Chi ha davvero in mano le redini del potere di uno Stato? Chi sono i burattinai che decidono la direzione da far prendere ai loro burattini?
Domande che ognuno si pone e le cui risposte sono tutt’altro che semplici o scontate.
Giuseppe Salvaggiulo, capo redazione politica de «La Stampa», ha raccolto le confessioni di un capo di gabinetto, il quale per ovvie ragioni ha preferito rimanere anonimo, e, nel libro che ne è risultato, ha trascritto qualcuna delle risposte alle domande sul potere e sui suoi burattinai.
Uscito per la Serie bianca di Feltrinelli Editore a marzo di quest’anno, Io sono il potere è scritto in prima persona, a parlare e raccontare la storia narrata è l’anonimo capo di gabinetto, il quale descrive con dovizia di particolari i momenti più importanti e gli accadimenti più salienti che ha ritenuto doveroso diffondere e rendere “pubblici”.
Un libro che, per fortuna, ha poco di scandalistico o sensazionalistico. L’intenzione dell’autore e del curatore è con ogni evidenza scevra da volontà complottiste. La situazione che si intravede leggendo il libro, leggendone altri che affrontano il medesimo tema, studiando gli accadimenti geopolitici e le varie azioni di governo, non necessariamente riferite a quello attuale ma anche pregresse, rende evidente che focalizzarsi su un unico accadimento, un solo personaggio o un determinato periodo storico si rivela essere alla fin fine troppo fuorviante, in quanto rischia di far passare il messaggio che il concetto sia circoscritto a un solo accadimento, a un unico personaggio, a un determinato periodo storico.
È il sistema nel suo complesso che merita di essere ben compreso, con i suoi ingranaggi, i suoi burattinai e anche i suoi burattini.
D’altronde, sarebbe molto ingenuo continuare a ritenere che il vero potere di un’intero Stato sia dato o lasciato nelle mani di persone che, alla fin fine, sono di passaggio. I ministri, i sottosegretari, gli stessi parlamentati sono vincolati al mandato elettorale e quand’anche permangano per lungo tempo alla Camera o al Senato, per certo sosteranno per periodi più brevi nei palazzi ministeriali.
L’anonimo autore del libro lo dice apertamente che il vero potere lo detengono loro, quelli come lui, che vivono nell’ombra, sono essi stessi delle ombre. Nessuno o pochi conoscono il loro nome e ancora meno il loro volto, eppure sono proprio loro a decidere, lasciando credere agli eletti di passaggio che, insieme allo scranno hanno conquistato anche lo scettro.
Negare l’esistenza di questo potere “occulto” , che poi in realtà tanto occulto non è, equivarrebbe un po’ a negare l’esistenza del potere altrettanto ritenuto occulto dei servizi, o delle associazioni di fratellanza quali la massoneria. Si parla ovviamente della loro parte legale. Altro discorso poi va fatto per quella loro parte, deviata, che purtroppo pure esiste.
Un potere che si potrebbe anche sintetizzare con due sostantivi: relazioni e tecnica. Relazioni intessute negli anni che vanno a comporre il know how dell’esperienza e la tecnica, frutto di abilità e competenze, anch’esse consolidate dall’esperienza. Una lunga esperienza che rende questo potere molto resiliente, ai cambiamenti ma, soprattutto, ai nuovi arrivati, illusi o speranzosi di cambiare tutto, far saltare il banco e compiere la rivoluzione. Tutti però sono costretti a fare i conti con il potere impalpabile ma affilatissimo di questi burattinai i quali, pur vivendo e restando nell’ombra, sono o dicono di essere i reali fari che orientano la rotta delle navi-stato.
L’anonimo capo di gabinetto che lascia la sua confessione a Salvaggiulo neanche per una volta, in tutto il libro, mette in dubbio la forza e l’efficacia del suo potere e ciò fa sembrare ancora più stridente il contrasto tra il suo modo di esercitare un potere, reale e concreto, e quello eccessivamente mediatico dei politici di ogni schieramento ormai.
“Non esterno su Twitter, non pontifico sui giornali, non battibecco nei talk show” eppure viene ricevuto privatamente, ogni volta che lo si ritiene necessario, dal presidente della Repubblica. Un clero formato da una cinquantina di persone che “tengono in piedi l’Italia”.
L’autore afferma che il lavoro svolto da un capo di gabinetto non si può insegnare come fosse una qualsiasi dottrina, si tratta per la gran parte di prassi. Come fosse un flusso di sapere e potere invisibile a occhio nudo eppure molto potente, metaforicamente simile a un gigantesco acceleratore di particelle.
Cosa sarebbe accaduto se la Scienza e gli scienziati avessero ignorato o rigettato tutto ciò che non era tangibile e visibile a occhio nudo? Cosa accade o può accader a una società i cui esponenti a tutti i livelli ignorano, negano o rinnegano l’esistenza di questo potere occulto?
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