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Irma Loredana Galgano

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“Il Seme della Speranza” di Emiliano Reali (Watson edizioni, 2020)

11 martedì Ago 2020

Posted by Irma Loredana Galgano in Recensioni

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EmilianoReali, fantascienza, fantasy, IlSemedellaSperanza, recensione, Watsonedizioni

A maggio 2020 esce, con Watson edizioni, la versione rinnovata del fantasy di Emiliano Reali Il Seme della Speranza. Un libro strutturato su diversi livelli di scrittura che danno adito ad altrettanti strati interpretativi. Una storia creata per essere una amena lettura, per i lettori più giovani che tanto sembrano apprezzare il genere, oppure un profondo e articolato spunto di riflessione su tematiche varie ma tutte di stretta attualità.

Come molti romanzi di fantascienza le vicende narrate si sviluppano a cavallo tra due realtà, o mondi come vengono definiti in questo caso. Il primo, quello dominato dalla magia, simbolicamente perfetto in ogni sua manifestazione, l’altro, corrispondente al pianeta Terra, devastato da tutta una serie di problematiche che vanno dai danni all’ambiente alla depravazione dei suoi abitanti.

Nell’eterna lotta tra il bene e il male entrano in gioco, nel libro di Reali, vari elementi presi dall’immaginario collettivo o da influenze religiose. Come il libero arbitrio donato agli uomini della Terra dalla generatrice del mondo magico Spirya. Una libertà dosata male e usata anche peggio che condurrà all’apparente irreversibilità del degrado e della distruzione, che coinvolgerà anche la medesima dea sovrana.

Ma, come ogni fantasy che voglia definirsi tale, ci saranno gli impavidi protagonisti pronti a tutto pur di salvare capre e cavoli, in questo caso mondo vero e mondo magico. Quattro Spiriti fratelli che sono l’incarnazione degli elementi principali: acqua, aria, terra, fuoco.

Tra accadimenti avventurosi, ripensamenti e risentimenti, battute d’arresto e riprese motivazionali si snoda la seconda parte della storia, in parallelo tra i due mondi legati a doppio filo nel bene e nel male. Un fantasy che a tratti sembra strizzare l’occhio alle più classiche delle fiabe per bambini, dove la morale invita tutti a non arrendersi mai, neanche davanti a difficoltà che sembrano insormontabili. A dire il vero, molti sono gli elementi presenti nel libro di Emiliano Reali che rimandano al mondo delle fiabe prima ancora che al fantasy vero e proprio. Non da ultimo il talismano magico che si rivelerà fondamentale per la buona riuscita dell’eroica impresa del protagonista, il seme della speranza appunto.

La parola d’ordine del libro comunque resta senza ombra di dubbio alcuno fantasia. L’autore ha senz’altro dato libero sfogo alla sua fantasia, trascrivendo avventure e personaggi che deve aver coltivato per anni nel suo personale immaginario, inserendo nel testo una quantità davvero notevole di personaggi, oggetti, ambienti e situazioni al punto che, a tratti, il libro tende ad assomigliare a un immenso calderone magico all’interno del quale ribollono tutti insieme, personaggi e accadimenti, e il lettore si aspetta, da un momento all’altro, una grande e potente “esplosione”. Ed è proprio grazie a ciò che si riesce a mantenere alto il livello di attenzione durante la lettura. La scrittura, invece, non subisce particolari o rilevanti climax ascendenti, mantenendo al contrario un ritmo pressoché costante.

Il registro narrativo è semplice e chiaro, il fraseggio breve e, fatta eccezione per la terminologia che potremmo definire tecnica del fantasy, lo stile è tutto sommato lineare. Di sicuro questo potrebbe agevolare la lettura da parte di un pubblico più giovane al pari della velatura protettiva con la quale sono nascosti gli argomenti più sensibili trattati nel testo, che potrebbero, in questo modo, anche sfuggire a giovani lettori per i quali rischierebbero di non essere adatti senza un adeguato supporto e sostengo.


