti citare il passaggio nel quale descrive le sensazioni provate all’ingresso della molto famosa libreria Acqua Alta.

«C’era una sorta di magia dentro quello spazio disordinato e privo di indicazioni, ognuno seguiva i propri interessi mosso dal suo rapporto personale con i libri. […] Una scala fatta di enciclopedie offriva un’insolita vista su Rio de la Tetta, mentre una piccola porticina dava su Calle Pinelli. A metà libreria, vicino a una gondola, c’era un altro passaggio che permetteva di raggiungere la saggistica, la letteratura italiana, i fumetti e un angolo dedicato ai libri d’arte e agli spartiti musicali. In fondo alla stanza un’altra via di fuga, verso l’acqua. […]. La persona a cui chiesi informazioni mi invitò a guardare con attenzione uno strano quadro che teneva in bella vista, una sorta di cartoncino piegato in uno strano modo, dove Venezia diventava tridimensionale.»

L’acqua alta e i denti del lupo di Emanuele Termini non raggiunge la tridimensionalità ma è per certo una lettura consigliata.


Articolo originale qui


Source: Si ringrazia la Anna Maria Riva Comunicazione & Promozione per la disponibilità e il materiale



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