La laguna non è mare. È questo il grido, uno dei tanti, che Roberto Ferrucci rivolge al mondo intero, ma ai veneziani in particolare, affinché venga arginato e pian piano scongiurato il rischio di compiere uno scempio irreparabile alla città di Venezia e alla sua laguna.
«Nel 2015 Venezia, città d’arte mondiale, patrimonio dell’Unesco, non ha un assessore alla Cultura».
Ferrucci, nell’introduzione di Venezia è laguna, non manca di ricordare quanto la cultura «per certi politici, per certi uomini di potere, è un nemico assoluto, in grado di marcarli stretti, di ostacolarli, di smentirli e, alla fine, di smascherarli» e che Venezia non è solo «città della cultura, Venezia è cultura». Il rischio, che egli sottolinea, è che «forse oggi Venezia è in mano a qualcuno che la vuole trasformare in un grande contenitore commerciale, di consumo».
Ciò che Ferrucci teme, quasi quanto il passaggio delle grandi navi lungo i canali della laguna veneziana, è l’apatia dei suoi abitanti. Nutre forte il timore che i veneziani si abbandonino agli accadimenti, smettano di combattere o peggio si lascino abbindolare dalla politica dei posti di lavoro.
«Solo se si ritornerà a pensarla e a rispettarla come città di laguna, accettando la sua preziosa e unica fragilità, Venezia potrà continuare a essere la città più bella e amata al mondo».
È da pochi giorni disponibile in ebook Venezia è laguna (Zoom Feltrinelli, 2015). Un racconto breve che riesce a rendere comunque un’idea precisa di cosa significhi per la città, per il paesaggio, per l’arte e per i residenti il transito delle grandi navi lungo i canali.
Abbiamo rivolto all’autore, Roberto Ferrucci, alcune domande su Venezia è laguna ma anche sui recenti accadimenti che hanno visto incontrarsi e scontrarsi «potere e indignazione, politica e rassegnazione».
Il passaggio delle grandi navi per i canali di Venezia diventa un racconto che lascia al lettore una profonda amarezza. Tra le righe del testo invece si percepisce una grande rabbia propositiva. Cosa pensa accadrà alla Serenissima se non si ferma tutto ciò?
Mi sono accorto che nessuno si era mai avventurato a raccontarla da dentro, la violazione delle grandi navi dentro la laguna di Venezia. Lo avevo già fatto nel romanzo Sentimenti sovversivi (Isbn, 2011) e in Venezia è laguna ho approfondito il percorso narrativo di allora, cercando di raccontare attraverso dei personaggi veneziani che cosa provoca quella violenza non solo alle fragili acque e alle delicate pietre di Venezia, ma anche nell’intimo più profondo di quei cittadini che – come il resto del mondo intero – credono che la scelta di perseverare con questa violenza sia una scelta criminale. I “truffatori del buon senso” e i “sabotatori del paesaggio”, come definisco nel libro le lobby che lucrano su queste crociere, provocano sconquassi non soltanto ambientali, ma anche intimi, sentimentali. Solo la poesia, la narrativa, possono provare a raccontare queste emozioni tanto profonde, invisibili ma dolorose.
Non so se dal libro traspaia una rabbia propositiva. Se è così ne sono soddisfatto, perché in realtà la mia visione è del tutto pessimista. La città è in mano ad affaristi senza scrupoli, alcuni dei quali già protagonisti dello scandalo del Mose (che tratterò in un nuovo libro). Ma ai veneziani non è bastata quella pagina orrenda e vergognosa, e pochi mesi fa hanno votato per un imprenditore. Sia chiaro, lui non c’entra nulla con quello scandalo. Ma ho sempre pensato e scritto, fin dal 1994, che gli imprenditori in politica siano una sciagura. Una sciagura tutta italiana, perché altrove, giustamente, è impedito loro di far politica per via degli inevitabili conflitti di interesse che la storia recente ci ha già detto dove possono portare.
Il nuovo sindaco non ha alcuna intenzione di opporsi o quanto meno di arginare l’ingresso di questi mostri in laguna, al contrario, il suo obiettivo è di aumentarne le entrate, in piena contraddizione con l’altra sua “visione”, cioè quella di limitare, giustamente e ovviamente, il turismo di massa. Idee poche e confuse, direbbe qualcuno. E se nel racconto di Venezia è laguna lascio aperte delle speranze di ravvedimento, se in quelle pagine si respira qua e là un sano ottimismo, io, cittadino e non scrittore, sono del tutto pessimista. Lo dico senza giri di parole: la fine di Venezia è già incominciata, ed è sotto gli occhi di tutti.
