Da sempre la musica, ma andrebbe detto l’arte in generale, detiene un immenso potere: quello di muovere e smuovere le masse, il popolo. Ed è per questo che gli artisti, soprattutto quelli definiti “ribelli” o “rivoluzionari” perché non accettano di livellarsi agli altri, che non mentono ma raccontano senza veli la verità, sono considerati pericolosi per «la loro costante messa in discussione della realtà, e la loro sempre maggiore richiesta di libertà».
Tutto ciò era ben chiaro anche a Mao Zedong il quale affermava che «i cinesi non saranno mai più un popolo di schiavi», riferendosi al capitalismo e all’Occidente e a tutte quelle che considerava devianze e perversioni culturali. Mai più schiavi delle idee e ideologie altrui quindi… solo delle proprie. Infatti il suo regime non ha creato progresso, civiltà, cultura, innovazione. Quella che lui stesso e i suoi sostenitori chiamavano “Rivoluzione Culturale” altro non è stata che una dittatura di colore opposto a quelle più tristemente note. Che ha avuto i suoi seguaci, i suoi oppositori, i perseguitati e i reietti. Gli impuri, come la famiglia di origine di Zhu Xiao-Mei, rei di essere “musicisti e intellettuali”.
Bollati Boringheri pubblica a giugno di quest’anno la versione tradotta da Tania Spagnoli de La Rivière et son secret di Zhu Xiao-Mei, appellandola Il pianoforte segreto. Si percepisce, nel libro di Zhu Xiao-Mei, una grazia, una semplicità, una naturalezza, nel racconto come nella scrittura, che sono affatto comuni.
Un libro che non è il racconto di chi vuol apparire, o di chi vuol insegnare, no, Il pianoforte segreto narra “semplicemente” una storia. Vuole aprire al mondo una biografia che non è solo quella personale dell’autrice bensì di una nazione intera, la Cina, alle prese con un potere che, professando uguaglianza e parità, ha finito con il generare solo ingiustizia e povertà, economica e culturale.
Anche le idee migliori quando diventano ideologie imposte ad altri e rappresentano quindi delle imposizioni esplodono per intero nella loro accezione negativa.
Il pianoforte segreto può essere definito un libro lento. Una scrittura che si sofferma nei dettagli, precisa nel raccontare aspetti che, se anche in un primo momento possono apparire secondari o addirittura irrilevanti, si sveleranno poi tutti fondamentali per poter ammirare il quadro che l’autrice ha dipinto con la sua penna, o meglio ancora l’aria che le sue mani hanno sentito e suonato al pianoforte. In questo modo Xiao-Mei ha scritto lo spartito della sua esistenza che si intreccia a quella di tanti altri giovani cinesi illusi prima e disillusi poi dalla Rivoluzione Culturale tanto attesa, di tanti uomini e donne, anche occidentali, che con impegno e dedizione trovano il loro personale riscatto, emblema e simbolo di un’evoluzione più ampia che nasce e può nascere solo allorquando si accetta di «mescolare le culture e farle dialogare».
Mao affermava che la Cina «è povera e bianca, ma su una pagina bianca si possono scrivere dei bei poemi». Purtroppo a fare eco alle sue parole non arrivarono i poemi bensì la carestia, la povertà, il nero di una cultura svuotata e oscurata, le sedute di denuncia e autocritica, gli istituti di correzione e tutto quanto poteva servire per nascondere quanto più a lungo possibile il fallimento della sua ideologia.
Le pagine prima bianche del suo libro Xiao-Mei invece le ha riempite di parole utili. Necessarie innanzitutto alle vittime della Rivoluzione Culturale. Ma anche a coloro i quali, come la stessa autrice, quella Rivoluzione l’hanno superata e hanno avuto la possibilità di una «rinascita spirituale», grazia all’arte in generale ma, soprattutto, alla musica. Grazie ad essa Zhu Xiao-Mei afferma di aver ritrovato la propria umanità.
Un libro assolutamente consigliato, Il pianoforte segreto di Zhu Xiao-Mei, anche per conoscere a fondo un periodo storico ancora alquanto sconosciuto in Occidente.
Articolo originale qui
Disclosure: Fonte trama libro e biografia dell’autrice www.bollatiboringheri.it
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