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Un racconto “futuristico possibile” che porta il lettore su una città-isola governata dalla tecnologia estrema e dalle sperimentazioni “selvagge” volte a rincorrere il desiderio degli uomini dalla notte dei tempi: l’eterna giovinezza. Ma a quale scopo e a quale prezzo tutto ciò? Interrogativi che si è posto lo stesso autore prima dei suoi lettori e che accompagnano la lettura di Time Deal, il nuovo distopico di Leonardo Patrignani edito da De Agostini.
Curiosità inerenti la storia raccontata e riflessioni sull’attualità scientifica hanno fatto da filo conduttore dell’intervista con l’autore.
Il protagonista di Time Deal fa un patto con se stesso e contro il tempo e giura che sarà per sempre. Nella città di Aurora come nel mondo reale però il tempo è sempre tiranno. Si intravedono delle sfumature particolari che ha voluto dare al concetto di eternità. Esattamente cosa voleva trasmettere ai suoi lettori?
Uno dei miei intenti era quello di rappresentare l’estrema fragilità del concetto di “tempo”. La sua mutevolezza, il suo dipendere costantemente dall’interpretazione soggettiva, emozionale, di ciascuno di noi. Posso promettere ai miei figli di amarli per sempre, ma è un arco di tempo quantificabile? Il mio “sempre” è limitato dalle circostanze materiali legate al corpo, alla sua salute, al suo perdurare nel tempo fino all’inevitabile declino. Tutto questo in Aurora viene messo in discussione, ribaltato, e ci permette dunque di confrontarci con dilemmi di natura etica. Di riflettere sulle scelte che compiamo ogni giorno.
Tecnologia e sperimentazione a ogni costo oppure agire secondo coscienza e morale. Un dualismo che caratterizza i tempi moderni e che sembra il nocciolo della vicenda narrata in Time Deal. Chi paga le conseguenze delle scelte sbagliate nel libro e nella vita reale?
Le paghiamo tutti. Del resto siamo esseri umani, assetati di potere e controllo, incapaci di fare buon uso dei miracoli che la nostra stessa mente compie. Sappiamo giocare a favore e contro di noi, salvarci e condannarci. Credo che sia la nostra natura, la nostra predisposizione. Anche il peggiore degli antagonisti agisce secondo coscienza. La sua coscienza. Tanti anni fa mi colpì molto il personaggio interpretato da Gene Hackman in Extreme Measures, soprattutto per la caratterizzazione psicologica: un perfetto “villain” con le sue salde convinzioni, certo di fare in realtà del bene con la sua pratica medica, anche se questo significa andare oltre ogni confine etico e umano. Lo sguardo dell’attore nel confronto finale con l’eroe della situazione (Hugh Grant) era quello di chi è sicuro di agire secondo una morale inoppugnabile. Credo che la mia dinastia Werner, a capo del colosso TD Pharma, sia molto vicina a questo modello.
Il personaggio “ombra” che incombe sui protagonisti del libro è una casa farmaceutica che con le sue sperimentazioni condiziona le scelte e la stessa vita degli abitanti di Aurora. È ancora aperta l’ennesima discussione pubblica sulla necessità o meno dei vaccini e relative sperimentazioni. Perché la scienza fa così paura secondo lei?
Perché tutto ciò che non conosciamo e su cui non abbiamo controllo, semplicemente, spaventa. E ci spinge quindi a dare retta a qualsiasi vento contrario, specialmente se espresso in toni enfatici. La rete è diventata il terreno perfetto per il germogliare di teorie del tutto impresentabili in un consesso scientifico composto da professionisti, perché in rete il pubblico è l’uomo della strada, e l’uomo della strada non è in possesso delle conoscenze e competenze specifiche. Ma ha paura. Lo si spaventa con poco. Io stesso, da genitore, ho dovuto studiare come un dannato per arrivare a prendere una posizione in merito a certe questioni. Ma l’ho fatto con lo stesso approccio con cui mi documento prima della stesura di un romanzo. E dunque leggendo saggi, intervistando professionisti del settore (medico, in questo caso), passando al setaccio statistiche… solo così posso essere certo di aver preso una decisione secondo coscienza, e non perché ho dato credito a una notizia presa da una fonte discutibile. Cosa che però, mi rendo conto, è molto più facile, immediata, e dunque perfetta per arrivare alle masse.
