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Irma Loredana Galgano

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La questione migranti non può risolversi in mare, lì bisogna solo salvare vite. “Immigrazione. Cambiare tutto” di Stefano Allievi (Editori Laterza, 2018)

09 venerdì Ago 2019

Posted by Irma Loredana Galgano in Recensioni

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ImmigrazioneCambiaretutto, Laterza, recensione, saggio, StefanoAllievi

 

 

Con il saggio Immigrazione. Cambiare tutto Stefano Allievi decide di andare ancora più a fondo nella questione immigrazione, molto più di quanto aveva fatto nel testo Tutto quello che non vi hanno mai detto sull’immigrazione, scritto a quattro mani con Gianpiero Dalla Zuanna ed edito sempre da Editori Laterza.

In questa nuova pubblicazione Allievi non percorre solamente la linea del tempo, narrando del passato e del presente, ma estende la sua analisi anche a quella dello spazio. Uno sguardo che parte dal locale per arrivare al globale. E viceversa. Con piglio molto più critico, deciso e, per certi versi, incisivo.

Per Allievi, l’immigrazione è un fenomeno di dimensioni sempre più ampie, sempre più diffuso, sempre più frequente. Il quale, per essere compreso e “governato”, presuppone, come tutti i fenomeni complessi, uno sforzo di analisi e riflessione altrettanto complesso. Un fenomeno che va affrontato nelle sue grandi linee, ma anche nei suoi snodi più problematici. Ed è esattamente quello che ha tentato di fare Allievi in Immigrazione. Cambiare tutto.

Un libro la cui stesura è stata preceduta da una minuziosa ricerca, raccolta e analisi dei dati da fonti originali. Da interviste e confronti con addetti ai lavori, operatori nel campo dell’accoglienza ma, soprattutto, in quello dell’integrazione sul territorio, aspetto su cui ritorna più volte Allievi nel libro. Il tutto ha portato l’autore a elaborare delle ipotesi e portare avanti delle tesi, a definire le problematiche e suggerire possibili soluzioni . Giungendo anche a estremizzare volutamente degli aspetti del fenomeno proprio al fine di evidenziare la necessità del cambiamento.

Sottolinea l’autore quanto l’immigrazione non sia un mero fenomeno che può essere letto con la logica dello schieramento ideologico, ipotizzando anche di ricevere critiche da coloro i quali invece hanno mostrato apprezzamenti al suo precedente lavoro. Critiche dovute, con ogni probabilità, alle obiezioni addotte da Allievi alle politiche sulle migrazioni poste in essere dai governi italiani, non solo quello attuale ma anche i precedenti, e quelle ancor meno risolutive dell’Unione europea. Tutto quello che non vi hanno detto sull’immigrazione parlava della normalità dell’immigrazione in quanto tale, delle sue implicazioni, delle sue dinamiche, anche spiacevoli, ma afferenti comunque a un fenomeno strutturale della società dell’uomo. In Immigrazione. Cambiare tuttoinvece l’autore si concentra sull’analisi dell’eccezionalità di alcuni aspetti del fenomeno, nella speranza che non restino tali a lungo.

Il dibattito pubblico e politico si concentra sovente sull’analisi delle conseguenze dei processi migratori ignorando del tutto o quasi quelle che ne sono le cause e che andrebbero invece analizzate molto più a fondo. Le conseguenze ci interessano perché ci toccano da vicino, concretizzandosi in arrivi e sbarchi poco graditi a parti significative della pubblica opinione. Ma anche le cause, sottolinea Allievi, ci riguardano, anche quando non ce ne accorgiamo.

Per ragionare su quest’ultime, ci si può anche limitare a citare, in ordine sparso, alcune parole:

  • Guerre (e, a monte, la vendita degli armamenti con cui si fanno).
  • Sfruttamento.
  • Dittature.
  • Ingiustizie.
  • Diseguaglianze.
  • Crescita demografica non accompagnata da crescita economica.
  • Persecuzioni mirate (per motivi etnici, religiosi, razziali, politici).
  • Calamità naturali.

