Mauro Inzoli, il sacerdote sotto accusa per abusi su minori, conosciuto come ‘don mercedes’ perché amante delle macchine di lusso, dei sigari, dei ristoranti alla moda e per le frequentazioni politiche, è stato immortalato mentre se ne stava tranquillamente seduto ad ascoltare gli oratori del Convegno Difendere la famiglia per difendere la comunità tra i quali figura il leghista Maroni, governatore della Lombardia.
«Era un convegno aperto al pubblico, non conoscevo questa persona: l’unico rammarico è che il cerimoniale non mi abbia informato, altrimenti quella persona sarebbe stata allontanata perché non era opportuno che stesse lì».
È così siccome nessuno si è preso la briga di spiegare al governatore chi fosse il signore seduto proprio dietro di lui questi ha pensato bene di girarsi, sorridergli e stringergli la mano. E neanche nel momento in cui l’ha guardato dritto negli occhi lo ha riconosciuto né tantomeno si è ricordato di averlo già incontrato e forse di avergli già stretto la mano.
In molti, speriamo in tantissimi, invece avremmo tanto voluto vedere il presidente della Regione che ospitava l’evento alzarsi in piedi e stringere la mano al ragazzo ventiduenne, cattolico, che pensando anche lui di partecipare a una manifestazione aperta al pubblico vi si è recato, ma non è stato altrettanto fortunato e benvoluto ed è stato allontanato dagli uomini della sicurezza.
«Quanti di voi hanno figli? Ve lo chiedo perché nessuno di voi sa se suo figlio è o non è eterosessuale.»
Una domanda e una presenza le sue ritenute evidentemente troppo scomode e ‘fuori luogo’.
Il sacerdote della diocesi di Crema, accusato di pedofilia, allontanato dal Vaticano, era seduto in seconda fila, dietro a Maroni e Formigoni, lecito quindi pensare che qualcuno nell’organizzazione fosse a conoscenza del fatto quantomeno che questi avesse espresso la sua volontà di partecipare all’evento o, a voler essere malpensanti, che sia stato addirittura invitato. Invece chi avrebbe dovuto spendersi in pubbliche scuse e spiegazioni si è limitato a dire che costui avrebbe occupato «spazi rimasti vuoti».
Raffaele Cattaneo del Nuovo Centro Destra, presidente del Consiglio Regionale già lunedì mattina si è apprestato a far diffondere una nota nella quale precisava e smentiva le voci secondo le quali era stato il suo ufficio ad accreditare Mauro Inzoli al convegno.
«Non corrisponde al vero la notizia apparsa quest’oggi in cui si afferma che la segreteria del presidente del Consiglio Regionale abbia accreditato don Mauro Inzoli. Gli accrediti istituzionali sono stati gestiti, come è noto, dalla Giunta Regionale e il convegno peraltro era aperto al pubblico. Gli unici accrediti effettuati dalla segreteria sono stati per la moglie del presidente e per i collaboratori che lo hanno accompagnato.»
Dunque non è stato l’ufficio della presidenza della Regione ad accreditare la presenza di ‘don mercedes’ al convegno sulla famiglia ma sarebbe stata la Giunta Regionale che è parimenti un organo istituzionale, eletto dai cittadini, pubblico e quindi a carico dei contribuenti, gli stessi contribuenti che pagano le campagne pubbliche o statali come dir si voglia a favore dell’integrazione razziale e della ricerca medica, e contro il bullismo, la violenza in generale, la violenza sulle donne, la pedofilia e l’omofobia.
L’ex ministro della difesa, Ignazio La Russa, esponente del partito Fratelli d’Italia, in sala per seguire anche lui il convegno, in risposta alla domanda posta da Angelo Antinoro gli avrebbe urlato contro «culattone», almeno secondo quanto si evincerebbe da un video che riprende i concitati momenti seguiti all’intervento del ragazzo.
Ecco, ora al di là dei valori, delle idee, delle ideologie, del credo e di quant’altro di personale e relativo ognuno di noi ritenga sia il giusto o l’errato in questo mondo e nella società in cui viviamo penso che nel momento in cui si accetti di rivestire una carica pubblica, nel momento stesso in cui ci si pone come guida e si accettino dei compensi in denaro per il compito svolto bisognerebbe valutare attentamente gli atteggiamenti e le parole perché il messaggio lanciato da quanto accaduto in quell’auditorium, per esempio, è davvero scandaloso e riprovevole. Lo è dal punto di visto religioso e morale ma lo è ancor di più da quello laico e le istituzioni presenti hanno dimostrato di non essere assolutamente in grado di rappresentare degnamente la popolazione di un Paese civile, moderno e democratico del terzo millennio.
