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Autoritratto di Goffredo Petrassi di Carla Vasio viene pubblicato in prima edizione con Laterza nel 1991 e riproposto al pubblico quest’anno da Mucchi editore. Le memorie di un grande compositore italiano raccolte dalla Vasio affinché le sue ricerche e sperimentazioni in campo musicale, ma che hanno poi influenzato anche la sua esistenza, non vadano perdute o dimenticate.
Ne abbiamo parlato con Carla Vasio nell’intervista che gentilmente ci ha concesso.
Il suo libro Autoritratto di Goffredo Petrassi, che raccoglie le memorie di una vita intera, è uscito in prima edizione nel 1991 con Laterza. Perché ha ritenuto necessario ripubblicarlo nel 2017?
Non è stata una mia iniziativa ripubbblicare il lungo colloquio con Goffredo Petrassi: ho risposto alla richiesta di un editore che stimo, soddisfatta che venga riproposta in una nuova edizione la mia conversazione con un artista di altissima sapienza musicale e di nobile intelligenza. Nel raccontare ho scelto una struttura narrativa che permettesse al lettore di partecipare all’evolversirsi dell’ambiente culturale, specificamente musicale in questo caso, che intorno agli anni cinquanta/sessanta ha rinnovato non solo la tecnica ma l’immaginario delle arti.
Chi era Goffredo Petrassi, oltre il personaggio pubblico?
La narrazione di Petrassi che sta alla base di questo libro è sostenuta da una precisione linguistica e storica necessaria a sottolineare l’importanza della sua opera e del suo insegnamento in un momento in cui non soltanto la musica ma tutti i linguaggi dell’arte stavano sperimentando la felicità e i rischi di un rinnovamento profondo. Nel raccontare, Petrassi non si perde mai in divagazioni approssimative, fossero storiche o tecniche: non dimentica le difficoltà dell’infanzia e della giovinezza quando la sua famiglia poverissima si trasferisce da un paese rurale a Roma, e poi la tenacia appassionata che lo ha portato a raggiungere i massimi livelli di preparazione negli studi e poi di innovazione nell’ attività creativa. La sua narrazione musicale raggiungeva sempre un’altissima precisione di linguaggio con una ricchezza di invenzione mai superflua o approssimativa. Inoltre è stato un attento e generoso maestro per i suoi allievi e per chiunque gli chiedesse notizie sull’evoluzione della musica anche in campo internazionale. All’insegnamento si è dedicato con grandissimo senso di responsabilità e con molta generosità.
I fili conduttori del suo libro, come dell’arte di Petrassi, sembrano essere la passione e la curiosità, verso ciò che si fa come verso la vita intera. Sentimenti, atteggiamenti ma anche modi di essere che oggi sono egualmente presenti negli artisti contemporanei?
Mi auguro di sì. Petrassi esercitava sempre una consapevole e generosa partecipazione alla vita e al lavoro dei suoi allievi e dei suoi amici, con quel rispetto e quel distacco professionale che permettevano anche il formarsi di lunghe amicizie. Non so dire se in questo distratto tempo presente si formino ancora importanti rapporti insegnante-allievo, impegnati e produttivi. Me lo auguro, tanto più che nella nostra cultura la pratica scolastica ha esempi di nobile generosità che non vanno dimenticati.
Lungo tutto il suo percorso artistico Petrassi non abbandonò mai la ricerca costante e il confronto dialettico con i classici della musica pur evolvendo verso l’originalità e l’innovazione. Era così anche per la sua vita privata?
È giusto dire che nel suo lavoro Petrassi non ha mai abbandonato la ricerca e l’innovazione, come si può osservare in tutta la sua ininterrotta attività creativa e anche nella sua partecipazione agli incontri internazionali di arte musicale, per esempio a Darmshtadt, in Svizzera, e in Germania. Quanto alla sua vita privata, è stata arricchita più che condizionata dagli eventi portati dalla sua attività professionale.
Petrassi ha costruito una carriera internazionale di tutto rispetto e ha collaborato anche con diversi registi componendo colonne sonore per il cinema durante il periodo neorealista. Qual era la sua opinione riguardo questo mondo governato dalla finzione che voleva raccontare la realtà?
La sua cultura era vasta ed eclettica e questo gli ha permesso di partecipare alle innovazioni in vari campi dell’arte tra cui il cinema. Tra la fine degli anni cinquanta e i primi anni sessanta Petrassi ha composto le colonne sonore di film che hanno fatto la storia del cinema, tra cui Riso amaro di Dino Risi e Cronaca familiare di Valerio Zurlini, dando all’accompagnamento musicale quella forza innovativa che si stava confermando nel cinema in quegli anni.
Cosa ha significato per lei scrivere l’autoritratto di Goffredo Petrassi?
È stato un lavoro molto lungo e non facile. Durante i colloqui, che si sono svolti nel corso di un paio di anni, ho raccolto il materiale storico-narrativo che il maestro generosamente mi ha affidato. La sua non era una collaborazione superficiale: controllava il mio testo riga per riga se non parola per parola ed è stato quasi sempre soddisfatto del mio lavoro, che interpretava e ricostruiva i suoi discorsi rispettandone i contenuti e cercando di rendere con la scrittura l’intensità del colloquio.
Io seguivo le sue parole e lui era grato della mia correttezza professionale.
Questo libro è il risultato di una lunga e rispettosa amicizia.
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© 2017, Irma Loredana Galgano. Ai sensi della legge 633/41 è vietata la riproduzione totale e/o parziale dei testi contenuti in questo sito salvo ne vengano espressamente indicate la fonte irmaloredanagalgano.it) e l’autrice (Irma Loredana Galgano).