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Irma Loredana Galgano

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Archivi tag: Solferino

“La scuola ci salverà”

21 venerdì Mag 2021

Posted by Irma Loredana Galgano in Recensioni

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DaciaMaraini, Lascuolacisalvera, recensione, saggio, Solferino

«La scuola ci salverà» è il titolo molto imperativo che Dacia Maraini ha scelto di dare al suo libro. Perentorie infatti appaio anche le sue idee riguardo la necessità di avvalersi dell’istituzione scolastica per dare una poderosa virata a questa società la quale, ormai, è da tempo che sembra navigare a vista se non essere addirittura alla deriva. 

L’autrice ha raccolto e inglobato nel testo numerosi suoi articoli inerenti e attinenti il mondo della scuola che ha scritto negli anni e che contribuiscono a far apparire il libro come una sorta di percorso, maturato nel tempo. È il destino della società evoluta, al centro della quale Maraini rivendica il ruolo centrale della scuola, anche oggi, in piena pandemia mondiale. 

La scuola è un’istituzione certo ma si compone di persone, e quando si attacca genericamente la scuola tutto ricade sulle persone che la animano. A rimetterci più di tutti poi sono gli studenti. 

Ricorda più volte Maraini la riconoscenza che l’intera società dovrebbe nutrire nei confronti degli insegnanti. Uomini e, soprattutto, donne che lavorano spesso in condizioni difficili, ambienti ostili, malpagati, minacciati per un brutto voto o un rimprovero, costantemente osteggiati perché ritenuti inutili lavoratori di un’istituzione altrettanto inutile, nell’immaginario comune e sempre più condiviso.

Naturalmente non è così e a pagare le conseguenze sono, sempre, i giovani studenti ai quali togliendo istruzione e conoscenza viene tolta la civiltà, la capacità di vivere e agire in un mondo civile. Che non è l’appartenere o meno a una determinata civiltà o etnia. Oppure l’essere o meno cittadino di uno Stato. Imparare a essere un buon cittadino di una società civile è un concetto ben più vasto che va ben oltre il semplice di diritto all’istruzione e al titolo di studio e abbraccia nozioni come il dovere di essere una persona istruita, colta, educata e civile appunto. 

Chi non entra nel mondo della scuola raramente può comprendere il grido di allarme che lanciano gli insegnanti, il medesimo dell’autrice, peraltro anch’essa docente.

La famiglia e la scuola sono gli ambienti che formano gli uomini e le donne di domani. Ignorare le problematiche, le difficoltà, le gravi carenze presenti in uno o entrambi questi ambienti è un grave errore. Un errore che sembra essere diventato sistemico. Ma Dacia Mariani non ci sta e invoca a gran voce la potenza della scuola che ci salverà, deve farlo. E lo farà se gliene diamo modo. Perché ha le potenzialità per farlo. Bisogna però fare in modo che le venga data anche la possibilità. 

La scuola è il luogo più idoneo dove potersi affrancare dalla barbarie dilagante, dalla presunzione di conoscenza che anima dibattiti reali e virtuali, dalla aggressività dilagante, dalla brutalità delle persistenti distinzioni di genere, dal razzismo e dalla xenofobia. Fenomeni tutti che, inutile negarlo, stanno conoscendo una stagione di crescita e prosperità inaccettabili per una società che si ritiene civile. 

La seconda parte del libro è quasi per intero dedicata al racconto di tre distinte storie che ruotano intorno ai temi della povertà e dell’emigrazione. Paralleli tra mondi opposti. Persone che hanno facile accesso all’istruzione e non ne apprezzano le potenzialità da una parte. Persone disposte ad affrontare qualunque avversità pur di avere una possibilità di accesso all’istruzione dall’altra. Pur senza cedere a una banalizzazione che non è mai opportuna, bisogna cominciare ad ammettere che la denigrazione costante che in Italia si fa dell’istruzione, della scuola, degli insegnanti, degli esperti, … di sicuro non porterà mai nulla di buono. 

Pur essendo strutturato in due distinte parti, la prima delle quali molto più giornalistica della seconda, definibile più letteraria in senso stretto, La scuola ci salverà non affronta comunque temi di stretta attualità, quali il dibattito tra didattica in presenza e Dad, oppure i fondi del PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) destinati alla scuola. Al di là dei tempi di scrittura e stampa è evidente che questa sia stata una scelta precipua dell’autrice, la quale ha voluto dare un’impronta più storico-intellettuale al testo. Permane comunque l’incisività del grido di allarme che esso evoca e invoca e che non può e non deve rimanere inascoltato.

Bibliografia di riferimento

Dacia Maraini, La scuola ci salverà, Solferino Editore, Milano, 2021

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Articolo disponibile anche qui

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Disclosure: Per le immagini, tranne la copertina del libro, credits www.pixabay.com

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Quanto incide la scuola su crescita ed economia? “Nello specchio della scuola” di patrizio Bianchi (ilMulino, 2020)

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© 2021, Irma Loredana Galgano. Ai sensi della legge 633/41 è vietata la riproduzione totale e/o parziale dei testi contenuti in questo sito salvo ne vengano espressamente indicate la fonte irmaloredanagalgano.it) e l’autrice (Irma Loredana Galgano).

