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Cosa accadrebbe al nostro pianeta se terremoti, incendi, attentati e sortilegi lo devastassero al punto da ridurlo tutto in macerie? Gianni Tetti lo ha immaginato e in Grande Nudo (Neo Edizioni, 2016) racconta la sua versione dell’Apocalisse. Anche se, a onor del vero, va detto che il suo “mondo” è un’isola e i sopravvissuti i suoi abitanti.
Grande Nudo rappresenta il capitolo conclusivo della Trilogia del Vento, incentrato sul racconto di un’umanità allo sbaraglio che vive seguendo i suoi più bassi istinti spaziando dalla libido al desiderio di autoconservazione. La parte iniziale del libro si distanzia molto dalle altre due. Il pericolo che incombe sugli ignari abitanti dell’isola sembra remoto e protagonisti e lettori ne hanno solo un vago sentore. Non per questo il racconto si rivela meno inquietante. Prologo ed epilogo sembrano narrazioni indipendenti: non aiutano il lettore a entrare nel vivo della storia né tantomeno gli mostrano in maniera chiara la conclusione della vicenda.
Tetti mette a nudo la parte peggiore che può celarsi in ogni individuo. I pensieri e le emozioni più recondite, quelle che si fatica ad ammettere anche con se stessi. Devianze, perversioni, istinti razzisti e atteggiamenti omofobi vengono narrati dall’autore attraverso il racconto della mente dei protagonisti i quali, messi alle strette dalla propria coscienza, non possono non riflettersi nello specchio dell’anima, troppo spesso nera, argutamente mistificata nel relazionarsi con gli altri.
In diversi punti sembra che l’idea dell’autore richiami in parte quella narrata da Pirandello nelle sue novelle, quando i protagonisti smettono le maschere indossate per apparire con gli altri e, restando soli con se stessi, mettono in scena il proprio io. Un qualcosa di simile si ritrova nelle pagine di Grande Nudo, anche se il tutto è narrato con uno stile più confusionario di quello del grande drammaturgo.
Il testo si apre al lettore con una citazione di Lucio Dalla, con il passaggio di un suo brano musicale nel quale afferma o metaforicamente si interroga su «come è profondo il mare». Parafrasando la citazione si potrebbe affermare o interrogarsi metaforicamente su «come è profondo il male». Grande Nudo sembra essere stato scritto per questo.
Le oltre seicento pagine che compongono il testo sono racconti di storie in bilico tra realismo e fantasia, tra realtà e credenze popolari, superstizioni e paranoie varie. Un simbolico cammino, quasi un avanzare come una marcia degli umili, degli inetti, dei poveri, dei derelitti… i dimenticati e i rinnegati che guadagnano il loro riscatto grazie anche alla Natura che li aiuta per il tramite di uno stregone (majarzu) e dei cani, da sempre fedeli amici dell’uomo, che svolgono un ruolo determinante per il loro riscatto.
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Grande Nudo di Gianni Tetti sembra un distopico alla rovescia, nel quale disperazione perversione criminalità e cattiveria non si scatenano come conseguenza di un evento catastrofico ma ne sono solo il preludio. Nella narrazione si mescolano immagini e personaggi del presente e del passato e scene apocalittiche di un presente senza tempo, o meglio fuori da un limite spazio-temporale ben definito, eppure in ogni dove e in ogni quando riconoscibili. Un libro, quello di Tetti, fuori dall’ordinario soprattutto per lo stile della narrazione, confusionario e caotico ma in grado lo stesso di svelare il grande nudo dei pensieri e dei sentimenti degli umani.
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