In Venezia è laguna lei compie una sorta di parallelismo/gemellaggio tra la città lagunare e Saint-Nazaire con il suo estuario e il suo cantiere navale. Vuol rappresentare una sorta di destini incrociati o più un sentiero circolare che viene chiuso?
Volevo semplicemente sottolineare un’assurdità assoluta. Le grandi navi, i paquebot, come le chiamano i francesi, di una compagnia italiana sono costruite a Saint-Nazaire, dove, di fronte al porto, c’è una residenza per scrittori dove anni fa sono stato invitato. È stata un’esperienza davvero istruttiva ed emozionante visitare quei cantieri, parlare con alcuni ingegneri e operai che ci lavorano. E, soprattutto, con i nazairien, che vivono collettivamente la costruzione dei paquebot, ne seguono le tappe passo passo e ne celebrano il risultato finale. Un rituale meraviglioso, condiviso da tutti, in particolare il giorno del varo finale, durante il quale tutta la città saluta il prodotto di anni di lavoro, e lo guarda dalle rive avviarsi in direzione dell’oceano. L’oceano, il mare, non la laguna.
La saggezza e l’amore dei nazairien si trasforma nella scelleratezza e nel cinismo di alcuni veneziani privi di scrupoli, che ci abbindolano con la demagogia dei posti di lavoro. Che non subirebbero alcun ritocco quando e se un giorno si decidesse di fare entrare in laguna solo navi da crociera dalle dimensioni ridotte. I francesi – ma non soltanto loro – non si sognerebbero mai di far entrare quei mostri dentro una delle loro lagune.
Raccontando dei piccoli gesti quotidiani del protagonista e di Teresa sembra voler rendere partecipe il lettore del profondo cambiamento che comporta per Venezia anche se appare impercettibile, al pari dell’acqua smossa dalle balene bianche di acciaio. I veneziani sono consapevoli di ciò che sta accadendo?
Attraverso i personaggi del mio racconto ho voluto far passare l’indignazione, il dolore, la rabbia, l’incredulità e – ahimè – la rassegnazione dei veneziani di fronte a questo scempio. La maggior parte dei veneziani non ha idea di quel che sta accadendo o, peggio, lo sa ma se ne infischia, perché troppi dei veneziani rimasti sono connessi in un modo o nell’altro nel grande business delle crociere e del turismo in generale. E porta schei, e con questo mettono quel che resta del loro animo in pace.
Nell’introduzione cerca di focalizzare l’attenzione del lettore sulle decisioni politiche prese dal sindaco e sulle scelte che lei indica motivate «dagli schei, dai soldi». C’è realmente il rischio di vedere Venezia «trasformarsi come l’interno di una nave da crociera»?
Venezia è già e da tempo una slot machine diffusa. I veneziani proprietari di appartamenti preferiscono affittare per brevi periodi ai turisti, e a prezzi folli, anziché a qualche famiglia. Anche per questo lo spopolamento è incessante, e i politici non fanno che assecondare questa attitudine suicida e moralmente sudicia. Bar e ristoranti spesso si guardano bene dal rilasciare scontrini e ricevute, oltre a proporre due listini prezzi: uno per i turisti e uno per i veneziani. Una discriminazione in atto da molto tempo. Da troppo tempo è presente un commercio incontrollato e quasi selvaggio, che viene edulcorato ultimamente attraverso la repressione degli ambulanti nordafricani e indiani, facendo credere all’opinione pubblica che quello e solo quello sia il male.
Per chi non è veneziano, resta l’immagine stridente di un mostro enorme di ferro che si staglia contro la delicatezza della città. Ma, per un veneziano come lei, cosa rappresenta tutto questo?
Rappresenta l’idiozia umana. Presente in ciascuno di noi. La mia mi sforzo di incanalarla in direzioni più innocue, che danneggino il meno possibile gli altri, come le mie risposte a questa intervista, magari. Loro la utilizzano contro un tesoro inestimabile dell’umanità e della storia passata presente e futura. Senza scrupoli. Per far schei.