“Bruciare i libri. La cultura sotto attacco: una storia millenaria”

20 martedì Apr 2021

Posted by Irma Loredana Galgano in Recensioni

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Bruciareilibri, recensione, RichardOvenden, saggio, Solferino

Bruciare i libri – Burning the books è il titolo che Richard Ovenden, bibliotecario alla Bodleian Library dell’Università di Oxford, sceglie per il suo libro. Un’espressione che fa inorridire tutti i cultori del sapere e della conoscenza. Un’immagine che rimanda a uno scempio enorme compiuto, materialmente, in diverse occasioni e, letteralmente, ogni qual volta si sceglie di tagliare fondi alle istituzioni (enti, fondazioni, biblioteche, archivi) che questo sapere sono preposte a conservare.

È molto d’impatto rievocare i roghi di libri appiccati dai sostenitori del regime nazista a Berlino il 10 maggio 1933. Anche l’autore lo fa. Anzi è proprio con queste immagini che apre il suo resoconto. Ma è egli stesso a invitare e invogliare il lettore a scavare più a fondo perché gli attacchi incendiari a sapere e conoscenza sono ormai all’ordine del giorno. Metaforicamente parlando, si intende. 

Biblioteche e archivi sono costantemente sotto attacco, apparentemente per i loro enormi costi a fronte della loro ormai palese inutilità, a maggior ragione ora che siamo nell’era digitale. E, man mano che viene protratto e incrementato questo pubblico discredito, vengono diminuiti i fondi e i finanziamenti.

Ma siamo davvero così certi che archivi e biblioteche non servano più?

Il declino continuo delle risorse per archivi e biblioteche è affiancato dall’ascesa delle grandi aziende tecnologiche che hanno di fatto privatizzato l’archiviazione e la trasmissione delle informazioni in forma digitale, trasferendo all’ambito commerciale alcune funzioni delle biblioteche e degli archivi pubblici. Queste aziende hanno obiettivi ben diversi rispetto alle istituzioni che tradizionalmente mettevano la conoscenza a disposizione della società. 

Ovenden sottolinea come, proprio nel momento in cui i finanziamenti pubblici alle biblioteche sono ridotti al minimo, si scopre che anche le istituzioni democratiche, lo stato di diritto e le società aperte sono in pericolo. E non è un discorso riconducibile solo alle dittature del Novecento e a quelle ritenute lontane dalle società occidentali. Si tratta invece di un pericolo reale anche in quelle società che si sentono al sicuro, protette dalla corazza della democrazia, ignorando o dimenticando che questa non è immutabile o inviolabile, essendo al contrario molto fragile e vulnerabile. 

Basti a ciò pensare che i libri e il materiale archivistico sono ritenuti importanti non solo da coloro che desiderano proteggere il sapere, ma anche da chi vuole distruggerlo. 

La vita moderna predilige sempre più ciò che si svolge in tempi rapidi. Gli investitori cercano guadagni istantanei, e le transazioni finanziarie sono tanto automatizzate che in borsa ogni ora se ne concludono miliardi. Mentre, sottolinea Ovenden, la memoria dell’umanità, il sapere creato in tutte le sue innumerevoli forme, dalla tavoletta di argilla alle informazioni digitali, non si limitano mai agli obiettivi immediati. 

Distruggere il sapere è certamente più economico, facile e comodo rispetto al doverlo analizzare, catalogare, salvaguardare e rendere fruibile, ma se anteponiamo la comodità e l’economicità al sapere stesso, ci avviamo sicuramente verso una società meno capace di distinguere il vero dal falso.

Alla questione del perché sia necessario preservare archivi e biblioteche, Ovenden risponde con cinque punti precisi:

  • Facilitano l’istruzione dell’intera società e di sottogruppi specifici.
  • Forniscono un insieme eterogeneo di idee e di conoscenze.
  • Contribuiscono al benessere dei cittadini e al rispetto dei principi delle società aperte, proteggendo i diritti essenziali e favorendo l’integrità di chi prende le decisioni.
  • Forniscono un punto di riferimento fisso e permettono di riconoscere verità e menzogne grazie alla trasparenza, alle verifiche, alle citazioni e alla riproducibilità.
  • Contribuiscono a rafforzare le identità storiche e culturali della società, conservandone la documentazione scritta. 

Chi non percepisce la necessità di preservare la conoscenza e i luoghi in cui essa viene custodita con ogni probabilità non comprenderà neanche l’importanza di una testimonianza come quella di Richard Ovenden. E non riterrà opportuno né doveroso riflettere, tra l’altro, sulla profondità della definizione formulata da Michel Melot: «la biblioteca è una macchina per trasformare la convinzione in conoscenza. La credulità in sapere».

