Cosa accomuna autori apparentemente lontani tra loro? Qual è il filo invisibile che lega le opere e la ‘ribellione’ degli autori ‘maledetti’?
Domande queste che, forse, hanno incuriosito più di uno studioso del prolifico periodo letterario a cavallo tra ottocento e novecento, ricco di cambiamenti e contraddizioni che rispecchiavano i sussulti storici e sociali a cui assistevano, operosi o inermi, letterati e illetterati. Si potrebbe partire proprio da questo per analizzare e comprendere la reale portata del cambiamento in atto in quel periodo, che ha determinato tutte le susseguenti innovazioni. La letteratura perde il suo carattere aulico e diventa, come l’istruzione e la cultura in generale, produzione di massa e mezzo di conoscenza e diffusione dei malesseri e delle ribellioni di intere generazioni di artisti ‘maledetti’ perché in contrasto e in opposizione al sistema precostituito, nella società come nell’arte. E questo sembra essere stato il percorso seguito da Dario Pontuale nella sua ricerca tra le opere e il pensiero degli autori che maggiormente, a suo discernimento, hanno incarnato il malessere dell’epoca.
Uscito in prima edizione a giugno 2017 con le Edizioni Ensemble, Una tranquilla repubblica libresca. Incroci letterari tra ottocento e novecento si presenta al lettore come un dettagliato resoconto delle scoperte letterarie frutto delle assidue ricerche bio-bibliografiche di Dario Pontuale su autori, artisti e musicisti anche lontani tra loro, in apparenza. Arrigo Boito, Emilio Salgari, Italo Svevo, Fernando Pessoa, Renato Serra, Italo Calvino, Dino Buzzati, Leonardo Sciascia… tutti studiati nell’ottica del «deflagrante pensiero del maledettismo», un universo rinsaldato da «una comune insofferenza per gli ipocriti costumi borghesi». Un’aspra lotta tra artisti e società, «un conflitto inedito fino ad allora nel panorama nostrano». Una ‘ribellione’ che ha come obiettivo la «autonomia dell’arte», una delle «virtù principali» che, unitamente a bellezza e natura, sembravano già allora irrimediabilmente compromesse dalla «industrializzazione imperante».
È trascorso oltre un secolo dalle lotte degli artisti della Bohème e della Scapigliatura, tante cose sono cambiate, il mondo stesso lo è, eppure i problemi che devono affrontare quotidianamente le persone e i malesseri raccontati dagli artisti nelle proprie opere sembrano essere immutati, o solo peggiorati.
Un lavoro, quello portato avanti da Pontuale, che può essere definito di investigazione letteraria. Come un autentico segugio infatti l’autore studia testi di letteratura e critica e ne assimila a fondo i contenuti, ricollocandoli poi nella composizione della sua opera, incastrandoli alla perfezione come tessere di un puzzle. Un modo nuovo di ‘raccontare’ la letteratura. Dal suo interno. L’autore infatti sembra mescolarsi al gruppo degli scapigliati milanesi, per fare un esempio di quanto trovato nel testo, sembra vedere ciò che essi hanno visto, sentire ciò che essi hanno sentito, raccontare poi ciò che immagina abbiano voluto raccontare, urlare, tramandare.
Si percepisce, lungo tutta l’opera di Pontuale, una ricerca non solo delle ragioni e delle responsabilità del «decadimento culturale italiano di inizi novecento», ma anche la volontà di citare tutti gli autori “disordinati e maledetti” i quali, attraverso il loro comportamento e le proprie opere, hanno denunciato il malessere, interpretandolo a volte come personale altre come cosmico.
Ciò invita il lettore a riflessioni sul senso della letteratura. Che sia solo intrattenimento ed evasione o denuncia ed educazione?
Colpisce, durante la lettura di Una tranquilla repubblica libresca, la capacità dell’autore di evitare giudizi e riflessioni troppo personali essendo egualmente egli riuscito a descrivere il volto umano, oltre quello letterario e artistico, dei personaggi trattati, i risvolti spesso nascosti o ignorati del periodo storico e di essere riuscito a mostrare al lettore le differenze e le similitudini con quello attuale senza mai sottolinearle apertamente.
Una critica impersonale che riesce comunque a trasmettere in chi legge tutta l’umanità presente negli artisti di cui si racconta come nello stesso autore. Una grande passione per la letteratura e il mondo delle arti e una notevole sensibilità per i temi della cultura intesa anche come mezzo di espressione e analisi dei malesseri e delle problematiche sociali.
Una lotta perenne contro ingiustizie e mali sociali che a volte assume i contorni della mobilitazione mentre più spesso si manifesta attraverso l’assordante silenzio dell’alienazione volontaria dal mondo e dalla stessa vita. Il grande merito che va riconosciuto a questi autori è l’aver portato «nella letteratura la vita vera» perché non può esserci «ordine nella scrittura se non c’è ordine nel mondo».
Ricordando gli insegnamenti di Sciascia, Pontuale sottolinea come «ogni cittadinanza esige responsabilità». Lui sembra essersi volontariamente assunto quella di non lasciare cadere nell’oblio questi autori ‘maledetti’ troppo spesso dalla critica di allora come da quella odierna perché eccessivi, trasbordanti le righe di un sistema che quando non riesce agevolmente a inquadrare preferisce cancellare.
Una tranquilla repubblica libresca di Dario Pontuale è un testo ben scritto, ordinato e corretto e si rivela, al contempo, una piacevole e amena lettura per chi è in cerca magari solo di curiosità e originalità e un interessante spunto per riflessioni più articolate sul panorama artistico e culturale del periodo storico interessato come di quello attuale.
Source: Si ringrazia l’Ufficio Stampa di Ensemble Edizioni per la disponibilità e il materiale
Disclosure: Fonte della trama e della biografia dell’autore quarta di copertina
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