Francesco Gnerre è cresciuto in una piccola comunità nella quale «l’omosessualità semplicemente non esisteva», ovvero ci si riferiva a essa solo attraverso «qualche vago accenno offensivo e denigratorio».
L’offesa che vuol diventare “semplice” presa in giro nella certezza che se la comunità e la Chiesa la pensano allo stesso modo allora si è per forza dalla parte giusta. Ed è il diverso, l’altro che proprio in quanto tale “deve” aspettarsi un simile trattamento.
Il problema è che questa mentalità non riguarda solo le piccole comunità del Sud Italia e non riguarda solo l’epoca della giovinezza dell’autore.
Gnerre, giovane adolescente alle prese con i primi innamoramenti, non trovando nella sua comunità punti di riferimento, prova a cercarli nei libri. Così scavando, spulciando, leggendo trova ciò che cercava ma non la risposta a tante, troppe domande. Perché questi amori vivono clandestini? Perché sono circondati da un alone di peccaminoso?
La lotta all’omofobia è ancora agli inizi ma l’autore ha sempre trovato conforto nel leggere «certi libri», un aiuto per difendersi «dalle offese della vita».
Nel nostro Paese il lungo e difficile cammino verso «la legittimazione di comportamenti di tipo omosessuale» è stato molto più lento che altrove e «non può dirsi ancora del tutto compiuto». La posizione rigida della Chiesa cattolica certamente ha contribuito e, per certi versi, complicato il tutto. L’atteggiamento del fascismo che ha sempre «propagandato una virilità eterosessuale» è noto a tutti e l’inclinazione al confino è proseguita anche oltre il regime. Ma la loro parte l’hanno fatta anche i comunisti, almeno fino agli anni Settanta, i quali hanno considerato l’omosessualità una «degenerazione borghese». E ancora oggi di certo non basta l’approvazione di una legge che legittima le unioni civili tra persone dello stesso sesso «per rimuovere gli strati di menzogna e le zone di silenzio che hanno accompagnato per secoli ogni comportamento legato all’omosessualità».
Anche la letteratura raramente ha osato rappresentare amori omosessuali, e quando qualche scrittore lo ha fatto «ha dovuto farei i conti con enormi e spesso insormontabili problemi di censura o di autocensura», o con un indifferente silenzio, caratteristica anche della critica letteraria, «spesso più oltraggioso della stessa condanna».
Un libro, L’eroe negato di Francesco Gnerre, una sorta di canovaccio che l’autore modifica e accresce di pari passo alle esperienze di vita e alle letture e ricerche effettuate, che mai si sono arrestate da quando era ancora solo un ragazzo. Pubblicato prima nel 1981, poi nel 2000 con Baldini Castoldi e nel 2018 con Rogas Edizioni, il suo testo non vuole assolutamente essere o diventare un catalogo degli autori omosessuali del Novecento italiano, piuttosto una sorta di enciclopedia, di approfondimento sul tema dell’omosessualità nella letteratura del ‘900, studiata attraverso gli autori e le loro opere. Che può rappresentare anche una base di partenza e di conoscenza per meglio apprendere l’evoluzione e le caratteristiche della produzione letteraria del nuovo Millennio che affronta il medesimo tema.
Se, infatti, dal punto di vista sociale e civico l’Italia è sempre stata e lo è tuttora indietro rispetto ad altre nazioni, a livello di rappresentazione letteraria «c’è stata una vera e propria rottura col passato, il clima è totalmente mutato».
La letteratura che ha testimoniato e accompagnato la trasformazione sociale e culturale dell’ultimo secolo, «dalla paura dell’omosessualità a una sua sostanziale accettazione», pone oggi nuove domande. Continuando a mettere in discussione norme e valori codificati e a «sperimentare, attraverso la scrittura, nuovi modi di vivere i rapporti umani».
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