Dopo aver descritto nel dettaglio tutti i maggiori fattori di spinta (guerre, fame, sfruttamento, dittature, ingiustizie, disuguaglianze, persecuzioni), i push factor che sono anche la causa di spinta appunto alle migrazioni, Allievi passa in rassegna quelli che sono invece i pull factor, i fattori di attrazione, che spingono i migranti verso determinati paesi e non altri. Il differenziale economico e salariale è indubbiamente fra questi, ma lo è anche la costruzione dell’immaginario sugli altri paesi, che ha tante possibili ragioni, «reali nei loro fondamenti, anche se talvolta immaginarie nella loro estensione».

In questo, l’Europa dovrebbe prendere atto e coscienza di essere diventata «l’America dell’Africa (e di altre aree del mondo)», o per lo meno «un’America più vicina e meno irraggiungibile dell’altra, ancora la più ambita».

La letteratura sulle migrazioni, e anche «la sua vulgata giornalistica e popolare», tende a porre l’enfasi sui fattori di espulsione, mentre questi andrebbero sempre relazionati a quelli di attrazione.

Ad ogni modo, gli arrivi di migranti non compensano il calo demografico in atto in Italia, Europa e nell’intero Occidente. Iproblemi sono altri, sono culturali certo ma riguardano soprattutto le modalità di arrivo, e la filiera di irregolarità che implica. Dietro a viaggi e sbarchi ci sono mafie che si arricchiscono, violenze inenarrabili, il tutto per un giro di affari di dimensioni mostruose che a sua volta fa da volano ad altri investimenti illegali. In più i richiedenti asilo costituiscono un costo, almeno nel periodo in cui sono sotto esame e quindi a carico dei rispettivi sistemi di protezione, mentre il migrante economico, per così dire, si arrangia in proprio.

Andare ad aiutare qualcuno lontano dà il senso di essere implicati attivamente in «un’eroica epopea del bene», mentresubire arrivi organizzati da altri in casa propria implementa un «terribile senso di impotenza e di passività senza difese». Si genera un profondo senso di inquietudine che diviene terreno fertile per estremismi e nazionalismi, al punto da paragonare gli arrivi dei migranti a un vero e proprio esodo di massa, l’invasione dei nostri paesi di cui tanto si narra nella “vulgata giornalistica e popolare” descritta da Allievi. E così l’imperativo categorico diviene “fermare gli sbarchi” e farlo a ogni costo.

Ma per l’autore la questione non può assolutamente essere risolta in mare, dove è necessario salvare le vite e non c’è alternativa a questo, a meno di non volersi assumere scientemente il ruolo dello spettatore che si trasforma in boia. Va risolto «altrove» e riguarda tutti. La sola vera via, quella indicata da Allievi nel testo, è concordare politiche complessive, a livello europeo, che tocchino i vari nodi della questione: dall’aiutarli a casa loro, al concertare politiche europee comuni, aprendo canali di ingresso legale, che bypassino tutto questo e riescano a rendere irrilevante all’origine – o almeno fortemente ridimensionata e minoritaria – la necessità di partire illegalmente via mare, e quindi i salvataggi.

I corridoi umanitari evitano il traffico illegale di manodopera, organizzando un traffico legale collaborativo, organizzato, rivolto nello specifico ai richiedenti asilo veri. Così facendo si riesce a far entrare chi ne ha diritto, distinguendo a monte tra richiedenti asilo o titolati della protezione umanitaria e migranti economici, in situazione di sicurezza, senza arricchire la criminalità organizzata.

Allievi sottolinea che sono tre i mutamenti fondamentali – che hanno a che fare con le migrazioni – che stanno cambiando non solo il paesaggio migratorio, ma la struttura stessa delle nostre società. E li sintetizza con tre parole chiave:

  • Mobilità.
  • Pluralità.
  • Mixité(da intendersi come “mischiamento”, significa che trovandosi in mezzo agli altri si cambia, più o meno inevitabilmente, tutti).

