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Irma Loredana Galgano

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Patrizia Debicke, Figlia di re: un matrimonio per l’Italia

24 venerdì Mag 2024

Posted by Irma Loredana Galgano in Recensioni

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AliRibelliEdizioni, Figliadire, PatriziaDebicke, recensione, romanzo, romanzostorico

Figlia di re è il nuovo romanzo storico di Patrizia Debicke la quale indaga, questa volta, sulla figura emblematica di Maria Clotilde di Savoia, le cui nozze si trasformano in un fil rouge per raccontare la storia franco-italiana dal luglio 1859 al gennaio 1861. La regina del Cinquecento sembra quindi aver abbandonato, o messo temporaneamente da parte, la narrazione acuta e attenta dei personaggi di quell’epoca per addentrarsi in un periodo storico più vicino al nostro. Anche se, a voler essere sinceri, Debicke riesce, per entrambi i periodi storici, a ingenerare interessanti spunti di riflessione per il lettore che gli permettono, indagando il passato, di comprendere il presente. 

Il lasso temporale preso in considerazione dall’autrice è denso di accadimenti e di cambiamenti epocali per la Francia, il Regno di Sardegna, la penisola italica, l’Europa, l’Africa e l’America, che vedeva Nordisti e Sudisti impegnati nella guerra di successione. Un frangente di tempo i cui eventi hanno segnato il destino di interi continenti. Che poi è esattamente quello che sta accadendo anche oggi. 

Come per gli altri suoi precedenti romanzi storici, Patrizia Debicke non si dilunga in resoconti storici, spiegazioni o introduzioni al periodo storico, bensì entra fin da subito nel vivo della narrazione e lascia che sia la sua storia a raccontare quella generale. Il lettore si sente così immediatamente coinvolto nelle vicende narrate perché entra subito nelle vite dei protagonisti e, tramite il loro vivere, scopre gli accadimenti politici, gli eventi storici, gli sviluppi privati e pubblici della vicenda. Una tecnica narrativa che ha sempre funzionato e che funziona anche in questa nuova produzione.

Il libro parte dagli accordi stipulati tra Cavour e Napoleone III a Plombières. Accordi politico-militari che si intrecciano con quelli dinastici ed ecco che entra in gioco la giovanissima Clotilde, data in sposa a un uomo già adulto. Un uomo sconosciuto che diventerà a breve suo marito. E che si aspetta dalla ragazza un erede quanto prima. Nulla di così sconvolgente, per le usanze dell’epoca. Neanche per la stessa Maria Clotilde che accetta il suo nuovo ruolo vivendone appieno gioie e dolori. Leggere le vicende della figlia di Vittorio Emanuele II ricorda al lettore quanto quel periodo storico sia al contempo vicino e lontano, quanto è accaduto da allora e quanto, invece, è rimasto fermo come immobile e impassibile. Accordi, intrighi, strategie, tattiche che il passar del tempo non hanno per nulla scalfito, forse rinvigorito, alimentato. 

Il ritmo della narrazione è molto incalzante, Debicke aggiunge dettagli, retroscena, colpi di scena, particolari e dettagli ma la lettura non diventa mai confusionaria o confusa. Il suo è uno stile di scrittura che riesce a raccontare il passato, con il suo carico di usanze e tradizioni, senza mai appesantire la lettura stessa. 

È evidente che dietro un libro come Figlia di re c’è un lungo e certosino lavoro di indagine, studio e ricerca. Un impegno e una capacità che consentono a Patrizia Debicke di narrare complessi periodi storici come fossero semplici racconti e singole vicende come fossero accadimenti epocali e dare a entrambi una tale dignità da far concretizzare nel lettore la certezza di avere tra le mani un grande romanzo. 

Il libro

Patrizia Debicke van der Noot, Figlia di re: un matrimonio per l’Italia, Ali Ribelli Edizioni, Gaeta, 2024


Articolo pubblicato su LuciaLibri.it


Disclosure: Per l’immagine in evidenza credits www.pixabay.com


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© 2024, Irma Loredana Galgano. Ai sensi della legge 633/41 è vietata la riproduzione totale e/o parziale dei testi contenuti in questo sito salvo ne vengano espressamente indicate la fonte irmaloredanagalgano.it) e l’autrice (Irma Loredana Galgano).

