La casa editrice Ensemble pubblica, in prima edizione a dicembre 2016, la versione tradotta in italiano da Iris Hajdari di 193 gabbie (titolo originale 193 kafazet) dello scrittore albanese Rezart Palluqi. Un libro interessante che sembra essere stato scritto per raccontare al mondo intero le emozioni, i sentimenti e i tormenti più intimi e nascosti del protagonista che realmente potrebbe essere chiunque, ovunque.
193 gabbie narra le vicende e le vicissitudini di un ragazzino, Ylli, e della sua famiglia. Presi di mira dal regime dittatoriale di Enver Hoxha assistono impotenti alla cattura del padre e, trattati da pària da vicini e conoscenti, si vedono costretti alla fuga oltre confine. Neanche da adulto e in un paese democratico e libero come l’Olanda Ylli riesce e superare i traumi del passato che ancora lo tormentano da sveglio, come disturbi psichici, e da dormiente, sotto forma di incubi. Depresso e inconsolabile Ylli finisce nel tunnel vorticoso di inganno e mistero ordito da chi promettendogli giustizia tesse la sua vendetta ai danni, ancora una volta, dell’anello più debole. Così Ylli, cercando di ritrovare e onorare i resti del padre, finisce con l’assistere, inerme, alla fine della propria esistenza.
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In realtà leggendo 193 gabbie si comprende fin da subito che non è Ylli il reale protagonista della vicenda bensì la sua mente, che potrebbe appartenere a chiunque. Qualunque persona sia stata costretta a subire le difficoltà e le privazioni che una dittatura, di qualsiasi colore sia la bandiera che l’ha originata, impone a coloro che non intendono piegarsi alle imposizioni di regime. Il lettore infatti inizialmente incontra qualche difficoltà a ben comprendere la struttura del registro narrativo scelto da Palluqi. Alcune elucubrazioni del protagonista appaiono banali e dispersive e chi legge si sente quasi “ingannato” dai ripetuti tentativi di distrarlo dalla vicenda principale del libro. Solo proseguendo con la lettura si riesce a entrare nell’ottica voluta dall’autore e al contempo si capisce che necessita anche allontanarsene perché quanto accaduto a Ylli non è poi così distante o diverso dal dolore di coloro che in tanti ogni giorno sono costretti a lasciare la propria terra per sfuggire alla guerra, alla dittatura, alla miseria…
Nonostante l’impostazione molto “intima” della scrittura Palluqi non dimentica di raccontare quanto accaduto nel suo Paese di origine durante gli anni della dittatura di Enver Hoxha, leader del partito comunista. Liste di proscrizione, arresti, esecuzioni e fosse comuni hanno segnato duramente un popolo e una parte della sua Storia quasi completamente ignorato dal resto del mondo. «I tedeschi hanno dato il grande esempio facendo i conti con i boia della Seconda Guerra Mondiale, mentre noi no» e quando si propaganda la necessità di «aprire i dossier» e fare i conti col passato, «provo un certo disgusto. È come se l’assassino facesse l’autopsia della propria vittima».
Risultano interessanti le considerazioni sull’attualità e la religione che l’autore affida al protagonista del libro, le quali bene si fondono alle parti di inclinazione più contemplativa e poetica. Un po’ forzati risultano invece a volte i dialoghi, con intercalari poco spontanee e lontane dal linguaggio comune, eccessivamente rimarcate nelle frasi che introducono i vari passaggi. In buona sostanza, pagina dopo pagina, il lettore rimane sempre più affascinato invece dalle parti raccontate in prima persona che rimandano ai pensieri di Ylli.
Nel complesso comunque 193 gabbie di Rezart Palluqi risulta essere un buon libro e una lettura interessante.
Rezart Palluqi: Nato a Elbasan, in Albania, interrompe presto gli studi per migrare in Grecia. Qui inizia a scrivere e pubblicare opere in albanese. Dopo il trasferimento nei Paesi Bassi inizia a scrivere anche in olandese. È autore di tre romanzi, numerosi racconti, saggi e testi poetici pubblicati in diverse lingue.
Source: Si ringrazia l’Ufficio Stampa delle edizioni Ensemble per la disponibilità e il materiale
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