Articolo disponibile anche qui


Source: Si ringrazia l’autore per la disponibilità e il materiale


Disclosure: Per la prima immagine credits www.pixabay.com


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© 2020, Irma Loredana Galgano. Ai sensi della legge 633/41 è vietata la riproduzione totale e/o parziale dei testi contenuti in questo sito salvo ne vengano espressamente indicate la fonte irmaloredanagalgano.it) e l’autrice (Irma Loredana Galgano).

“Arma Infero. Il mastro di forgia” di Fabio Carta (Inspired Digital Publishing, 2015)

29 martedì Gen 2019

Posted by Irma Loredana Galgano in Recensioni

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ArmaInfero, FabioCarta, fantascientifico, fantascienza, fantasy, InspiredDigitalPublishing, recensione, romanzo

Gli appassionati di fantasy amano immergersi in queste interminabili saghe dalle quali spesso vengono tratti altrettanti “corposi” film. Se lo scopo di questo genere di letture è l’estraniarsi completamente dal mondo reale per immergersi in quello immaginato dallo scrittore per i suoi lettori, allora le migliaia di pagine che vanno a comporre queste opere letterarie possono anche sembrare una quantità equa, giusta. Se invece lo scopo di chi legge è trovare anche altro l’impresa può farsi oltremodo ardua.

Fabio Carta, che in apertura del libro mette nero su bianco la sua passione per Guerre Stellari, per Star Trek e per tutto ciò che riguarda il genere, resta pienamente fedele alla tradizione e scrive una trilogia, Arma Infero, di cui solo il primo libro conta quasi settecento pagine. L’opera di Carta somiglia molto a un distopico all’interno del quale l’autore è riuscito a inserire i frammenti dell’altra sua grande passione: la Storia. E questo è fuor di dubbio l’aspetto più originale del libro. Un mix di narrazioni fantastiche e storiche che oppongono e al contempo legano due mondi: quello terrestre e il pianeta Muareb.

Quello che invece non convince è il linguaggio scelto dall’autore. Troppo carico di espressioni lontane dall’uso quotidiano, ancora una volta ottenute dalla sintesi del vecchio (la Storia) con il nuovo (l’extra-terrestre). Per quanto riguarda il registro linguistico forse Carta ha marcato troppo la sua volontà di dare un carattere forte e deciso al suo testo, che appare in questo modo a tratti molto appesantito proprio dal linguaggio eccessivamente ricercato.
I personaggi sono ben delineati e il lettore impara fin da subito a riconoscerli e identificarli all’interno del narrato. Sulle eccessive descrizioni ambientali invece vale un discorso analogo a quello fatto per il linguaggio. Il voler definire con la scrittura ogni dettaglio anche minimo toglie un po’ di spazio alla fantasia del lettore e appesantisce la narrazione.

Si intravede nel racconto una denuncia per la distruzione protratta e inarrestabile cui viene sottoposto continuamente il pianeta Terra da parte dei suoi abitanti umani e questo è senz’altro un aspetto molto interessante che lega il romanzo all’attualità. Aspetto che però Carta preferisce lasciare a margine della vicenda narrata. D’altronde si sta parlando di un fantascientifico e non di un romanzo-denuncia. Altri autori contemporanei di questo genere narrativo o cinematografico però hanno scelto di spostare l’attenzione anche su questa tipologia di “denuncia” e il risultato è sembrato molto interessante. Si riportano a titolo di esempio i libri della trilogia Silo di Hugh Howey o le opere di James Cameron, in particolare Avatar. Nel primo caso l’autore, attraverso la narrazione degli eventi, denuncia in maniera velata ma decisa le scelte politiche ed economiche spietate e immotivate dei governi occidentali, in ispecie quello americano. Nel secondo invece il regista canadese porta gli spettatori, attraverso le azioni degli avatar, a conoscere il mondo meraviglioso degli autoctoni di Pandora, facilmente identificabili con i nativi o con gli indios. Un universo incontaminato che rischia l’estinzione a causa dell’avidità economica degli esponenti del mondo “civilizzato”.
Fabio Carta scegli un finale aperto, del resto doveva già avere in mente i sequel al momento in cui ha scritto il primo libro, Il mastro di forgia. Pratica molto comune tra gli autori di fantasy.