Ed è proprio perché sono in tanti a non percepire l’importanza di tutto ciò che bisogna lottare ancora più strenuamente per preservarlo.

Bibliografia di riferimento

Richard Ovenden, Bruciare i libri. La cultura sotto attacco: una storia millenaria, Solferino, Milano, 2021. 

Titolo originale: Burning the Books. A History of Knowledge Under Attack.

Traduzione di Luisa Boplicher e Daniele A. Gewurz.

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Articolo disponibile anche qui

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Disclosure: Per le immagini, esclusa l’immagine della copertina, credits www.pixabay.com

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“Il grande inganno di internet” di David Puente (Solferino, 2019)

16 venerdì Ago 2019

Posted by Irma Loredana Galgano in Recensioni

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DavidPuente, Ilgrandeingannodiinternet, recensione, saggio, Solferino

Uno dei temi più ricorrenti nel dibattito pubblico e politico di oggi sono, purtroppo, le fake news, ovvero le false notizie che andrebbero a inficiare la altrimenti corretta informazione. Sarà vero ma ciò non toglie che, anche laddove circolassero solo notizie vere e non manipolate, i problemi reali che un paese come il nostro deve affrontare resterebbero invariati.
L’informazione falsa e manipolata non è un’invenzione del Terzo Millennio né della Rete. La funzione svolta da internet può essere semmai paragonata a quella di un acceleratore di particelle, questo sì.

Il pericolo, si afferma, è la potenza o meglio il potenziale di queste “bufale” che muoverebbero l’opinione pubblica e, di conseguenza, i voti in cabina elettorale verso quei politici o quei partiti che ne saprebbero fare un miglior uso.
La soluzione a questo legittimamente definibile problema però non va cercata nello smascheramento delle bugie, o fake, bensì nel tentativo di capire il motivo o i motivi per cui le persone crederebbero o credono con tanta faciloneria alle false notizie piuttosto che a quelle vere.

David Puente, debunker di professione, pubblica con Solferino Editore il suo resoconto sui più clamorosi, a suo parere, casi di fake news italiani, che egli stesso ha o avrebbe prontamente smascherato, nonché una sorta di decalogo su come svelare una “bufala”. Al tutto fa da sfondo la narrazione della vita e della tecnica di un “demistificante qualificato”.
Magari le intenzioni di Puente sono nobili. Forse lui veramente crede in quello che fa e nella sua pubblica utilità ma qualche perplessità, lo si conceda, non può mancare.

Leggendo il libro, visionando il blog personale dell’autore, scorrendo i suoi articoli si denotano chiaramente un linguaggio e un metodo comunicativo che rispecchiano in toto la divulgazione del Terzo Millennio. Non si ritrova un registro narrativo articolato e chiaro, volto a spiegare in maniera esaustiva quanto l’autore vuol comunicare, la sua tesi e le argomentazioni a supporto o contrarie a essa quanto, piuttosto, uno stile di scrittura molto coreografico, spettacolare, enfatico caratterizzato da continui e ripetuti “lanci” di frasi a effetto volte a lasciar intendere in chi legge l’imminente arrivo della tanto attesa soluzione del mistero, ovvero lo smascheramento della fake news.

Una informazione, quella di David Puente, che è molto simile alla contro-informazione che afferma di voler contrastare. Stile e linguaggio eccessivamente scenografici, spettacolari. Inoltre, pur volendo ammettere una certa utilità sociale nel lavoro svolto da Puente davvero non se ne comprende lo scopo ultimo. Considerando il numero di notizie false che girano in Rete e fuori da essa come può egli davvero credere che il metodo per fermarle sia smascherarle? Un’impresa molto donchisciottiana bisogna ammetterlo.

Necessita piuttosto un profondo cambio di paradigma nella formazione delle persone. La cultura, la conoscenza, la competenza, lo sviluppo di un acuminato senso critico, di una spiccata capacità di giudizio potrebbero magari aiutare a contrastare il diffondersi di notizie false e magari anche limitarne gli effetti negativi. Questo potrebbe davvero servire per invertire la tendenza attuale, non l’azione di un singolo il quale, per quanto abile possa essere, da solo per certo non potrà mai riuscire nell’intento di smascherare tutte le bugie che ogni istante vengono scritte, raccontate o lanciate sul web e fuori da esso.

Ci saranno sempre quelli che criticheranno David Puente, o chi per lui, e quelli invece che lo vedranno come un guru, che seguiranno il suo lavoro e accetteranno, sempre e comunque, la sua versione. Ed è proprio su questo che bisogna riflettere. Sulla necessità delle persone di avere, per ogni cosa, una guida certa di cui fidarsi, cui delegare qualche responsabilità. In questo caso quella di riflettere, di conoscere, di capire… di sforzarsi almeno di farlo.


Articolo originale qui


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