Congiura e passione ne “L’eredità medicea” di Patrizia Debicke

15 domenica Gen 2023

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LEreditàMedicea, PatriziaDebicke, recensione, romanzo, romanzostorico, Tea

Un’inconsapevole vittima che perisce sotto gli sferzanti colpi inferti dalle ree mani degli assassini, convinti di essere i dominatori del gioco e ignari di essere anch’essi pedine di un gioco assai più grande e crudele.

È con questa scena che si apre il libro di Patrizia Debicke L’eredità medicea, un romanzo storico ambientato nella Firenze di inizio Cinquecento. Un periodo storico molto controverso e ricco di numerosi eventi per molti versi contraddittori, inquietanti e illuminati al contempo. Un’epoca che l’autrice ha indagato a fondo, studiandone i principali esponenti e traslandoli nel suo libro evidenziandone gli aspetti più utili per la narrazione di una vicenda intricata e intrigante, ricca di colpi scena e di colpi bassi. 

Riesce, l’autrice, a far immergere il lettore in un tempo orami lontano fin dalle prime battute, grazie all’uso di uno stile narrativo incalzante ma chiaro, e uno stile di scrittura analiticamente studiato per richiamare l’epoca storica e i suoi costumi senza appesantire o intralciare la lettura stessa, che rimane scorrevole e gradevole. 

L’eredità medicea racconta dell’assassinio di Alessandro de’ Medici, della nomina del suo successore Cosimo, delle indagini per smascherare l’esecutore del delitto e soprattutto per trovare il mandante, ma offre anche, grazie all’abilità descrittiva che è propria dell’autrice, uno sguardo d’insieme sulla vita degli uomini e delle donne di quel periodo storico, il corteggiamento e gli amori, ufficiali o clandestini, gli accordi e gli affari, le eredità da dirimere e dietro ogni cosa gli intrighi e le congiure che scorrono attraverso le stanze di palazzi e castelli, ben celati come i numerosi passaggi segreti propri di queste architetture.

Investigazioni basate sull’intuito, sul sospetto e su qualche rara testimonianza diretta o indiretta in un tempo in cui non esistevano supporti tecnici, tecnologici o scientifici e bisognava affidarsi al proprio fiuto, alle parole di qualche informatore, testimone, spia o traditore. Un mondo che appare completamente diverso da quello attuale. Altri aspetti invece sembrano proprio non essere cambiati e li ritroviamo ancor oggi. Per esempio: l’ingerenza della Chiesanegli affari dello Stato, nelle contese dinastiche, nella vita civile della popolazione e di chi la governa, negli intrighi di palazzo, ricatti e delitti. E l’atteggiamento di nobili e amministratori che hanno una considerazione del popolo che di certo non li nobilita.

L’autrice si sofferma più volte nella descrizione dettagliata e minuziosa, anche anatomica, dei protagonisti e la sottolineatura della loro prestanza fisica, la virilità, la forza di valorosi condottieri, uomini forti e determinati. Descrizioni che ne enfatizzano le caratteristiche generali e accentuano l’aspetto deciso e perentorio del loro essere e del loro volere. Uomini blasonati, avvezzi al comando, alla servitù e ai privilegi.

Il Cinquecento raccontato da Patrizia Debicke è il mondo visto dall’aristocrazia, dai principi, dai cardinali, dai pontefici. Nel quale i componenti tutti i livelli inferiori della popolazione vivono le loro esistenze, quando va bene, di riflesso, quando va male, in condizione di completa precarietà e abbandono. 

L’eredità medicea è un romanzo storico di genere giallo ma è anche un libro grazie al quale la Debicke invita il lettore a riflessioni forti, a volte amare sulla società, sulla sua stratificazione e sull’importanza o meno della spiritualità. Elementi tutti che rendono il libro una validissima lettura. 


Il libro

Patrizia Debicke van der Noot, L’eredità medicea, TEA, Milano, 2022.

Prima edizione: Parallelo45Edizioni, novembre 2015.