Un libro, Arma Infero. Il mastro di forgia di Fabio Carta che nel complesso non delude di certo gli appassionati del genere che potranno immergersi nell’immaginario mondo di Muareb, lasciarsi stregare dall’intreccio serrato di accadimenti, intrighi e misteri sempre in bilico tra passato, presente e futuro.


Articolo originale qui


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“Il segreto della sorgente” di Luca Rossi (Autopubblicazione, 2017)

31 giovedì Mag 2018

Posted by Irma Loredana Galgano in Recensioni

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distopico, fantascientifico, fantasy, Ilsegretodellasorgente, Iramideltempo, LucaRossi, recensione, Trilogia

Con Il segreto della sorgente si chiude la trilogia scritta e autopubblicata da Luca Rossi I rami del tempo. Una saga fantascientifica che abbraccia vasti mondi e dimensioni lungo un immenso quanto indefinito arco temporale.

L’ambientazione è lo Spazio ma il modo di raccontarlo è molto “fantasy” e rispecchia più l’idea che l’autore sembra avere di esso che non la sua reale conformazione. Lo stesso può dirsi delle emozioni che ai protagonisti vengono riferite da Rossi, attribuibili più a persone che immaginano lo Spazio rispetto a coloro che lo hanno “abitato” davvero, come gli astronauti per esempio.

La narrazione è lenta, l’autore si sofferma molto sui dettagli non solo ambientali ma anche di pensiero. Racconta molto Rossi le emozioni e le sensazioni dei protagonisti.

Il “copione”, se così possiamo definirlo, ricalca il classico schema dei libri e, soprattutto, dei film fantascientifici. Una sorta di Apocalisse, che nella trilogia di Rossi ha avuto luogo nel primo volume; i protagonisti miracolosamente scampati e costretti a intraprendere il “cammino” della rinascita che, in questo caso, si tratterà di una trasmigrazione spazio-temporale; la scoperta di essere a ciò predestinati e il nuovo e risolutivo cammino verso l’epilogo.

Il genere fantascientifico, come anche lo stesso distopico, nasce proprio con lo scopo di meravigliare il lettore, di stupirlo con gli scenari e le ambientazioni, le avventure e imprese eroiche, i contrasti e le affinità con il mondo reale… L’autore è stato forse troppo “attento” a restare sempre nel fantasioso, e ciò vale sia per l’ambientazione che per i personaggi, che restano nell’universo per loro creato e immaginato e lì rimangono senza appassionare o coinvolgere più di tanto il lettore. Meglio invece i riferimenti alla situazione economica, finanziaria e politico-militare che aiutano il lettore a ricollegare quanto legge con considerazioni e riflessioni sull’attualità.

Rossi ha dichiarato di voler intraprendere la tortuosa e difficile strada della scrittura “a tempo pieno”. Un “cammino” che di certo non è meno lungo o accidentato di quello che lui stesso ha fatto percorrere ai protagonisti de Il segreto della sorgente e dell’intera saga. Si consiglia di perseverare quanto e come loro. L’impegno che per certo ci sta mettendo lo aiuterà senz’altro.


Source: Si ringrazia l’autore Luca Rossi per la segnalazione e il materiale


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Cosa accadrebbe se la Rete fosse distrutta? “L’ultimo angolo di mondo finito” di Giovanni Agnoloni (Galaad, 2017)

07 lunedì Ago 2017

Posted by Irma Loredana Galgano in Recensioni

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distopico, fantascientifico, fantasy, GalaadEdizioni, GiovanniAgnoloni, internet, Lacasadeglianonimi, Lultimoangolodimondofinito, Partitadianime, recensione, Rete, Sentieridinotte, Trilogia

È una domanda che in tanti si fanno: cosa accadrebbe al mondo se improvvisamente internet non fosse più accessibile? Nel giro di pochi anni la Rete è diventata uno strumento indispensabile. Perché?

Giovanni Agnoloni di domande di questo genere se ne deve essere poste molte.

Esce a marzo di quest’anno il capitolo conclusivo della serie a sua firma dedicata proprio alla fine di internet.

L’ultimo angolo di mondo finito, preceduto da La casa degli anonimi, Partita di anime e Sentieri di notte, pubblicati tutti dalla casa editrice Galaad è, come gli altri, un romanzo distopico nel quale l’Apocalisse non riguarda una distruzione di facile individuazione, come un bombardamento o una qualsiasi altra catastrofe naturale, non per questo però meno devastante per gli abitanti della Terra.

