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Irma Loredana Galgano

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Mala-vita e Mala-società in “Laguna nera” di Michele Catozzi (Tea, 2017)

15 venerdì Set 2017

Posted by Irma Loredana Galgano in Recensioni

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Lagunanera, MauriSpagnol, MicheleCatozzi, recensione, romanzo, Tea, thriller, Venezia

Mala-vita e Mala-società in “Laguna nera” di Michele Catozzi

Uscito con Tea, del gruppo editoriale Mauri Spagnol, Laguna nera di Michele Catozzi è un giallo la cui storia, come sospesa nel tempo, ben si sposa con l’ambientazione. Venezia, la città «più bella del mondo», dove il tempo sembra essersi fermato… o almeno questo vorrebbero i nostalgici della bellezza della città lagunare. I tradizionalisti incalliti come il commissario Nicola Aldani, protagonista delle indagini sull’omicidio al centro della vicenda e veneziano doc che sembra smarrire un pezzo di sé ogni qualvolta per le calli apre un nuovo fast food o un qualsiasi altro store che non siano le antiche trattorie a lui tanto care.

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Una struttura particolare quella studiata da Catozzi in Laguna nera che si apre al lettore con un prologo nel quale l’autore rivela a chi legge indizi utili a conoscere e riconoscere l’identità dell’assassino. Così accade che al lettore sembra gli siano state fornite informazioni maggiori di quelle in possesso degli inquirenti. La sfida, che invoglierà comunque al prosieguo della lettura, sarà quindi determinata dall’ansia di conoscere le modalità che porteranno la squadra interforze a conoscere il mistero che si cela dietro l’omicidio dell’assessore Baldan. Un’esecuzione che in realtà è una vendetta, maturata per quasi trent’anni.

Il corpo centrale del testo è caratterizzato dal racconto del lavoro di indagine degli inquirenti, routine arricchita dalle riflessioni che Catozzi attribuisce al suo commissario Aldani sulla società “strozzata” dalla malavita organizzata ma anche dallo strozzinaggio, quello vero che a Venezia è tangibile lungo il molo di attracco dinanzi al Casinò del Lido. Il luogo simbolo delle contraddizioni di un’amministrazione che sostiene le campagne contro il gioco d’azzardo e, al contempo, gestisce la struttura. Specchio di uno Stato intero che sponsorizza le campagne pubblicitarie contro il gioco d’azzardo mentre organizza lotterie, gratta e vinci, totogol e autorizza l’apertura di sempre nuove sale slot.

Mala-vita e Mala-società in “Laguna nera” di Michele Catozzi

Apoteosi di una tale zona grigia è l’ingresso a pieno titolo nelle istituzioni di soggetti appartenuti o appartenenti alla criminalità organizzata, oppure alla Mala del Brenta. A dimostrazione della «vulnerabilità di Venezia alle infiltrazioni mafiose» e, aggiungerei, dell’Italia intera. Perché nei territori dove «mafiosi e camorristi» non riescono a «emergere con un’organizzazione propria» preferiscono «cooperare». E i legami tra “affari” e politica, inutile negarlo o fingere di non saperlo, divengono sempre più intensi, radicati e dannosi. La storia scritta da Catozzi, è bene ricordarlo, pur basandosi su accadimenti veri del passato, come le scorrerie dei membri della Mala del Brenta, è frutto solo della sua fantasia. Ma si sa che spesso, purtroppo, la realtà supera di gran lunga la fantasia di uno scrittore.

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Interessanti risultano anche i passaggi nei quali l’autore porta il protagonista a riflettere e chiosare sul precario stato delle forze dell’ordine, sui continui tagli che, inevitabilmente, vanno a ripercuotersi sull’esito stesso delle indagini. Quasi tenero l’epilogo, dove Catozzi porta Aldani a vincere le sue battaglie più dure, quelle condotte contro la spending review del governo che taglia fondi e mezzi e lo fa quasi a dispetto di chi ogni giorno combatte contro il Male e la Mala.

Mala-vita e Mala-società in “Laguna nera” di Michele Catozzi

Un giallo “lungo” Laguna nera di Michele Catozzi, che snocciola indizi e informazioni per oltre trecento pagine, ma che egualmente affascina il lettore per l’impostazione che l’autore ha dato alla storia, per l’attualità delle tematiche trattate e, non da ultimo, per la simpatia che suscitano i protagonisti, a partire dal commissario Aldani alle prese con crimini, delitti e deliri famigliari. Un libro promosso a pieni voti e una lettura di certo consigliata.