Julian, protagonista del libro, dimostra coraggio e determinazione e a suo modo riesce a compiere la propria missione. Per salvare il mondo, o quantomeno per evitare di distruggerlo, bisogna attendere il coraggio di pochi o tanti cavalieri-Julian oppure è necessario un risveglio generale delle masse dal torpore e dall’apatia?
A volte basta un uomo, e la storia cambia. E per “uomo” intendo un essere umano, naturalmente, a prescindere dal sesso. Basta, quindi, una persona capace di innescare un meccanismo. Chiaro che poi, come in ogni rivoluzione delle menti, questo debba per forza comportare l’adesione di dieci, cento, mille persone convinte allo stesso modo. Il loro sacrificio donerà al genere umano un domani migliore. Ed è per tale motivo che una delle mie citazioni tematiche preferite di questo romanzo è: “gli uomini muoiono, gli ideali sopravvivono”.
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Lo scorso febbraio i ricercatori dell’Ifom (Fondazione Istituto FIRC di Oncologia Molecolare) di Milano pubblicano su «Nature Communications» i risultati della loro ricerca sulle molecole che bloccano l’invecchiamento cellulare. Il farmaco, time deal, utilizzato nel suo libro aveva lo stesso scopo. Ricerca e fantasia sembrano rincorrersi lungo un’autostrada che porterà il mondo verso…?
… verso l’estinzione! Scherzi a parte, tengo sotto controllo tutte queste nuove scoperte e pubblicazioni, e per quanto riguarda il tema della senescenza ho incrociato anche gli studi in questione. Dal mio punto di vista ho preferito “creare” un farmaco non biologico, ma ingegnerizzato. Per questo ho approfondito su alcuni saggi gli studi sulle nanotecnologie, che oltretutto in Aurora sono importanti anche in altri tipi di applicazioni, e sono un po’ il “marchio tecnologico” dell’isola. Tant’è vero che si riveleranno utilissime nel terzo atto del romanzo, andando “contro” alle stesse persone che se n’erano servite per i loro scopi. Ad ogni modo, forse è stato Verne a insegnarmi che una buona storia, anche fantastica, può avere un’attinenza estrema alla realtà. E anticipare il futuro. Per lo stesso motivo io rifuggo dalle etichette, e non riesco a parlare di “fantascienza” vera e propria per il Time Deal, ma di “futuristico possibile”, di “realismo distopico”, e allo stesso tempo mi rendo conto che – nel farlo – mi sto ingarbugliando in un’ennesima targhetta.
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La città-isola Aurora lentamente sembra risorgere illuminata e riscaldata da timidi raggi di sole… i suoi fan possono aspettarsi una seconda puntata di Time Deal?
Il mondo che ho raccontato è un territorio con diversi punti inesplorati, una mitologia in evoluzione, una situazione socio-politica il cui domani è ignoto. E poi abbiamo i nostri ragazzi, le storie, le relazioni e il futuro a cui vanno incontro. So che ai lettori piacerebbe saperne di più, me ne sto rendendo conto grazie alla valanga di opinioni sotto le quali mi trovo ancora sommerso, visto che siamo nel periodo di lancio. Sarà il mercato a decidere se torneremo ad Aurora, prima o poi. La mia penna, nel caso, è pronta.
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© 2017, Irma Loredana Galgano. Ai sensi della legge 633/41 è vietata la riproduzione totale e/o parziale dei testi contenuti in questo sito salvo ne vengano espressamente indicate la fonte irmaloredanagalgano.it) e l’autrice (Irma Loredana Galgano).