Da pochi giorni in libreria Gli occhi di Borges (Fazi, 2016), la settima indagine per il commissario Ponzetti. Questa volta in quale meandro dell’animo umano spingerà il lettore l’indagine di Ponzetti?
Nel meandro della cosa più sottile e inconsistente che esista: la poesia. La storia è incentrata sulla vicenda del furto, dalla Biblioteca Nazionale di Buenos Aires, di una preziosa copia della prima raccolta poetica di Borges. Una vicenda che trae spunto da un fatto vero. Ma s’incentra anche sul tema degli oroscopi, dell’astrologia e di un’altra cosa estremamente sottile, che è la libertà umana e il pericolo del suo continuo condizionamento. Il secondo filone del romanzo parla di questo, attraverso il rapporto difficile e critico tra una madre e una figlia adolescente.
(Fonte trama: www.fazieditore.it)
La scena è ancora una volta Roma, la città eterna dalle infinite sfaccettature. In una città così è più facile trovare linfa per i suoi scritti? E se sì, perché?
Roma è sempre presente nei miei romanzi, con la sua bellezza, le infinite storie di uomini e cose che racchiude. Ma stavolta una parte del romanzo si svolge in Argentina, la terra promessa degli italiani nei primi decenni del Novecento, una patria dell’anima, un sogno incompiuto, come la canta Guccini in una famosa canzone.
Quanto di autobiografico c’è nella storia e nei pensieri espressi nei suoi libri?
Tutto e niente. Nei miei libri c’è la mia infanzia, il mio carattere, l’amore per i classici, il senso della giustizia, la sete di verità, le storie che ho vissuto e quelle che ho ascoltato in tanti anni. Ma la trama di un romanzo usa di queste cose come fa una cuoca con gli ingredienti di un piatto. Il sapore del piatto dipende dalla lavorazione, non solo dagli ingredienti.
Studi psicologici ipotizzano l’ambivalente piacere che procura la sofferenza altrui. Il costante aumento di consenso ottenuto dai libri gialli potrebbe essere legato in qualche misura a questo piacere?
Forse. Credo che ci sia anche il piacere di vedere che qualcuno, almeno nella finzione, riesce a mettere ordine nel disordine, a riportare la giustizia dove attecchisce l’ingiustizia, a far tornare i conti della vita, insomma. Nei miei gialli, che sono più psicologici e di ragionamento che d’azione e di sangue sparso ovunque, credo che questo pericolo non ci sia.
In effetti i suoi scritti sembrano disdegnare l’eccessivo spargimento di sangue e le immagini cruente, rimandando più alle storie del commissario Maigret narrate dal maestro Simenon. Cosa deve caratterizzare un buon giallo secondo lei?
La riuscita della trama, il non tradire il patto implicito col lettore che deve poter arrivare anch’egli alla conclusione a cui arriva l’investigatore attraverso gl’indizi seminati nella trama. Ma è molto importante anche l’ambientazione, la presenza di un tema forte: amore, morte, desiderio, speranza, illusione e disillusione. E poi l’umanità dei personaggi e la credibilità della storia.
Lei è un insegnante di greco e latino, in quotidiano contatto quindi con i grandi classici della letteratura. In cosa è carente e in cosa sovrabbonda la produzione contemporanea di libri rispetto al passato?
Secondo me è carente di grandi storie, di grandi trame, tende all’intimismo ma senza essere attenta alla lezione della leggerezza insegnata da Calvino. A parte qualche grande scrittore americano e qualche romanzo italiano particolarmente ispirato. Inoltre, mancano dei seri romanzi storici di respiro.
In base alla sua esperienza, lei si sente di confermare o smentire il disinteresse dei giovani verso la cultura in generale?
I giovani oggi hanno meno stimoli a leggere e un’enormità di stimoli legati alla cultura dell’immagine. Credo che il disinteresse verso la cultura non sia una cosa generalizzata. C’è bisogno di bravi maestri, che sappiano mediare cose di valore. Quando i ragazzi trovano delle guide attente, s’appassionano anche ai classici.
Da quale delle sue professioni (insegnante e scrittore) lei ha appreso di più?
Sicuramente da quella d’insegnante. Scrivere è una fortuna, non è propriamente una professione per me. La scuola mi dà ancora tanta vita, un po’ di questa vita si trasferisce anche nei miei libri.
Leggi anche la recensione a La canzone del sangue di Giovanni Ricciardi |
Giovanni Ricciardi: Professore di greco e latino in un liceo di Roma. Scrittore italiano. Autore della fortunata serie che vede come protagonista il commissario Ottavio Ponzetti.
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