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© 2017, Irma Loredana Galgano. Ai sensi della legge 633/41 è vietata la riproduzione totale e/o parziale dei testi contenuti in questo sito salvo ne vengano espressamente indicate la fonte irmaloredanagalgano.it) e l’autrice (Irma Loredana Galgano).

Basta thriller o pubblichiamone ancora? Le pecche della malata editoria italiana nell’intervista a Simonetta Santamaria per “Seguimi nel buio” (IoScrittore, 2016)

28 lunedì Nov 2016

Posted by Irma Loredana Galgano in Interviste

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intervista, IoScrittore, MauriSpagnol, racconto, Seguiminelbuio, SimonettaSantamaria, thriller

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Simonetta Santamaria, scrittrice di thriller e noir conosciuta e affermata, decide di sottoporre al vaglio degli editori la sua nuova fatica letteraria, Seguimi nel buio. Una storia che trascina il lettore nei meandri più bui della mente umana, tra le paure e le debolezze di chi è ‘malato’ e la crudele follia di chi tale non è considerato perché sa nascondersi e celare i fili sottili che legano i suoi crimini alle ignare vittime. Autismo e Insanet si affiancano e si scontrano in un libro che merita di essere letto tutto d’un fiato, come ogni mystery che si rispetti.

Eppure il titolo è stato rifiutato perché la linea editoriale sarebbe stata dirottata verso “argomenti più commerciali”. L’autrice non si arrende e partecipa in incognito, utilizzando uno pseudonimo maschile, alla sesta edizione del Torneo Letterario IoScrittore indetto dal Gruppo Editoriale Mauri Spagnol e ne esce vincitrice.

La sua voglia di festeggiare tuttavia è smorzata dal continuo lottare cui sono costretti gli autori italiani che, come lei, non vogliono arrendersi e sottostare alle rigide leggi di mercato, all’abbandono e alla noncuranza degli editori, alle tante pecche della malata editoria italiana.

Ne abbiamo parlato nell’intervista che gentilmente mi ha concesso.

Simonoir, Nostra Signora del thriller, una delle Signore della suspense… quasi non si contano più i nomignoli che le sono stati attribuiti. D’altronde non è poi così raro per gli scrittori di noir l’essere indicati con soprannomi. Perché secondo lei si sente la necessità di rimarcare il suo ruolo di scrittrice con questi epiteti?

Non saprei, forse per accostarci a qualcuno o a qualcosa che ci “etichetti” visto che le ramificazioni del genere sono tante. Per ciò che mi riguarda, devo ammettere che alcuni sono carini, in effetti rendono bene l’idea di chi sono e cosa scrivo. E, considerando la mia tendenza a una certa autoironia, direi che no, non mi dispiacciono affatto.

I thriller e i noir, pur avendo i loro lettori spesso anche forti, vengono sempre additati come generi di troppo. Secondo lei per quali motivi questa produzione libraria viene considerata così ingombrante?

Sottostimata, direi. Già il fatto di intendere la cosiddetta “letteratura di genere” un elemento secondario nel panorama mi fa imbestialire. Molti grandi capolavori classici vengono dalle menti di scrittori “di genere” come Mary Shelley, Edgar Alla Poe, Bram Stoker… E perché no, vogliamo aggiungerci Kafka (ditemi se non è disturbante la sua Metamorfosi) oppure il Sommo Dante col suo Inferno, e magari pure la Bibbia (antesignana dei Wu Ming) che in quanto a suspense non scherza mica…

Il caso di Seguimi nel buio è alquanto singolare e merita di essere raccontato. Inizialmente il libro ha subito un rifiuto da parte dell’editore ma è stato poi pubblicato in quanto vincitore del Trofeo Ioscrittore. Parliamo dello stesso testo, possiamo quindi supporre che ci sia una sorta di pregiudizio nei confronti di questo genere letterario?

Più che un rifiuto, la Tre60 (marchio GeMS) con cui avevo pubblicato il precedente romanzo, Io Vi Vedo, mi disse che avrebbe virato su argomenti più commerciali, quindi il thriller non avrebbe più trovato spazio. E comunque “il thriller non vende, ha subito una flessione”: me lo sono sentita dire da almeno altri tre editori. Così ho iniziato a dubitare di me e delle mie storie. Ecco perché ho deciso di partecipare a un torneo in incognito, IoScrittore appunto; sapevo che sarei stata giudicata senza paraocchi, solo per la qualità del mio romanzo. La risposta dei lettori/scrittori (che notoriamente sono spietati verso i colleghi) invece è stata molto positiva, ed eccomi qua. Deduco quindi che qualcosa mi sfugge, o sfugge a loro.