L’autrice

Patrizia Debicke van der Noot: autrice di romanzi storici e thriller.


Articolo disponibile anche qui


Source: Si ringrazia Patrizia Debicke van Der Noot per la disponibilità e il materiale.

Disclosure: Per le immagini, tranne la copertina del libro, credits www.pixabay.com



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© 2023, Irma Loredana Galgano. Ai sensi della legge 633/41 è vietata la riproduzione totale e/o parziale dei testi contenuti in questo sito salvo ne vengano espressamente indicate la fonte irmaloredanagalgano.it) e l’autrice (Irma Loredana Galgano).

“L’oro dei Medici” di Patrizia Debicke Van der Noot (Tea, 2018)

16 sabato Mar 2019

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LorodeiMedici, PatriziaDebicke, recensione, romanzo, romanzostorico, Tea, WMI

L’oro dei Medici, pubblicato con Tea, è un romanzo storico che Patrizia Debicke sceglie di ambientare, almeno in parte, a bordo di una nave, nella fattispecie un’imbarcazione della flotta granducale, da guerra.
Un rischio e un ulteriore livello di difficoltà. Una sfida che l’autrice sembra aver voluto lanciare a se stessa. Il linguaggio e la parlata propri del Cinquecento in un contesto ancor più arduo.
Il lavoro di documentazione che certamente la Debicke ha fatto, unitamente a un’attenta verifica, hanno comunque dato buoni frutti.
Il linguaggio, seppur preciso e tecnico, non risulta ostico o stucchevole. È attento, elaborato, ma fluido e scorre bene come l’intera vicenda narrata.

Persiste anche in questo lavoro letterario la descrizione dettagliata e minuziosa, anche anatomica, dei protagonisti e la sottolineatura della loro prestanza fisica, la virilità, la forza di valorosi condottieri, uomini forti e determinati. Descrizioni che ne enfatizzano le caratteristiche generali e accentuano l’aspetto deciso e perentorio del loro essere e del loro volere. Uomini blasonati, avvezzi al comando, alla servitù e ai privilegi.

La Debicke ha studiato molto e in maniera approfondita il periodo in cui ha deciso di ambientare i suoi romanzi storici. Leggendo i libri di colei che più volte e a buon diritto è stata indicata come “la signora del Cinquecento”, traspare l’impegno profuso e la cura per ogni dettaglio, che sia di interesse storico artistico architettonico o linguistico.
Eppure riesce l’autrice, nei suoi libri e attraverso le sue storie, ad attualizzare, per così dire, le vicende come anche i protagonisti i quali, pur essendo perfettamente inseriti nel contesto storico di riferimento, sembrano avere sempre un qualcosa che li avvicina e li accomuna agli uomini e alle donne, ai governanti e alla popolazione, ai benestanti come agli indigenti di oggi.

Il Cinquecento raccontato ne L’oro dei Medici, come anche negli altri romanzi di Patrizia Debicke, è un mondo, il mondo visto dall’aristocrazia, dai principi, dai cardinali, dai pontefici. Nel quale i componenti tutti i livelli inferiori della popolazione vivono le loro esistenze, quando va bene, di riflesso, quando va male, in condizione di completa precarietà e abbandono.
D’altronde è esattamente questo il mondo cinquecentesco che è passato alla Storia attraverso libri, scritti e opere d’arte. Fu solo a cavallo tra 1500 e 1600 infatti che Annibale Carracci, per fare un esempio, compì la sua grande e personale rivoluzione nella pittura: la rappresentazione della vita quotidiana di bassa estrazione come opera d’arte. Il suo Bottega del macellaio è tra le opere più famose al riguardo. Ancor più audace, controversa ed estrema la rivoluzione portata avanti da Michelangelo Merisi, ovvero Caravaggio.

Questa volta la Debicke ha scelto come protagonista un personaggio che è anche un cliché: Don Giovanni. Il suo appartiene alla famiglia de’ Medici, figlio naturale di Cosimo I ed Eleonora Albizzi, legittimato per volere del padre. Un vero Don Giovanni di nome e di fatto. Ma l’autrice è riuscita a renderlo di gran lunga più interessante raccontando di un uomo e delle sue “conquiste” amorose certo ma anche dei suoi principi, dei sentimenti, del coraggio e del rispetto che si conquista con l’onore e il valore e non solo e non tanto con il denaro e i titoli nobiliari.