Il progetto editoriale di Agnoloni è imponente e complesso e gli sono voluti ben quattro libri per portarlo avanti come si era evidentemente prefisso, quasi come un cammino necessario affinché il suo lettore comprendesse l’importanza del passare da una visione e una cognizione esteriore a un’altra, più profonda e meditativa, che emerge con tutta la sua ‘potenza’ ne L’ultimo angolo di mondo finito dove è innegabilmente l’interiorità di ognuno e di tutti il filo conduttore della narrazione.

I protagonisti sono gli stessi degli altri capitoli ma in questo libro conclusivo sono diversi. Più coscienti ma al tempo stesso più smarriti. La soluzione alle vicende narrate l’autore la offre, i lettori che ne sono in cerca non resteranno scontenti, ma sembra una soluzione ‘scenica’ quando, in realtà, le considerazioni che fuoriescono dalla lettura inducono in riflessioni non semplici e di non facile risoluzione. Pensieri che rimandano all’origine del problema, ai motivi che hanno indotto alla volontà di eliminare la Rete. Un gesto che aveva trasformato il mondo, rivoluzionandolo, eppure la cui utilità era evanescente. La gente che sembrava «stesse recuperando l’umanità che aveva smarrito» in realtà sembrava quasi fin troppo smarrita e bisognosa di attaccarsi ad altro, qualsiasi altra cosa le desse il ‘sostegno’ ricevuto fino ad allora da internet e ha finanche creduto di poterlo trovare negli ologrammi. Non era bastato oscurare la Rete perché «la gente voleva essere schiava» e credeva di poter sostituire i social network con gli ologrammi perché «riflettendosi in quegli specchi fittizi, le persone avrebbero creduto di essersi finalmente trasformate in ciò che non erano mai riuscite a essere».

Il desiderio più o meno inconscio che da sempre sembra accompagnare ‘le masse’ di ottundere sensi e volontà, rifiutare di conoscere se stessi e di migliorarsi, scegliere di affidarsi a chiunque prometta la soluzione ‘migliore’ contribuendo a generare e mantenere «un modello di società diretto dall’alto e privo di elementi di dissenso».

Nonostante il testo sia strutturato in tre differenti contestualizzazioni narrative, il registro narrativo utilizzato dall’autore risulta sempre chiaro e la narrazione scorrevole e piacevole, con un crescendo di suspense e aspettativa man mano che ci si avvicina all’epilogo. E anche se al lettore pare già di conoscere la storia che, in L’ultimo angolo di mondo finito, è, per ovvi motivi, meno auto-conclusiva rispetto agli altri capitoli della serie, comprende fin da subito che la vera novità di questo libro è l’ottica verso cui Agnoloni cerca di ‘indirizzare’ i propri lettori, o quantomeno la strada che sceglie di illuminare per essi. Apparentemente sembra un’angolazione, un semplice punto di vista mentre, in realtà, è una fase, quella principale, del percorso che l’autore ha immaginato e fortemente tracciato per i lettori. Porsi degli interrogativi, cercare le risposte, osservare il mondo, vedere se stessi, ritrovarsi in un contesto, compiere delle scelte, avanzare o arrendersi.

Senza pretese e privo di qualsiasi manifestazione stilistica o narrativa di arroganza Giovanni Agnoloni ha egregiamente completato il suo progetto editoriale che potrà essere condiviso e apprezzato oppure no ma, di sicuro, non potrà essere sminuito nella sua importanza e completezza.

Un buon libro, L’ultimo angolo di mondo finito, che fa parte e conclude l’ottima serie di romanzi dedicati alla fine di internet ma che contengono molto, molto altro ancora. Testi da leggere che non deludono gli amanti del fantascientifico ma per il cui valore letterario possono facilmente essere apprezzati anche da chi il genere non lo preferisce.

