Nella società attuale si assiste a un crescendo vorticoso di estremizzazioni e strumentalizzazioni che, non poco, hanno contribuito a ingenerare un clima di tensione e risentimento che spesso, troppo spesso, si concretizza in atti di violenza posti in essere da soggetti che, in fondo, si sentono anche legittimati a compierli essendo in linea con quanto letto, ascoltato oppure visto.
Eraldo Affinati e Marco Gatto, autori de I meccanismi dell’odio, ritengono necessaria una riflessione profonda in questo momento difficile e tormentato che si protrae da almeno venti anni, non solo in Europa. Una riflessione che si concentri più sui nodi irrisolti e sui grovigli non sciolti perché sono forse più importanti finanche delle ipotetiche soluzioni avanzate.
Il libro di Affinati e Gatto si compone di cinque distinte parti scritte, quasi per intero, nel tempo precedente l’esplosione della pandemia. Tuttavia, la Covid-19 è entrata a gamba tesa anche ne I meccanismi dell’odio e, nelle parti aggiunte, gli autori riportano molte riflessioni intorno ad essa.
Per la gran parte, in realtà, sono pensieri, attimi di vita, gesti… dai quali e nei quali gli autori hanno voluto cogliere un segnale, positivo o negativo, comunque un input che li ha aiutati a percepire la direzione verso cui gli italiani stanno andando.
Sono le disuguaglianze sociali il tema da cui partono Affinati e Gatto e intorno al quale costruiscono l’intera parte iniziale del testo. Ed è sempre mantenendo lo sguardo fisso su di esse che sembrano scrivere l’intero libro, o dialogo, come preferiscono indicare il loro scritto. In effetti le voci narranti sono due, quelle degli autori appunto, che si intervallano continuamente, come un dialogo, e ciò in genere non sempre è piacevole per chi legge. Nel libro in oggetto invece potrebbe anche essere stata una buona scelta. L’interruzione a ogni singolo blocco consente al lettore, infatti, di riflettere sulle riflessioni appena lette, perdonate la voluta ripetizione, e prendere quindi del tempo utile anche per assimilare informazioni o formulare considerazioni proprie.
Le disuguaglianze sociali ed economiche, lungi dall’attenuarsi, sono diventate pressoché insostenibili al punto che si è dovuto, per forza di cose, trovare dei responsabili per l’attuale situazione. Il perfetto capro espiatorio è stato individuato nei migranti verso i quali ogni possibile colpa è stata indirizzata. Responsabilità perlopiù presunte che sono state estremizzate e strumentalizzate anche e sopratutto politicamente per veicolare odio, rancore, livore e risentimento delle masse.
Il lungo discorso portato avanti dagli autori nel testo trova la sua conclusione nell’ultima parte dedicata all’esposizione di una condizione-progetto nuova non tanto nei contenuti e nelle idee quanto nella sua realizzazione. Per avere una società diversa bisogna avere cittadini educati in maniera differente. Per fare ciò è necessario partire dalla scuola, istituto principe dell’educazione e formazione delle giovani menti che appartengono ai futuri cittadini.
Quello che propongono Affinati e Gatto, entrambi docenti, è un’esperienza pedagogica innovativa, anche se il termine che meglio sembra identificarla è: alternativa. In quanto per fare meglio a volte non è necessario o non serve innovare nel senso di cambiare tutto, basta o basterebbe anche solo procedere in maniera diversa, differente, alternativa appunto.
Essere insegnante oggi può sembrare un mestiere completamente diverso rispetto al passato eppure, per Affinati, ci sono dei punti fermi immutati, primo tra essi il nocciolo pedagogico. Con tutte le falle, i ritardi, le difficoltà… e qualsiasi negatività si voglia includere, la scuola ogni settembre riparte e lo fa inglobando in sé tutti i giovani e le loro menti ed è bello pensare, come fa l’autore, che in essa ognuno impari a pensare per diventare se stesso. O almeno possa provare a farlo.
Oggi la scuola serve, o dovrebbe servire, anche a diventare cittadini migliori, civili, sociali, magari anche globali, eticamente parlando. Capaci di vedere i fenomeni migratori con occhi che vadano ben oltre razzismi e campanilismi vari, come auspica lo stesso Gatto nel testo.
Ne I meccanismi dell’odio di Eraldo Affinati e Marco Gatto i problemi e le criticità concrete sono molto più ben caratterizzate delle ipotetiche soluzioni. Ciò è voluto ma è anche necessario, perché fin quando non si comprende appieno il problema non ci potrà mai essere una valida soluzione.
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