L’utilizzo di figure retoriche e la ricercatezza di termini e linguaggio fanno sì che la Debicke regali al lettore “immagini di parole” molto suggestive. Per riportare alcuni esempi: «Ma il sole, coi connotati dell’inverno che incombeva, mostrava gran fretta di coricarsi nel letto di nuvole basse, arrossate, che sfioravano il mare» oppure «il grande portone della Canaviglia si spalancò, prontamente vorace, ad accogliere il ritorno di Don Giovanni».
Patrizia Debicke racconta, di fantasia certo seppur con incredibile verosimiglianza, gli intrighi, i complotti, gli inganni, i tradimenti posti in essere, per posizione privilegi e denaro, da aristocratici, nobili, condottieri, notabili e prelati. Lotte di potere quasi sempre intestine o afferenti a qualcuno facente parte della Curia romana. Una Chiesa di preghiera e potere che ancora oggi sembra aver conservato le sue peculiari tipicità.

Un libro scritto nell’era di internet e della comunicazione ultra-veloce e che sembra trasportare il lettore in un mondo quasi surreale, dove il tempo si misura con le clessidre, le notizie viaggiano attraverso lettere e missive sigillate e consegnate a mano. Un mondo diverso, antico eppure, per certi versi, così ancora tristemente attuale.

L’oro dei Medici di Patrizia Debicke, pubblicato in seconda edizione digitale da Tea a maggio 2018, è una lettura senz’altro consigliata.


Recensione apparsa sul numero 53 della rivista WritersMagazine Italia diretta da Franco Forte 



Source: Si ringraziano l’Ufficio Stampa di Tea e AnnaMaria Riva – Comunicazione e Promozione per la segnalazione, la disponibilità e il materiale.


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© 2019, Irma Loredana Galgano. Ai sensi della legge 633/41 è vietata la riproduzione totale e/o parziale dei testi contenuti in questo sito salvo ne vengano espressamente indicate la fonte irmaloredanagalgano.it) e l’autrice (Irma Loredana Galgano).

“La congiura di San Domenico” di Patrizia Debicke

02 venerdì Set 2016

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LacongiuradisanDomenico, PatriziaDebicke, recensione, romanzo, romanzostorico, thriller, Todaro

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Secondo capitolo della serie dedicata alla Sentinella del Papa, La congiura di San Domenico di Patrizia Debicke van der Noot riporta i lettori ai primi anni del 1500, ai giorni dello Stato della Chiesa e dell’Inquisizione.
Questa volta, ancor più delle altre, la Debicke crea una storia ricca di suspense, di intrighi e di mistero che tiene il lettore incollato al testo. La struttura scelta, con la volontà di non suddividere la storia in capitoli bensì mantenere un continuum articolato in paragrafi, si rivela efficace. Ogni passo è centrato su un indizio, una svolta, una sottolineatura e, visto l’elevato grado di complessità della vicenda narrata, ciò aiuta chi legge a seguire con attenzione gli sviluppi, le indagini e tentare magari anche di anticipare qualche rivelazione.

Giulio II e la sua corte si trovano a Bologna e sarà proprio la Dotta a fare da sfondo alle vicende che coinvolgeranno il Papa e la sua Sentinella, Julius Aloysius von Hertenstein leutnant della Guardia Pontificia, il convento di San Domenico e quello di San Mattia, Santa Maria Celesta, le “vedette” della strada e Michelangelo Buonarroti.

«I fedeli hanno visto e sentito. Non possiamo nascondere o minimizzare. Questo spaventoso delitto nella basilica è un sacrilegio che comporta la sconsacrazione.»