Sta avvenendo un mutamento di proporzioni tali che richiede un cambiamento di paradigma interpretativo radicale. Bisogna spostarsi dal locale al globale, se si vuole capire cosa succede (sul piano analitico), anche se poi al locale si ritorna, quando si cercano le soluzioni ai problemi concreti (sul piano pratico). Il problema, per Allievi, è appunto imparare a connettere le due dimensioni, locale e globale. E la sensazione è che, al momento, il livello di consapevolezza di questa necessità sia ancora drammaticamente basso.

Se l’Unione Europea non vuole fare un gigantesco passo indietro rispetto alla sua storia recente, e ritornare a essere solo una zona di libero scambio, una unione commerciale su pochi prodotti, deve essere capace di assumere questo problema come problema/soluzione collettiva. Attivare una “Agenzia europea della mobilità e delle migrazioni”, dotata delle risorse e dei poteri necessari. Prevedere una forma di programmazione degli ingressi europea e non delegata e limitata ai singoli stati. «Un permesso di soggiorno europeo», e la possibilità di circolazione per immigrati e richiedenti asilo, attraverso «una modifica agli insensati regolamenti di Dublino» che nazionalizzano un problema che è invece comunitario, irrigidendolo e rendendone più complicata, e irrazionale, e costosa, la gestione.

Una sorta di Piano Marshall per l’Africa sarebbe necessario, purché venga posto in essere con criterio, in tempi relativamente brevi o, in ogni caso, congrui alla sua poi effettiva efficacia. Ma andrebbe comunque accompagnato da «una contro-narrazione», da un’operazione verità, sulla realtà delle condizioni economiche dell’Europa e delle drammatiche condizioni del viaggio della speranza, via terra e via mare.

Una campagna verità andrebbe fatta anche in Italia e in Europa. Una recente indagine dell’Ipsos rivela come gli italiani siano convinti che gli immigrati rappresentino il 26% della popolazione residente in Italia, e di questi, i musulmani siano il 20%. Le cifre reali invece dicono che gli immigrati sono circa il 10% (stimando e comprendendo anche gli irregolari) e i musulmani il 3.5% circa.

L’immigrazione c’è sempre stata, c’è e ci sarà, è inevitabile che ci sia. Non è dunque un problema di «se», ma di «quanto» e di «come».

Allievi ritorna così a descrivere il fenomeno delle migrazioni come un dato strutturale da sempre esistito, teoria che ha rappresentato il filo conduttore del precedente libro scritto con Dalla Zuanna. Inutile quindi continuare a trattarlo come un’urgenza o un’emergenza. Come inefficaci continueranno a essere le politiche “nazionaliste” adottate dai vari stati dell’Unione europea. Realmente valevoli saranno quelle prese in comunione e che tengano conto di tutti gli elementi indicati dallo stesso autore, ovvero dei pushe dei pull factor, quindi delle cause come delle conseguenze, dei risvolti locali ma anche di quelli globali. Gli accordi tra l’UE e la Turchia, per esempio, hanno avuto come diretta conseguenza la diminuzione dei flussi migratori lungo la rotta balcanica e, come conseguenza indiretta, l’aumento su quella mediterranea, ovvero in Italia. Bloccare quest’ultima rotta senza un piano locale-globale ben strutturato non farebbe altro che spostare verso nuove rotte gli sbarchi o gli arrivi, di certo non servirebbe a fermarli o diminuirli.

I costi di accoglienza e di integrazione dei migranti ricadono inevitabilmente sul paese di arrivo ed è per questo che i principali soggetti in causa, ovvero Italia e Grecia, chiedono sempre maggiori finanziamenti all’Unione europea in virtù del principio in base al quale facendosi carico di queste operazioni assolvono in realtà funzioni comuni che, come tali, andrebbero considerate. In breve, a pagare dovrebbe essere l’UE. Tutto ciò però non ha solo dei risvolti economici, ci sono aspetti sociali e culturali ancora troppo sottovalutati.