Nel suo intervento agli Stati generali del turismo sostenibile, il ministro Franceschini ha detto: «Il turismo delle grandi navi è benvenuto ma va governato». Mentre per il governatore Zaia questa è una decisione «parente della politica e non del buon senso e dell’economia. Migliaia di posti di lavoro e il 20% del Pil della città di Venezia ringraziano il Partito democratico per questa scelta che uccide un pezzo di economia sana». Ma se c’è il rischio che il passaggio delle grandi navi a Venezia arrechi anche un danno economico alla città lagunare perché, secondo lei, si insiste in questa direzione?
Perché è un arricchimento di pochi, pochissimi, e però potenti, potentissimi. Inoltre vorrei fosse chiara una cosa provata scientificamente: non c’è il rischio che il passaggio provochi danni alla città e alla laguna e ai suoi cittadini. No, c’è la certezza assoluta.
Franceschini, nel già citato intervento, ipotizzava un possibile dirottamento delle grandi navi al porto di Trieste. Potrebbe essere una valida alternativa a parer suo?
È la sola alternativa saggia, intelligente e da praticare al più presto prima che sia troppo tardi. Prima che magari si inizi a scavare un nuovo canale, che comprometterebbe definitivamente il fragilissimo equilibrio delle acque lagunari. Il governo si dia una mossa e prenda una decisione radicale e coraggiosa.
Due anni fa Gabriele Muccino con una lettera indirizzata a Matteo Renzi lanciava una petizione online per fermare il transito delle grandi navi a Venezia. Iniziativa sostenuta da oltre 110.000 firme e chiusa al grido di “Vittoria!”. Il 1 novembre 2014 fu approvato dal governo un piano che stabiliva tra l’altro «precluso il transito delle navi crocieristiche superiori a 96.000 tonnellate di stazza lorda e una riduzione del 20% del numero di navi da crociera di stazza superiore alle 40.000 tonnellate abilitate a transitare per il canale della Giudecca». Cosa è successo in quest’anno?
Ovviamente non è successo nulla. Quelle firme sono state del tutto ignorate. Ma Gabriele Muccino è anche quello che in questi giorni ha avuto la bella pensata di dire che i film di Pier Paolo Pasolini hanno impoverito la sua epoca, che ha girato dei film inutili. E lo dice lui, Muccino, che ha diretto pellicole “memorabili” di bacetti e altri sentimentalismi al rosolio. Lo lascerei perdere, sinceramente. Non saranno certo i Muccino o i Celentano a salvare Venezia. Solo noi veneziani abbiamo la possibilità di farlo, ma tutti i segnali vanno in senso contrario, com’è sotto gli occhi di tutti. Allora, toccherà alle istituzioni internazionali, l’Unione Europea, l’Unesco, che è già molto attenta e dura nei confronti della gestione della città più bella e amata del mondo. E la meno rispettata da noi stessi.
In Venezia è laguna esordisce parlando delle azioni intraprese dal «nuovo sindaco che, appena insediato, ha censurato la mostra fotografica Mostri a Venezia di Gianni Berengo Gardin» motivando la decisione come un tentativo di evitare «una brutta immagine della città». La mostra fotografica di Berengo Gardin a suo parere danneggiava l’immagine di Venezia?
Certo che la danneggia. Ma non nel senso banale e assurdo cui faceva riferimento il sindaco. La danneggia perché mostra lo scempio in atto a Venezia, condiviso anche dal nuovo sindaco. Quella di Berengo Gardin è una visione impietosa e vera, che quotidianamente è sotto gli occhi di tutti quelli che la vogliano vedere anziché fingere per difendere gli interessi di cui ho già parlato. È lo sguardo di un grande maestro che soffre nell’assistere impotente a uno degli atti più distruttivi in atto a Venezia.
Cosa che del resto il sindaco ha implicitamente ammesso quando ha proposto che le navi paghino per entrare in laguna. Vuol dire che anche lui prende atto dei danni che provoca il loro ingresso. Solo che al contempo dice al mondo che Venezia è in vendita. Fatene quel che vi pare, dice, basta che paghiate. Come si fa in certe pratiche che vi lascio immaginare. Questa è Venezia, oggi. E viene da piangere, perché Venezia è laguna, fragile e meravigliosa.
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