Il rinvenimento del corpo di fra’ Consalvo, vice di fra’ Gaudioso e suo assistente nell’Inquisizione, sui gradini dell’Arca, trafitto da un Cristo dorato e con il cadavere di un gatto nero a cingergli la testa come una corona lascia emergere fin da subito la dimensione del marcio che sta per essere svelato. La posa in cui viene rinvenuto il frate è una messinscena e non sarà la sola su cui il lettore avrà piacere di riflettere pensando alle tante, troppe ipocrisie che reggono istituzioni storiche o religiose e dalle cui “impalcature” facilmente si può “precipitare”, come accade al maestro Buonarroti, e ciò può ben rappresentare l’occasione per la svolta.

Il leutnant Hertenstein de La congiura di San Domenico è meno “lucido” del personaggio narrato dalla Debicke ne La Sentinella del Papa (Todaro Editore, 2013), commette un’imprudenza ma questa volta il legame con Maria non è solo sentimentale o carnale, hanno in comune l’aver vissuto sulla propria pelle una terribile esperienza, figlia di una delle più bieche manifestazioni della malvagità umana.

«Ogni tanto penso che Cristo sia morto invano. Per la nostra salvezza? Nossignore, la nostra gente incensa i tiranni e gli assassini e rincorre i sacrileghi.»

Gli Inquisitori si ergono, dinanzi a Dio e al popolo, a giustizieri e, pur dedicandosi a vizi e malvagità, infliggono violenza invocando la retta via, la parola sacra e il perdono. I sotterranei del convento di San Domenico ricordano le sale degli interrogatori della Brigata Speciale, la polizia segreta del dittatore Francisco Franco, descritte da Mark Oldfield in Quindici cadaveri (Newton Compton, 2013) e allora automaticamente ci si chiede dov’è la differenza. Un convento e un quartier generale che hanno entrambi una stanza della tortura, delle celle per la prigionia degli indiziati, delle sale per gli interrogatori e la “via dell’acqua” che se da un lato può rappresentare una via di fuga sotterranea dall’altro è un utile mezzo per liberarsi di qualunque cosa, soprattutto cadaveri.

Patrizia Debicke van der Noot con La congiura di San Domenico si rivela ancora una volta un’artista della scrittura “storica”. In tutte le 260 pagine che compongono il libro non si trova una frase di troppo. Narrazione asciutta, essenziale, decisa e precisa. Per far immergere il lettore nel contesto storico da lei narrato non le occorre sciorinare quanto appreso e certamente studiato sui fatti e le usanze dell’epoca, essendo sua la capacità di rappresentarlo attraverso la scena, lo sviluppo della vicenda, il linguaggio dei personaggi.

La lettura del libro si rivela piacevole e invoglia chi legge in riflessioni sul passato ma anche sul presente della Chiesa, della religione e della spiritualità; sulla società del 1500 ma anche su quella attuale; sul popolo e su chi lo “governa”; sull’ordinario come sullo “straordinario”.

Patrizia Debicke: Nata a Firenze, vive a Clervaux in Lussemburgo e fa lunghi soggiorni in Italia. Dal 2003 si dedica interamente alla scrittura. Ha scritto romanzi, romanzi gialli, gialli storici, racconti per varie antologie e racconti lunghi pubblicati in formato e-book. È collaboratore editoriale di Delos Book, Mentelocale, MilanoNera, The Blog Around The Corner. Ha tenuto conferenze storiche per il FAI, per gli Istituti Italiani di Cultura di Parigi e Lussemburgo, per l’Università del Lussemburgo, per circoli letterari e workshop di scrittura per scuole medie e superiori.

(fonte: http://www.patriziadebicke.com)

Articolo originale qui

© 2016 – 2017, Irma Loredana Galgano. Ai sensi della legge 633/41 è vietata la riproduzione totale e/o parziale dei testi contenuti in questo sito salvo ne vengano espressamente indicate la fonte irmaloredanagalgano.it) e l’autrice (Irma Loredana Galgano).

“L’uomo dagli occhi glauchi” di Patrizia Bebicke (Delos Digital, 2015)

23 martedì Giu 2015

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DelosDigital, Luomodagliocchiglauchi, PatriziaDebicke, recensione, romanzo, romanzostorico, thriller

“L’uomo dagli occhi glauchi” di Patrizia Debicke: uomini e le donne del XVI secolo

La Delos, nella collana Odissea curata da Franco Forte, pubblica quest’anno la versione digitale de “L’uomo dagli occhi glauchi” di Patrizia Debicke, già vincitore del secondo premio assoluto al IV Festival Mediterraneo del giallo e del noir di Sassari.