Allievi espone il concetto in maniera molto chiara, decisa e concisa. Stiamo importando lavoratori unskilled neoimmigrati e ne esportiamo di skilled e molto ben formati, per quel che riguarda gli italiani che emigrano. Gli immigrati che arrivano non conoscono lingua e cultura italiane, nelle loro intenzioni in genere non vi è neanche il desiderio di rimanere nel nostro paese. La maggior parte delle risorse investite per la loro formazione e accoglienza si allontana insieme a loro quando lasciano l’Italia, non appena ne hanno l’occasione. La loro destinazione prescelta fin dal principio sono i paesi del Nord Europa.

Tutto questo non rischia seriamente di aumentare ulteriormente il divario già esistente tra i vari paesi dell’Unione europea? Non sarebbe quindi più opportuno pensare o ripensare a una equa redistribuzione di migranti e immigrati?

Anche per questo, chiosa Allievi, bisogna concordare a livello europeo, globale, politiche capaci di affrontare il fenomeno delle migrazioni non come un’emergenza o un problema dei paesi frontalieri, ma come un fenomeno strutturale che abbraccia, inevitabilmente, locale e globale, cause e conseguenze, politica e cultura.

Immigrazione. Cambiare tuttodi Stefano Allievi è un testo molto più critico, rispetto alle precedenti pubblicazioni dell’autore. Un rigore maggiore nell’esposizione del narrato che riflette l’inasprimento generale dei toni in merito a questo fenomeno, oppure ne è conseguenza diretta o indiretta. Per certo, egli afferma più volte la necessità di invertire la rotta, soprattutto per le politiche nazionali e comunitarie. Cambiare tutto e farlo in maniera decisa, senza slogan o false promesse da parte sopratutto dei politici italiani che tentano e hanno tentato anche in passato di trasformare il fenomeno complesso dell’immigrazione in linfa nazionalista per le campagne elettorali.

Il saggio di Allievi è un libro molto ben strutturato, scritto con un linguaggio deciso, incisivo ma chiaro e accessibile a tutti. Un’analisi, quella dell’autore, che aiuta il lettore a meglio comprendere alcune dinamiche interne ed esterne al fenomeno migratorio, alle sue cause come anche alle conseguenze. Una lettura che si rivela, fin dalle prime pagine, per certo interessante.


Articolo originale qui


Source: Si ringrazia l’Ufficio Stampa degli Editori Laterza per la disponibilità e il materiale


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“Tutto quello che non vi hanno mai detto sull’immigrazione” di Stefano Allievi e Gianpiero Dalla Zuanna (Editori Laterza, 2016) 

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© 2019, Irma Loredana Galgano. Ai sensi della legge 633/41 è vietata la riproduzione totale e/o parziale dei testi contenuti in questo sito salvo ne vengano espressamente indicate la fonte irmaloredanagalgano.it) e l’autrice (Irma Loredana Galgano).

“Tutto quello che non vi hanno mai detto sull’immigrazione” di Stefano Allievi e Gianpiero Dalla Zuanna (Editori Laterza, 2016)

12 venerdì Mag 2017

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flussimigratori, GianpierodallaZuanna, immigrazione, italiani, Laterza, lavoro, migranti, paura, saggio, StefanoAllievi, stranieri, terrore, Tuttoquellochenonvihannomaidettosullimmigrazione

Uscito in prima edizione ad aprile 2016 per Editori Laterza, Tutto quello che non vi hanno mai detto sull’immigrazione di Stefano Allievi e Gianpiero Dalla Zuanna è un saggio tascabile di poco oltre centocinquanta pagine sui «radicalismi emergenti, tra gli immigrati e contro gli immigrati».

Un libro che è un valido «strumento di lettura e di orientamento», utile a fornire «chiavi interpretative» prive di pregiudizi ideologici per una questione che ha «radici profonde nella storia» e di cui gli autori si interessano sistemicamente. Ciò ha consentito loro di evitare l’inseguimento delle notizie di stretta attualità e mantenere un approccio meno semplicistico al fenomeno, riuscendo così a raccontare al lettore «alcune prospettive di questa storia grandiosa, piena di speranze e soddisfazioni, ma anche delusioni e sofferenze».