Aggredire anche se solo verbalmente un ragazzo poco più che maggiorenne la cui sola colpa è l’aver cercato di strappare la maschera dell’ipocrisia dal volto di chi cerca di addossare la responsabilità del decadimento di un’istituzione simbolo come la famiglia verso bersagli che responsabili non lo sono affatto proprio mentre si lascia passare un gravissimo messaggio di tolleranza verso chi invece realmente potrebbe rappresentare una minaccia e proprio per i componenti più deboli di un nucleo familiare.
Il 12 giugno 2014 il vescovo di Crema ha ricevuto il Decreto con le disposizioni del Santo Padre riguardanti il ‘caso del reverendo Mauro Inzoli’ diventate vincolanti a partire dal 25 giugno, giorno in cui sono state notificate al diretto interessato.
«In considerazione della gravità dei comportamenti e del conseguente scandalo, provocato da abusi su minori, don Inzoli è invitato a una vita di preghiera e di umile riservatezza, come segni di conversione e di penitenza. Gli è inoltre prescritto di sottostare ad alcune restrizioni, la cui inosservanza comporterà la dimissione dallo stato clericale».
Per essere stato accusato di uno dei peggiori crimini che si possano commettere Mauro Inzoli è stato invitato alla preghiera, allontanato dalla diocesi di Crema, invitato a intraprendere una terapia psicologica e a esimersi dallo svolgere attività di accompagnamento o pastorali con minori. Qualora non dovesse ottemperare a queste disposizioni incombe su di lui la minaccia di «dimissione dallo stato clericale». E se le ottempera che succede? Sarà reintegrato? Potrà tornare a officiare messa e a confessare fedeli?
Luigi Amicone, direttore di Tempi, era tra i moderatori al convegno. Interrogato sulla presenza di Inzoli ipotizza un atteggiamento ‘vendicativo’ del sacerdote. «È un libero cittadino e non mi risulta che abbia restrizioni alla circolazione da parte della giustizia italiana. Ma se come lui sa benissimo ha un problema molto serio aperto con la Chiesa, mi pare che non ci volesse un genio per capire che, se si voleva ferire la giornata di sabato, quello era il modo: presentarsi nelle prime file».
Classe 1950, prete dal 1976, Mauro Inzoli è stato: insegnante al seminario di Crema, rettore all’istituto Santa Dorotea di Napoli, parroco di Crema, esponente di primo piano di Comunione e Liberazione nella città lombarda, rettore del liceo linguistico sempre a Crema e presidente del Banco Alimentare e dell’Associazione Fraternità. Fino all’11 dicembre 2012 quando la Santa Sede dispone la sua dimissione dallo stato clericale, pena, sospesa in attesa del secondo grado di giudizio, per «profanazione dell’Eucarestia, attentato al Pontefice, abusi sessuali su minori, assoluzione del complice, induzione ad atti turpi in confessionale». Pena alleggerita nel verdetto definitivo del giugno 2014 emesso dopo aver accettato il ricorso presentato dallo stesso Inzoli.
In merito alla vicenda il sindaco di Crema, Stefania Bonaldi, ha chiesto un’indagine sull’«Associazione Fraternità, affidataria di minori in difficoltà», mentre il deputato di Sinistra Ecologia e Libertà, Franco Bordo, ha presentato un esposto in Procura corredato di documenti chiedendo di «valutare se i fatti e gli elementi sopra esposti siano meritevoli di approfondimenti investigativi e, qualora dall’esito degli stessi, dovessero emergere ipotesi di reato, che sia esercitata l’azione penale nei confronti di chiunque li abbia commessi o, a qualsiasi titolo, abbia concorso alla loro commissione».
Il vescovo Oscar Cantoni ha scritto che «in nome della verità, in questi anni, sono state eseguite rigorose ricerche, che hanno comportato pazienti e sofferti confronti con le persone che hanno riferito i fatti. La Chiesa ha preso atto della situazione, ha condiviso le sofferenze riportate, ha aiutato le vittime a ritrovare serenità e speranza». Quindi se ci sono delle vittime presumibilmente c’è stato anche un reato. E se la pena più dura che si poteva infliggere al colpevole per rimediare al suo comportamento è «una vita di preghiera e di umile riservatezza come segni di conversione e di penitenza» si può facilmente dedurre che partecipare a un pubblico convegno in tribuna d’onore non è certo un atteggiamento che si confà alla richiesta di ‘riservatezza’. Se veramente interessato solo alla discussione e al dibattito intorno a cui verteva l’incontro il soggetto invitato ‘all’umile riservatezza’ avrebbe anche potuto seguirlo in diretta streaming come altri hanno fatto.
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