Michelangelo è un uomo deluso dalla vita, che conduce oramai un’esistenza solitaria in cui la passione per la lettura rappresenta l’unico momento di conforto. Travolto da una serie di insuccessi personali, sembra essere destinato a un epilogo tragico che lo liberi dai suoi tormenti, ma l’incontro con il proprio autore preferito lo costringerà a interrogarsi sul vero senso delle cose e a comprendere che rinascere è un’opzione sempre praticabile.

Cesare Pavese è considerato, con Elio Vittorini, fondatore del neorealismo, ma a differenza di quasi tutti gli esponenti del neorealismo, tipicamente aletterati, Pavese è molto colto. Egli sviluppa il tema della solitudine inquieta, perpetuamente ripiegata su sé stessa in un’analisi che trova la sua forma congeniale nella rievocazione retrospettiva e nel diario intimistico.
Le componenti letterarie e filosofiche del periodo neorealistico si rifanno al contesto socio-culturale contemporaneo. L’esistenzialismo che pone l’accento sulla concreta esistenza umana, e in particolare l’esistenzialismo di Sartre e di Camus, si cala nel grigiore del quotidiano comunicandogli il senso del disagio, della solitudine e obbligando l’uomo ad accettare il proprio limite terreno e assurdo secondo la linea esistenziale in uno squallore di incomunicabilità e di non amore. Analizzando il mondo che ci circonda, si può notare quanto pessimismo infirma la vita e il tragico della situazione dell’uomo moderno, e il motivo fondamentale del suo complesso di solitudine sta proprio nel fatto di non provare nessuna comunicazione spirituale, di non avere interlocutori, e non si possono negare il fatto e gli effetti disastrosi di questa solitudine. Chiunque si sia sollevato al di sopra della banalità quotidiana, come Pavese, non può far altro che sentirsi solo e abbandonato.
L’uomo Pavese non trova alcun ancoraggio sicuro a cui poter affidare una residua aspirazione di bontà già scossa dall’esperienza della guerra, un senso di stanchezza e di delusione, perché rileva che il richiamo a una fratellanza umana manca di un’intrinseca forza interiore, incapace di penetrare e di risolvere i problemi.1
Michelangelo, il protagonista del libro di Orofino, è tormentato nell’animo in maniera non dissimile. Egli riesce, però, a trovare conforto nei libri e nella lettura. In maniera intimistica, non umanitaria. Al punto che il lettore inizialmente si chiede se sia stata la cultura, nella forma della lettura, a salvarlo oppure una forma di puro egoismo.
Il millennio scorso ha visto nascere ed espandersi le lingue moderne dell’occidente e le letterature che di queste lingue hanno esplorato le possibilità espressive e cognitive e immaginative. È stato anche il millennio del libro, in quanto ha visto l’oggetto-libro prendere la forma che ci è familiare. Il futuro della letteratura consiste nel sapere che ci sono cose che solo la letteratura può dare coi suoi mezzi specifici.
È difficile per un romanziere rappresentare la sua idea di leggerezza, esemplificata sui casi della vita contemporanea, se non facendone l’oggetto irraggiungibile d’una quête senza fine. Il romanzo L’insostenibile leggerezza dell’essere di Milan Kundera è in realtà un’amara constatazione dell’Ineluttabile Pesantezza del Vivere: non solo della condizione d’oppressione disperata e all-pervading che è toccata in sorte al suo sventurato paese, ma d’una condizione umana comune anche a noi, infinitamente più fortunati. Il peso del vivere per Kundera sta in ogni forma di costrizione: la fitta rete di costrizioni pubbliche e private che finisce per avvolgere ogni esistenza con nodi sempre più stretti. Il suo romanzo ci dimostra come nella vita tutto quello che scegliamo e apprezziamo come leggero non tarda a rivelare il proprio peso insostenibile. Forse solo la vivacità e la mobilità dell’intelligenza sfuggono a questa condanna.
Il De rerum natura di Lucrezio è la prima grande opera di poesia in cui la conoscenza del mondo diventa dissoluzione della compattezza del mondo, percezione di ciò che è infinitamente minuto e mobile e leggero. Lucrezio vuole scrivere il poema della materia ma ci avverte subito che la vera realtà di questa materia è fatta di corpuscoli invisibili. La più grande preoccupazione di Lucrezio sembra essere quella di evitare che il peso della materia ci schiacci.2 Oppressione e liberazione, disperazione e via d’uscita. Come la strada intrapresa da Michelangelo che, attraverso la lettura, si allontana dal “peso della materia” e ritorna alla vita.
Molto radicato è stato in Pirandello il senso della morte, non foss’altro perché il suicidio e le sue metafore, quali la perdita d’identità, la follia, non solo rappresentano il fulcro della sua tematica narrativa, ma si costituiscono come una vera è propria uscita di sicurezza dagli ingranaggi di questa esistenza assurda. Pirandello aveva un pensiero ambiguo, facendo coincidere l’attaccamento alla vita e il desiderio di morte, mistificando e ribaltando la pena di vivere nel coraggio di vivere, lasciando intravedere nella sua nudità la differenza tra l’uomo Pirandello e lo scrittore Pirandello. Si narra che in più occasioni Pirandello sia scampato al suicidio. In realtà egli si è suicidato un’infinità di volte, delegando per lui i personaggi della sua opera.3
Il mondo per i personaggi di Pirandello è senza alternative, senza tregua e a essi non sono e non saranno mai concessi rientri in mitici “stati di natura”.4
Alcuni di questi tratti si ritrovano anche nell’opera di Orofino, laddove i due personaggi principali, Michelangelo e Antonio, sembrano interpretare due differenti visioni di una medesima esistenza. Misera. Condannata. Se non fosse per i libri, per la letteratura, per la cultura che corre in loro aiuto. Sarà davvero la letteratura a salvare Michelangelo? Il racconto di Orofino sembra avere lo stesso scopo delle narrazioni di Ferdinando Camon: un mito dove l’uno è in realtà l’archetipo dei molti. E quando si consegna, attraverso la scrittura, un’esperienza del passato al futuro, essa diventa uno strumento di sopravvivenza in grado di alleviare la sofferenza facendola meno irreparabile, nel momento stesso in cui la ferma sulla carta.5

Il libro
Alessandro Orofino, Senƨo, Pathos Edizioni, Torino, 2024.
1G. Armellin Secchi, Il suicidio di Cesare Pavese (1908-1950), in Revista de Filologia y Lingüistica de la Universidad de Costa Rica, agosto 2015.
2I. Calvino, Lezioni americane. Sei proposte per il prossimo futuro.
3P. Meli, Luigi Pirandello “tentato” dal suicidio non ebbe il coraggio, La Sicilia, 29 aprile 2014.
4P. Benigni, Pirandello “mediterraneo” tra in non-luoghi e contro-luoghi della Sudmodernità, in A. Campana e F. Giunta (a cura di), Natura, società e letteratura, Atti del XXII Congresso dell’ADI – Associazione degli Italianisti (Bologna, 13-15 settembre 2018), Roma, Adi Editore, 2020.
5V. Berengo, Camon: quando la letteratura è un rito di salvezza, in Il BoLive – Università di Padova, Padova, 31 ottobre 2013.
Articolo pubblicato su LuciaLibri.it
Disclosure: Per le immagini, tranne la copertina del libro, credits www.pixabay.com
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