Source: si ringrazia l’autore Giovanni Agnoloni per la disponibilità e il materiale

Disclosure: fonte trama libro e biografia autore www.galaadedizioni.com

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Gli uomini muoiono ma gli ideali sopravvivono. Intervista a Leonardo Patrignani

08 sabato Lug 2017

Posted by Irma Loredana Galgano in Interviste

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DeA, DeAgostini, distopico, fantascientifico, fantasy, intervista, LeonardoPatrignani, romanzo, TimeDeal

Gli uomini muoiono ma gli ideali sopravvivono. Intervista a Leonardo Patrignani

Un racconto “futuristico possibile” che porta il lettore su una città-isola governata dalla tecnologia estrema e dalle sperimentazioni “selvagge” volte a rincorrere il desiderio degli uomini dalla notte dei tempi: l’eterna giovinezza. Ma a quale scopo e a quale prezzo tutto ciò? Interrogativi che si è posto lo stesso autore prima dei suoi lettori e che accompagnano la lettura di Time Deal, il nuovo distopico di Leonardo Patrignani edito da De Agostini.

Curiosità inerenti la storia raccontata e riflessioni sull’attualità scientifica hanno fatto da filo conduttore dell’intervista con l’autore.

Il protagonista di Time Deal fa un patto con se stesso e contro il tempo e giura che sarà per sempre. Nella città di Aurora come nel mondo reale però il tempo è sempre tiranno. Si intravedono delle sfumature particolari che ha voluto dare al concetto di eternità. Esattamente cosa voleva trasmettere ai suoi lettori?

Uno dei miei intenti era quello di rappresentare l’estrema fragilità del concetto di “tempo”. La sua mutevolezza, il suo dipendere costantemente dall’interpretazione soggettiva, emozionale, di ciascuno di noi. Posso promettere ai miei figli di amarli per sempre, ma è un arco di tempo quantificabile? Il mio “sempre” è limitato dalle circostanze materiali legate al corpo, alla sua salute, al suo perdurare nel tempo fino all’inevitabile declino. Tutto questo in Aurora viene messo in discussione, ribaltato, e ci permette dunque di confrontarci con dilemmi di natura etica. Di riflettere sulle scelte che compiamo ogni giorno.

Tecnologia e sperimentazione a ogni costo oppure agire secondo coscienza e morale. Un dualismo che caratterizza i tempi moderni e che sembra il nocciolo della vicenda narrata in Time Deal. Chi paga le conseguenze delle scelte sbagliate nel libro e nella vita reale?

Le paghiamo tutti. Del resto siamo esseri umani, assetati di potere e controllo, incapaci di fare buon uso dei miracoli che la nostra stessa mente compie. Sappiamo giocare a favore e contro di noi, salvarci e condannarci. Credo che sia la nostra natura, la nostra predisposizione. Anche il peggiore degli antagonisti agisce secondo coscienza. La sua coscienza. Tanti anni fa mi colpì molto il personaggio interpretato da Gene Hackman in Extreme Measures, soprattutto per la caratterizzazione psicologica: un perfetto “villain” con le sue salde convinzioni, certo di fare in realtà del bene con la sua pratica medica, anche se questo significa andare oltre ogni confine etico e umano. Lo sguardo dell’attore nel confronto finale con l’eroe della situazione (Hugh Grant) era quello di chi è sicuro di agire secondo una morale inoppugnabile. Credo che la mia dinastia Werner, a capo del colosso TD Pharma, sia molto vicina a questo modello.

Gli uomini muoiono ma gli ideali sopravvivono. Intervista a Leonardo Patrignani

Il personaggio “ombra” che incombe sui protagonisti del libro è una casa farmaceutica che con le sue sperimentazioni condiziona le scelte e la stessa vita degli abitanti di Aurora. È ancora aperta l’ennesima discussione pubblica sulla necessità o meno dei vaccini e relative sperimentazioni. Perché la scienza fa così paura secondo lei?