I thriller stranieri invece sembrano sempre essere ben voluti dagli editori, forti del fatto forse che arrivano in Italia quando sono già dei best seller da milioni di copie vendute. Al di là dell’oggettivo limite costituito dalla lingua che impedisce di vendere così tanto prima delle traduzioni, i thriller italiani davvero sono peggiori degli stranieri?

Ma per carità, non bestemmiamo. L’editoria importa sedicenti fenomeni stranieri perché qui basta una fascetta che decanti vendite record, seppure in Papuasia, per essere comprato sulla fiducia. Invece di promuovere gli scrittori italiani che non hanno nulla, e sottolineo nulla, da invidiare al resto del mondo.

Credo che la rovina sia data anche dal fatto che si pubblica molto senza convinzione; un romanzo (di quelli seri, scritti con sudore e sangue) è frutto di un lavoraccio e, una volta vista la stampa dovrebbe essere promosso come merita. Invece qui siamo al fai-da-te, ti pubblicano e ti abbandonano, e lo fanno anche i grandi marchi. È un’editoria malata, con visioni distorte da meccanismi di marketing.

Leggi anche: Chi è lo scrittore più bravo al mondo?

Lei ha dedicato Seguimi nel buio a quelli che “basta thriller”, «a coloro che mi hanno messo i bastoni tra le ruote e sbattuto le porte in faccia». Conserva ancora qualche sassolino nella scarpa di cui vuol liberarsi?

No, i miei sassolini me li tengo perché fanno parte di un cammino di crescita ed esperienza. Però l’ho fatto con polemica consapevolezza, proprio per portare avanti una battaglia iniziata tanti anni fa a favore degli scrittori italiani. Ho cominciato (e lo faccio ancora oggi) scrivendo horror, immaginate la ghettizzazione… Ma noi, proprio qui in Italia, abbiamo dei fior di scrittori horror: Alessandro Manzetti, ad esempio, è stato il primo italiano a vincere quest’anno il prestigioso Bram Stoker Award indetto dalla Horror Writers Association di cui mi pregio di far parte, e a cui concorrono nomi come Sthephen King, Peter Straub, Ramsey Campbell, Jack Ketchum… Eppure qui i media non hanno dato il doveroso risalto alla cosa. Disturba, certo, ma noi esistiamo, e insieme stiamo facendo movimento. Perché prima o poi, questa battaglia la vinceremo.

Il buio può essere incarnato da numerose sfaccettature, in questo libro come in altri suoi scritti lei sceglie di identificarlo con il lato oscuro del male che alberga nella mente e nella psiche delle persone. La follia, intesa come tutto ciò che si distacca dalla normalità, spaventa più del crimine razionale?

Be’, certo, il buio richiama il lato oscuro, tenebre che nascondono verità che la luce nasconde. E la follia alberga laggiù, dove nessuno può vederla ma lei c’è, esiste, in ognuno di noi, e può scattare da un momento all’altro.

Il crimine comune ci indigna, ci spaventa perché mina la nostra integrità, ma della follia ci terrorizza l’imprevedibilità, il suo legame con l’irrazionale, e quell’inquietante senso di appartenenza che ce la fa sentire così… troppo, vicina. Incontriamo il nostro dirimpettaio ogni giorno, gli sorridiamo e saliamo con lui in ascensore. Ma se qualcuno (o qualcosa) ci inculcasse il tarlo del dubbio, state certi che non lo guarderemmo più come prima. E forse eviteremmo di prendere lo stesso ascensore.

Simonetta Santamaria: Scrittrice italiana. Ha pubblicato vari libri, tra cui i saggi illustrati Vampiri, da Dracula a Twilight e Licantropi, i figli della luna (Gremese), tradotti in Francia e Spagna; i romanzi Dove il silenzio muore (CentoAutori) e Io vi vedo (Tea/Tre60), la raccolta di racconti Donne in noir (Il Foglio), gli e-book Black Millennium e Il segreto della janara. Suoi racconti sono apparsi in antologie di prestigio, tra cui Eros e Thanatos (Giallo Mondadori) e The Beauty of Death (Independent Legions), insieme ad autori del calibro di Ramsey Campbell e Peter Straub.

Ha ricevuto il Premio Lovecraft XI e Fantastique/I Fantasy Horror Award. È membro della Horror Writers Association. È stata definita una delle «signore della suspense made in Naples» (la Repubblica) e «lo Stephen King napoletano» (Corriere del Mezzogiorno).

(Fonte Trama e Biografia autrice: www.simonettasantamaria.net)

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