Una vicenda che ha visto un paese come l’Italia «che si credeva monoculturale e in passato di emigrazione» trasformarsi, nel giro di un paio di generazioni, «in un grande porto di mare» e un popolo, quello italiano, che nella necessità del confronto con l’altro, con il “diverso”, si vede costretto a fare i conti con la propria identità. Una condizione di mutamento continuo, dove «anche i nativi vengono in qualche modo modificati dall’interazione con i migranti», esattamente come questi subiscono la metamorfosi del cambiamento e così «da questi incontri nasce una popolazione nuova». Diventa a questo punto necessario «adattare la nostra società e – prima ancora – la nostra mentalità, per vivere al meglio questo grandioso mutamento».

Nel caos degli allarmismi di informazione e politica il testo di Allievi e Dalla Zuanna viene positivamente accolto come una lettura che invita alla calma e alla conoscenza riguardo un fenomeno che è sempre esistito e che ruota intorno a tre “semplici” parole: «necessità, selezione, integrazione».

Utile doveroso e necessario anche l’aver ricordato in Tutto quello che non vi hanno mai detto sull’immigrazione che il censimento del 1881 rivelò che metà dei milanesi non erano nati a Milano e che nel primo secolo di Unità nazionale (1861 – 1961), almeno 25milioni di italiani hanno lasciato l’Italia, «quasi 700 al giorno».

L’impegno degli autori è stato profuso non solo nel racconto dettagliato di ciò che i fatti storici avrebbero dovuto insegnarci e il cui apprendimento sotto un ottica diversa avrebbe potuto meglio preparare la società attuale ad affrontare la “crisi migratoria” in atto, ma anche nell’analisi dei dati, nella formulazione di pacate ipotesi risolutive nonché per sfatare i luoghi comuni che sembrano sempre più radicalizzati e strumentalizzati per creare un clima di diffidenza e paura.

  • Gli stranieri rubano il lavoro agli italiani.

  • Gli stranieri frenano lo sviluppo dell’Italia.

  • Tra gli stranieri c’è un’elevata percentuale di criminali.

Gli economisti mostrano e dimostrano che, in Italia come in altri Paesi “ricchi”, i nuovi flussi migratori «hanno causato la crescita dei salari dei nativi, favorendo nel contempo la compressione dei salari degli stranieri» già presenti da tempo sul territorio. Sul mercato del lavoro «gli immigrati sono complementari piuttosto che concorrenti degli italiani». Sono loro per la gran parte ad accollarsi l’onere di svolgere mansioni dirty, dangerous and demeaning (sporche, pericolose e umilianti) e la loro “disponibilità” allo svolgimento dei ddd jobs ha di fatto «permesso agli italiani di concentrarsi sui lavori meglio retribuiti, meno faticosi e più prestigiosi». Ma ha anche, in concreto, spinto «verso mansioni meglio retribuite i lavoratori italiani non qualificati». Per contro «polacche, ucraine, filippine, peruviane, moldave e rumene» sono le più penalizzate, costrette per necessità «a svolgere un lavoro poco qualificato rispetto al titolo di studio conseguito e alle competenze professionali acquisite».

I motivi alla base della mancanza di lavoro, della diffusa disoccupazione, anche giovanile, e dei bassi livelli di crescita dell’Italia vanno invece ricercati nelle «forti barriere all’ingresso delle professioni», negli «oligopoli e cartelli fra le imprese (spesso tutelati dal sistema politico)», nella tendenza a «preservare strenuamente il posto di lavoro piuttosto che a proteggere il lavoratore».

Leggi anche – Primo Maggio: Festa dei lavoratori o del lavoro?

Allievi e Dalla Zuanna sottolineano con fermezza il destino di declino cui andrà inesorabilmente incontro il nostro Paese «se non inizierà a prendere di petto questi problemi». Paesi come la Germania, il Regno Unito e gli Usa negli ultimi venti anni «sono cresciuti molto più di noi pur condividendo i nostri alti tassi immigratori». Mentre paesi come il Giappone «sono cresciuti poco anche se continuano a tenere blindate le loro frontiere». Ne conviene quindi che «alti tassi di immigrazione possono convivere con alti tassi di sviluppo».

