Una cosa per la quale mi odierai è un romanzo che racconta la vita attraverso la narrazione della malattia e della morte. La protagonista trova il coraggio di leggere il diario scritto da sua madre, un resoconto degli ultimi nove mesi di vita. E lo fa proprio quando sta vivendo l’esperienza della gravidanza. Nove mesi che la renderanno madre. Orfana e madre. Sua madre Lucia ha preferito affidare al diario le parole per i suoi cari e, attraverso di esse, Erica riscoprirà il suo rapporto con lei. Le sembrerà quasi di conoscerla di nuovo, quantomeno in una maniera differente.
Erica sta per compiere un grande passo, a breve andrà a convivere con l’uomo che ama e, quando sua madre le chiede di parlare, è convinta voglia tentare di dissuaderla. Invece Lucia vuole raccontarle “una cosa per la quale mi odierai”. Vuole parlarle della malattia.
Il senso di colpa è una delle più comuni reazioni alla diagnosi di cancro. C’è chi si sente in colpa perché pensa di aver fatto qualcosa che ha favorito l’insorgenza della malattia. Chi pensa avrebbe potuto riconoscere prima i sintomi. Chi perché non può più svolgere il suo ruolo nella famiglia o sul lavoro. Chi perché si sente un peso per i suoi cari.1
È spaventata Lucia ma, nel raccontare la situazione a Erica, minimizza. Ha paura. Ma teme anche la sofferenza della figlia.
Il paziente oncologico ha necessità di elaborare il trauma psicologico dovuto alla diagnosi di tumore e di acquisire elementi che gli consentano di rompere l’equazione cognitiva cancro=morte.2 Lucia sembra aver trovato aiuto e sfogo scrivendo il suo diario.
Le parole possono contribuire all’efficacia delle cure. Presumibilmente hanno aiutato Lucia ad affrontare la malattia e il distacco dagli affetti. Di sicuro hanno aiutato Erica ad affrontare il lutto, la perdita.
Le pagine del libro di Erica Mou sono articolate secondo uno schema che vede alternarsi parti del diario di Lucia a riflessioni proprie della figlia. Riflette Erica. Legge. Rilegge e riflette. La sua mente ritorna a quei momenti. Poi sovviene al presente. Sono emozioni forti quelle che la assalgono. Pensieri e parole avvolti da un dolore sordo, lancinante, crudele, che sembra non avere mai fine. Ripensare ai momenti della malattia di sua madre le dà il tormento ma ritornare al presente non sembra donarle alcun sollievo perché quello che è stato è ancora lì, nelle crepe del suo cuore, tra le pagine di quel diario, nel profondo della sua mente, nel suo stesso corpo che soffrendo per la perdita, per la morte di sua madre è riuscito comunque a trasformarsi in grembo materno, ha accolto la nuova vita e con essa la speranza. Nel futuro certo. Ma anche nella stessa vita. Con le sue gioie e i suoi dolori. Perché la morte fa paura ma anche la vita allorquando ti costringe ad affrontare il dolore, quello vero, quello che richiede tanta forza per essere elaborato, superato.
Il racconto di Erica Mou è un inesorabile e sincero resoconto di quanto veramente accade. Non ci sono fronzoli, non ci sono iperboli né edulcorazioni. È la malattia. È la quotidianità. È semplicemente la vita. La quotidianità di una vita completamente stravolta. La sofferenza di chi è malato e quella dei suoi cari. La rabbia. Il dolore. La paura. Il timore di soffrire e veder soffrire. La scrittura di Erica Mou è egualmente lineare, pulita, quotidiana. Una lingua parlata, o meglio “musicata” perché il suo fraseggio ha un non so che di musicale, armonioso, come se leggendo le parole se ne avvertisse quasi il suono, il rumore oppure il silenzio.
Una cosa per la quale mi odierai non racconta solo un’esperienza o la storia di una persona, o meglio di una famiglia, ne racconta l’intera esistenza, la vita.
Il libro
Erica Mou, Una cosa per la quale mi odierai, Fandango Libri, Roma, 2024.
1Ci si può sentire in colpa per essersi ammalate di cancro?, Fondazione Veronesi Magazine, settembre 2020.
2S. Paladini, La sindrome Psiconeoplastica, PSICOFORM – Psicologia e Formazione, gennaio 2024
Articolo pubblicato su LuciaLibri.it
Disclosure: Per le immagini, tranne la copertina del libro, credits www.pixabay.com
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