Perché tutto ciò che non conosciamo e su cui non abbiamo controllo, semplicemente, spaventa. E ci spinge quindi a dare retta a qualsiasi vento contrario, specialmente se espresso in toni enfatici. La rete è diventata il terreno perfetto per il germogliare di teorie del tutto impresentabili in un consesso scientifico composto da professionisti, perché in rete il pubblico è l’uomo della strada, e l’uomo della strada non è in possesso delle conoscenze e competenze specifiche. Ma ha paura. Lo si spaventa con poco. Io stesso, da genitore, ho dovuto studiare come un dannato per arrivare a prendere una posizione in merito a certe questioni. Ma l’ho fatto con lo stesso approccio con cui mi documento prima della stesura di un romanzo. E dunque leggendo saggi, intervistando professionisti del settore (medico, in questo caso), passando al setaccio statistiche… solo così posso essere certo di aver preso una decisione secondo coscienza, e non perché ho dato credito a una notizia presa da una fonte discutibile. Cosa che però, mi rendo conto, è molto più facile, immediata, e dunque perfetta per arrivare alle masse.

Julian, protagonista del libro, dimostra coraggio e determinazione e a suo modo riesce a compiere la propria missione. Per salvare il mondo, o quantomeno per evitare di distruggerlo, bisogna attendere il coraggio di pochi o tanti cavalieri-Julian oppure è necessario un risveglio generale delle masse dal torpore e dall’apatia?

A volte basta un uomo, e la storia cambia. E per “uomo” intendo un essere umano, naturalmente, a prescindere dal sesso. Basta, quindi, una persona capace di innescare un meccanismo. Chiaro che poi, come in ogni rivoluzione delle menti, questo debba per forza comportare l’adesione di dieci, cento, mille persone convinte allo stesso modo. Il loro sacrificio donerà al genere umano un domani migliore. Ed è per tale motivo che una delle mie citazioni tematiche preferite di questo romanzo è: “gli uomini muoiono, gli ideali sopravvivono”.

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Lo scorso febbraio i ricercatori dell’Ifom (Fondazione Istituto FIRC di Oncologia Molecolare) di Milano pubblicano su «Nature Communications» i risultati della loro ricerca sulle molecole che bloccano l’invecchiamento cellulare. Il farmaco, time deal, utilizzato nel suo libro aveva lo stesso scopo. Ricerca e fantasia sembrano rincorrersi lungo un’autostrada che porterà il mondo verso…?

… verso l’estinzione! Scherzi a parte, tengo sotto controllo tutte queste nuove scoperte e pubblicazioni, e per quanto riguarda il tema della senescenza ho incrociato anche gli studi in questione. Dal mio punto di vista ho preferito “creare” un farmaco non biologico, ma ingegnerizzato. Per questo ho approfondito su alcuni saggi gli studi sulle nanotecnologie, che oltretutto in Aurora sono importanti anche in altri tipi di applicazioni, e sono un po’ il “marchio tecnologico” dell’isola. Tant’è vero che si riveleranno utilissime nel terzo atto del romanzo, andando “contro” alle stesse persone che se n’erano servite per i loro scopi. Ad ogni modo, forse è stato Verne a insegnarmi che una buona storia, anche fantastica, può avere un’attinenza estrema alla realtà. E anticipare il futuro. Per lo stesso motivo io rifuggo dalle etichette, e non riesco a parlare di “fantascienza” vera e propria per il Time Deal, ma di “futuristico possibile”, di “realismo distopico”, e allo stesso tempo mi rendo conto che – nel farlo – mi sto ingarbugliando in un’ennesima targhetta.

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La città-isola Aurora lentamente sembra risorgere illuminata e riscaldata da timidi raggi di sole… i suoi fan possono aspettarsi una seconda puntata di Time Deal?

Il mondo che ho raccontato è un territorio con diversi punti inesplorati, una mitologia in evoluzione, una situazione socio-politica il cui domani è ignoto. E poi abbiamo i nostri ragazzi, le storie, le relazioni e il futuro a cui vanno incontro. So che ai lettori piacerebbe saperne di più, me ne sto rendendo conto grazie alla valanga di opinioni sotto le quali mi trovo ancora sommerso, visto che siamo nel periodo di lancio. Sarà il mercato a decidere se torneremo ad Aurora, prima o poi. La mia penna, nel caso, è pronta.

