Carlos Solito è originario di Grottaglie, in provincia di Taranto. Vive ormai lontano dalla sua Puglia da oltre dieci anni, spinto dalla passione per il viaggio, la scrittura e la fotografia. Realizza reportage, servizi fotografici e giornalistici in tutto il mondo, prediligendo le tematiche antropiche, paesaggistiche e di life style.
Numerose sono le riviste italiane ed estere con le quali Carlos Solito collabora. Ha pubblicato guide e libri con Rizzoli Rcs, White Star, National Geographic, Skira, Atlante, De Agostini, Domus, Giunti, Terre di Mezzo, Touring Club Italiano, Massa.Tra i suoi ultimi titoli di narrativa: Il contrario del sole, Pietre e Nuvole, Puglia, gateway to the east, Il mare del mito, Ski. Dallo scorso novembre gestisce il blog di cultura e società tachicardia. Dai suoi scatti, proposti al pubblico in personali o come contributi di mostre allestite in Italia e all’estero, emerge nel fondo la ricerca che li precede, l’indagine dei luoghi e delle persone, l’attesa, l’osservazione, la riflessione e la grande capacità, propria di un artista, di cogliere il momento e regalarlo al mondo.
Gli abbiamo rivolto alcune domande mossi dalla curiosità di conoscere qualcosa in più sui retroscena del suo lavoro e sulle conseguenze che questo meraviglioso vagabondare ha sulla sua vita.
Viaggiare molto e vedere tanti posti diversi ti avrà certamente arricchito in questi anni. Ti senti una persona diversa, ora, rispetto a quando hai cominciato questo lavoro?
Indubbiamente viaggiare è la forma di arricchimento più santa, che stratifica meglio il nostro punto di vista sul mondo, su chi lo popola, su noi stessi. Quindi mi sento ricco, terribilmente ricco di visioni, d’incontri, di storie. Viaggiare tanto però fa sentire anche stanchi, lo giuro! Partenze e arrivi, di nuovo partenze, arrivi e così sia! Sembra un’Ave Maria da recitare. È come se l’inquietudine che mi porto dentro sia un peccato e i peccati, si sa, vanno espiati a suon di preghiere. Ricordi in confessionale quando il prete ti dice di ripetere più volte una preghiera? Beh, siamo lì! E comunque ci si sente bulimici, più vedi e più vuoi vedere.
C’è qualcosa che rimpiangi?
Credo di essere ancora troppo giovane per i rimpianti. Spero di averne più in là nel tempo: i rimpianti sono un’àncora e ti tirano giù, in fondo al mare dei ricordi, per rammentarti che non si può fare tutto in questa vita e soprattutto non si può essere ovunque e con chiunque. Mi piacerebbe (re)incontrare ciclicamente tutti gli amici sparsi in giro per il mondo, ma so che non è una cosa facile. Per fortuna esistono i social: accorciano le distanze.
Cosa vedi quando ti guardi indietro?
Un minestrone di emozioni, belle e brutte. Sono state il mio benzene, o carbone; mi hanno fatto andare avanti anche quando non riuscivo a vedere una traccia di strada o sentiero da poter seguire. Emozionarsi vale sempre, sono le emozioni che marchiano a fuoco i ricordi, i momenti, che decantano dentro, come un buon vino che regala piacere, soddisfazione e pace.
E quando guardi avanti?
Le capacità. Mi spiego: le emozioni sono il carburante per la propulsione in qualsiasi cosa si faccia. Le capacità di ognuno di noi sono la locomotiva per procedere, andare, conoscere. Bisogna avere cura di garantire un equilibrio tra emozioni e capacità, affinché si possa “viaggiare” alla velocità giusta per raggiungere i propri obbiettivi. Ovvio che in questo viaggio è d’obbligo osservare, osservare e osservare, apprendere nuovi linguaggi e i contenuti altrui che, personalmente, mi disarmano perché non c’è contaminazione più bella.
T’immagini mai a fare un lavoro diverso?
Io vengo da un lavoro diverso, o meglio da tanti lavori che svolgevo per potermi permettere, nottetempo, di curare quello che faccio ora nell’attesa che lo stesso divenisse il mio lavoro, l’unico. Semmai dovessi immaginarmi a fare un lavoro diverso… beh sì! Potrebbe capitare e la cosa non mi spaventa perché continuerei a scrivere e fotografare per il gusto di farlo, per la passione che mi spinge a realizzare scritti e scatti. Tutti i miei lavori in questo ambito nascono da un’idea, dal piacere di poter raccontare una storia. Il bello di questo è che chiunque riesce a fare un mestiere come il mio, non lo vivrà mai come un vero e proprio lavoro.
Fra i tanti c’è un posto che ti ha colpito in particolare al punto da farti desiderare di rimanere a vivere lì? Perché?
Il fatto è che già mi sono fermato a vivere in un posto che mi ha colpito: l’Irpinia. Viaggiare è bellissimo e i motivi li conosciamo.Viaggiare tantissimo a volte è come fare un’indigestione, proprio come uno chef che non può assaggiare ogni piatto che prepara. Amo il mio lavoro ma quando capita di tornare dalla Giordania e ripartire per New York dopo neanche 48 ore, vorrei una vacanza e per me la vacanza ideale si chiama Irpinia, dove faccio il pieno di silenzi e vita lenta in un paesino di pochissime migliaia di persone. Le albe più belle le fotografo proprio lì, i paesaggi fanno paura per quanto sono belli. Tra i miei skiline preferiti c’è la valle dell’Ofanto che, come un immenso serpentone, s’insinua verso est con il lago di Conza, il molare di Cairano e, in fondo a tutto, il profilo del gran cratere del Vulture. Ogni volta che ammiro questo spettacolo io muoio e nasco in un giorno. Tornare implica una scelta, una volontà, anche se a volte è flebile e ha il sapore di un viaticum omerico. Quando sono lontano, desidero l’Irpinia, la voglio!
Ti va di raccontare il tuo prossimo progetto?
In realtà sono diversi, lo dico da sempre: più progetti che tempo. Un progetto fotografico legato alle donne, per il quale sto viaggiando ovunque a interpretare modelle. La regia del mio ultimo film girato in Campania lungo il fiume Sele. Una storia di formazione in cui il territorio, con le sue bellezze e la sua gente, la fa da padrone. E poi un mio progetto molto ambito… una cena con tutti i miei amici in Puglia o in Irpinia, sembra facile ma non lo è!
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