“L’uomo dagli occhi glauchi” è un romanzo storico la cui trama si sviluppa tra l’Inghilterra, Venezia e Roma e vede come protagonisti gli uomini e le donne del XVI secolo con le loro personali vicende, emozioni, vicissitudini pubbliche ma soprattutto private.

La Debicke conduce il lettore nell’Inghilterra di Enrico VIII,nella Venezia di metà Cinquecento, nella Roma dei Farnese e in un tempo tutto dominato dalle ombre e dalle speranze che gravitano intorno al Concilio di Trento. Lo porta a conoscere la campagna inglese di allora con le sue fattorie, i cottage, il gelo, il forte vento e la fitta vegetazione. Luoghi apparentemente senza tempo che sembrano rimasti immutati da allora.

Quasi con prepotenza dopo il prologo la scena si sposta tra le calli della Serenissima, tra i ponti e i palazzi che ospiteranno i protagonisti nel periodo più singolare dell’anno: il Carnevale.

I cardinali Alessandro Farnese e Reginald Pole, Lord Templeton e la cortigiana Angela Gradi, pur di appartenenze lontane si ritroveranno uniti dal fitto intreccio e dall’intricato rebus la cui soluzione l’autrice è stata ben attenta a celare, lasciando scivolare tra le righe del libro solo piccoli indizi e labili tracce che aiuteranno il lettore a scoprire le carte del misterioso ‘uomo dagli occhi glauchi’ solo fin quasi alla conclusione.

In questo come del resto in altri suoi scritti, l’autrice racconta di personalità realmente esistite e di personaggi di fantasia, di luoghi e ambientazioni reali  e situazioni che vorremmo non esistessero più.

Toccanti le pagine in cui fa riferimento ai ‘bambini del Chiurlo’, orfani comprati a pochi denari e costretti e delinquere per sostentare il protettore. Come Puccio che ne ha viste e vissute troppe per la sua giovane età e stenta finanche a crederlo quello che poi sarà.

«-Li hanno buttati via- dicevano gli altri ragazzi più grandi e induriti. Lui finora era stato fortunato, ma qualche volta la sera, quando era così stanco da non sentire le gambe e non riusciva ad addormentarsi dalla fame, sognava la zia Ebe. La invocava col pensiero e sperava di morire anche lui, come era morta lei.»

La società contemporanea è caratterizzata da una copiosa produzione e circolazione di immagini, oltre che di notizie e informazioni. Basti pensare alla moda largamente diffusa di postare i selfie sui social o agli archivi anche digitali stracolmi di foto che ritraggono volti e paesaggi. In qualunque momento possiamo guardarle e riguardarle e renderci conto dei cambiamenti. Non è sempre stato così. Prima le foto erano cosa rara e legata ad avvenimenti e ricorrenze e prima ancora, nel periodo di cui ci narra la Debicke, il ‘ritratto’ bisognava commissionarlo ai ‘mastri’ del pennello.

Ne “L’uomo dagli occhi glauchi” sarà il grande Tiziano Vecellio a ritrarre la ‘Danae’ di Alessandro Farnese e il misterioso lord inglese dagli ‘occhi glauchi’ che si rivedrà dopo trent’anni e rammenterà ogni istante di quei giorni con un velo di orgoglio misto a nostalgia.

«-Come avrei potuto dimenticarlo.- Studiò ancora il ritratto a carboncino e dichiarò: – Quanto tempo… Come eravate giovane, Milord.»

“L’uomo dagli occhi glauchi” di Patrizia Debicke: uomini e le donne del XVI secolo

 

 

© 2015 – 2017, Irma Loredana Galgano. Ai sensi della legge 633/41 è vietata la riproduzione totale e/o parziale dei testi contenuti in questo sito salvo ne vengano espressamente indicate la fonte irmaloredanagalgano.it) e l’autrice (Irma Loredana Galgano).

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