Scrivere per raccontare la vita, la propria. Un percorso che porta alla conoscenza di sé. Questo sembra essere stato il cammino seguito da Maleti. Una scrittura che è stata ricerca: dell’esistenza, di se stessi, del mondo. Una narrazione poetica che non segue un rigido schema metrico. Sembra assecondare piuttosto le emozioni. L’impeto propulsivo che, attraverso i sentimenti, raggiunge la carta. Parole che sembrano rincorrersi come le gioie, le paure, i dolori.
Una scrittura che vuol raccontare la vita non può non confrontarsi con il tormento, l’essenza più faticosa dell’essere umano.
Maleti ha abbracciato diverse forme artistiche, dalla narrativa alla prosa alla fotografia. Un modo per dare sfogo alle emozioni nelle sue varie forme, alla passione, alla verità. Perché quando si racconta la vita, il vissuto, cadono tutti i veli, non ci sono reti di protezione o scudi dietro cui nascondersi per difendersi. La realtà si affronta e la verità con essa.
La poesia di Gabriella Maleti è molto autobiografica, ma non nel senso che la vita dell’autrice viene raccontata nelle sue opere, piuttosto che la narrazione attraverso la poesia ha dato il senso all’esistenza dell’autrice. La poesia è diventata il mezzo con cui elaborare e affrontare le fragilità della vita.
Raccontando la vita, Maleti si avvicina alla Natura, alle piccole cose, e lo fa in maniera semplice, lineare. L’autrice fa un uso parsimonioso, quasi nullo, delle figure retoriche e stilistiche. Utilizza un linguaggio lineare, semplice, chiaro, quasi parlato. Anche se per la maggiore sembra un dialogo interiore, con se stessa, con la parte di sé che sta indagando con quel verso, quel componimento, quel ritratto di vita.
La Natura descritta da Maleti è la campagna, con i suoi alberi che diventano tavoli, tinelli. Un albero sfrondato per un bisogno umano. E un uomo che ha bisogno di ritornare all’albero per cercare e ritrovare la bellezza delle sue “fronde”, l’essenza stessa dell’animo umano.
Maleti afferma di scrivere di tutto ciò che si muove e respira ma il bene è nella corrispondenza tra il vissuto che resta nel non vissuto e viceversa. Un legame profondo che unisce vita e pensiero di vivere, natura e corpo, anima e natura.
Traspare una soffusa e diffusa malinconia dai versi dell’autrice, quasi come se ogni aspetto da lei indagato fosse inficiato da questo sentimento che porta al buio, al vuoto. Come una rottura, un buco, lo stesso che la peronospera scava nella foglia. Un calco ritratto nei versi di Maleti per dare l’immagine del buio oltre la luce, dell’ignoto oltre la domanda, del silenzio oltre l’urlo.
I temi sono i consueti utilizzati dai poeti che raccontano la vita attraverso gli elementi della Natura ma Gabriella Maleti li descrive non come la bellezza dannunziana, né come la caducità carducciana o la meravigliosa nostalgia pascoliana. No l’autrice li racconta “semplicemente” per quello che sono e vi si aggrappa per trovare se stessa. Non sono simboli ma rami di un albero che, con radici e fronde, accoglie e raccoglie l’esistenza di un intero universo.
Articolo pubblicato su Leggere:Tutti
Source: Si ringrazia l’Ufficio Stampa de Il Ramo e la Foglie Edizioni per la disponibilità e il materiale.
Disclosure: Per le immagini, tranne la copertina del libro, credits www.pixabay.com
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