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I cani salvano il mondo in “Grande Nudo” di Gianni Tetti

30 lunedì Gen 2017

Posted by Irma Loredana Galgano in Recensioni

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distopico, fantascientifico, fantasy, GianniTetti, GrandeNudo, NeoEdizioni, recensione, romanzo, TrilogiadelVento

 

I cani salvano il mondo in “Grande Nudo” di Gianni Tetti

Cosa accadrebbe al nostro pianeta se terremoti, incendi, attentati e sortilegi lo devastassero al punto da ridurlo tutto in macerie? Gianni Tetti lo ha immaginato e in Grande Nudo (Neo Edizioni, 2016) racconta la sua versione dell’Apocalisse. Anche se, a onor del vero, va detto che il suo “mondo” è un’isola e i sopravvissuti i suoi abitanti.

Grande Nudo rappresenta il capitolo conclusivo della Trilogia del Vento, incentrato sul racconto di un’umanità allo sbaraglio che vive seguendo i suoi più bassi istinti spaziando dalla libido al desiderio di autoconservazione. La parte iniziale del libro si distanzia molto dalle altre due. Il pericolo che incombe sugli ignari abitanti dell’isola sembra remoto e protagonisti e lettori ne hanno solo un vago sentore. Non per questo il racconto si rivela meno inquietante. Prologo ed epilogo sembrano narrazioni indipendenti: non aiutano il lettore a entrare nel vivo della storia né tantomeno gli mostrano in maniera chiara la conclusione della vicenda.

Tetti mette a nudo la parte peggiore che può celarsi in ogni individuo. I pensieri e le emozioni più recondite, quelle che si fatica ad ammettere anche con se stessi. Devianze, perversioni, istinti razzisti e atteggiamenti omofobi vengono narrati dall’autore attraverso il racconto della mente dei protagonisti i quali, messi alle strette dalla propria coscienza, non possono non riflettersi nello specchio dell’anima, troppo spesso nera, argutamente mistificata nel relazionarsi con gli altri.

I cani salvano il mondo in “Grande Nudo” di Gianni Tetti

In diversi punti sembra che l’idea dell’autore richiami in parte quella narrata da Pirandello nelle sue novelle, quando i protagonisti smettono le maschere indossate per apparire con gli altri e, restando soli con se stessi, mettono in scena il proprio io. Un qualcosa di simile si ritrova nelle pagine di Grande Nudo, anche se il tutto è narrato con uno stile più confusionario di quello del grande drammaturgo.

Il testo si apre al lettore con una citazione di Lucio Dalla, con il passaggio di un suo brano musicale nel quale afferma o metaforicamente si interroga su «come è profondo il mare». Parafrasando la citazione si potrebbe affermare o interrogarsi metaforicamente su «come è profondo il male». Grande Nudo sembra essere stato scritto per questo.

Le oltre seicento pagine che compongono il testo sono racconti di storie in bilico tra realismo e fantasia, tra realtà e credenze popolari, superstizioni e paranoie varie. Un simbolico cammino, quasi un avanzare come una marcia degli umili, degli inetti, dei poveri, dei derelitti… i dimenticati e i rinnegati che guadagnano il loro riscatto grazie anche alla Natura che li aiuta per il tramite di uno stregone (majarzu) e dei cani, da sempre fedeli amici dell’uomo, che svolgono un ruolo determinante per il loro riscatto.

I cani salvano il mondo in “Grande Nudo” di Gianni Tetti

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Grande Nudo di Gianni Tetti sembra un distopico alla rovescia, nel quale disperazione perversione criminalità e cattiveria non si scatenano come conseguenza di un evento catastrofico ma ne sono solo il preludio. Nella narrazione si mescolano immagini e personaggi del presente e del passato e scene apocalittiche di un presente senza tempo, o meglio fuori da un limite spazio-temporale ben definito, eppure in ogni dove e in ogni quando riconoscibili. Un libro, quello di Tetti, fuori dall’ordinario soprattutto per lo stile della narrazione, confusionario e caotico ma in grado lo stesso di svelare il grande nudo dei pensieri e dei sentimenti degli umani.

http://www.sulromanzo.it/blog/i-cani-salvano-il-mondo-in-grande-nudo-di-gianni-tetti

© 2017, Irma Loredana Galgano. Ai sensi della legge 633/41 è vietata la riproduzione totale e/o parziale dei testi contenuti in questo sito salvo ne vengano espressamente indicate la fonte irmaloredanagalgano.it) e l’autrice (Irma Loredana Galgano).

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