Non è tanto la condizione di straniero in sé a essere determinante nel delinquere quanto «quella di marginale». È «la povertà materiale, di risorse sociale e di capitale culturale» a giocare un ruolo decisivo. Leggendo i dati del Dossier Statistico Immigrazione 2015 del Centro Studi e Ricerche IDOS, che gli autori riportano nel testo, si apprende che le denunce contro italiani sono in aumento del 28% mentre quelle verso stranieri sono in calo del 6,2% e che il 17% di queste riguarda violazioni della normativa di soggiorno.

Inoltre non bisogna dimenticare che «gli stranieri non sono solo soggetto, sono anche oggetto di devianza e vittime di criminalità». Dettagliato il resoconto che fanno Allievi e Dalla Zuanna su traffico di manodopera, tratta, sfruttamento, caporalato, violenza, truffa… insomma su tutte le «forme di criminalità legate al business sugli immigrati e all’accoglienza», ricordando anche il recente scandalo etichettato da media e magistratura Mafia Capitale.

Leggi anche – Migrazioni… di organi

Gli autori sottolineano come la questione dei profughi, al pari dell’immigrazione, non è un’emergenza ma «un dato strutturale del mondo globale» e come tale va affrontata.

  • Con strategie, non con parole d’ordine.

  • Con politiche, non con slogan.

  • Con pragmatismo, non con precomprensioni ideologiche.

A livello europeo, a livello nazionale e locale, nella scuola… evitando strumentalizzazioni e multiculturalismi improvvisati che sono speculari all’identitarismo grossolano.

I rifugiati sono dei testimoni della storia e delle volte portano con sé «il destino, la coscienza e il desiderio di riscatto di un intero paese». Viene riportato l’esempio di un esule italiano antifascista in Francia che, dopo aver lavorato come muratore, è rientrato in Italia e diventato successivamente il settimo Presidente della Repubblica. Sandro Pertini.

I migranti economici si muovono per ragioni in parte differenti dai rifugiati politici ma la loro storia merita egualmente di essere scritta con l’inchiostro della civiltà, dell’umanità e del rispetto, tenendo sempre a mente le tre “semplici” parole che ricorrono nelle storie migratorie.

  • Necessità.

  • Selezione.

  • Integrazione.

Tre termini che custodiscono il mondo che è stato e al contempo mostrano quello che sarà. Perché il cambiamento è «la chiave di lettura principale, da assumere e da sostanziare con contenuti seri» se l’intenzione è «capire cosa sta succedendo, tra le comunità islamiche presenti in Europa e nelle società che le ospitano». E questo naturalmente è un discorso valido per tutte le comunità, non solo quelle islamiche.

Tutto quello che non vi hanno mai detto sull’immigrazione di Stefano Allievi e Gianpiero Dalla Zuanna si rivela una lettura molto interessante. Si tratta di un saggio breve ben articolato e con un’ottima struttura narrativa in grado di presentare al lettore una panoramica di ampio raggio sul fenomeno delle migrazioni e indurlo in profonde riflessioni sulla società, attuale e passata, su quelli che devono o dovrebbero esserne i principi fondativi (l’inalienabilità dei diritti e l’universalità della loro applicazione), sulle politiche e sull’informazione globalizzate ma neanche poi tanto, sui concetti per niente astratti di inclusione e divisione. Un libro che merita senza dubbio alcuno di essere letto.

Stefano Allievi: è professore di Sociologia e direttore del Master sull’Islam in Europa presso l’Università di Padova.

Si occupa di migrazioni in Europa e analisi del cambiamento culturale e del pluralismo religioso.

Gianpiero Dalla Zuanna: è professore di Demografia presso l’Università di Padova.

Ha studiato il problema dell’equilibrio demografico nazionale e internazionale e l’integrazione delle seconde generazioni nella società italiana.

Source: Si ringrazia l’Ufficio Stampa di Editori Laterza per la disponibilità e il materiale.

Disclousure: Fonte biografia autori quarta di copertina.

Articolo disponibile anche qui

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